L’opera


L’opera

Se la vita di Hilsenrath non fu facile, altrettanto complicate possono essere considerate la stesura e la pubblicazione della sua opera letteraria.

Il giornalista Richard Anders al termine di un articolo pubblicato sulla “Neue Rundschau” nel 1979, sostiene che probabilmente senza l’odissea della sua vita, non esisterebbe nemmeno lo scrittore Edgar Hilsenrath:

“Mir scheint es fast undenkbar, daß der Schriftsteller Hilsenrath ohne die Traumata seiner Jugend auskommen kann.” [1]

La stesura di un primo romanzo inizia all’età di 14 anni. Hilsenrath è molto fiero di questo passo iniziale nella letteratura:

“Und mit vierzehn Jahren habe ich meinen ersten Roman geschrieben. Es war ein Roman über einen weißen Neger, inspiriert von Hugo Bettauer, dem österreichischen jüdischen Bestsellerautor, und hatte irgendwo mit dem Judenproblem zu tun. Im übrigen wollte ich der erste Schriftsteller von vierzehn Jahren werden, die einen Roman veröffentlicht. Ich hatte ihm fast fertig, aber dann wurden wir deportiert. Ich habe das Manuskript zwar während der Zeit im Ghetto aufbewahren und es dann meiner Mutter geben können. Aber sie wurde auf dem Weg nach Westen, nach der Befreiung, an der Grenze zwischen Ungarn und  Österreich ausgeraubt. So ging mein Manuskript verloren. Ich habe es nie wiedergesehen.” [2]

La tematica dell’ebreo vittima perseguitata è già presente, anche se indirettamente, in questo approccio al mondo letterario, come se Hilsenrath presagisse la catastrofe che di lì a poco si sarebbe verificata.

Il primo vero romanzo dello scrittore ancora giovane, ma costretto a crescere velocemente nell’inferno del ghetto rumeno di Moghilew-Podolsk, vede la luce molti anni più tardi. Dopo molteplici tentativi, seguiti da una richiesta d’aiuto a Max Brod, Hilsenrath riesce finalmente a liberare la propria coscienza, scrivendo il suo primo grande libro: Nacht. Come il protagonista del suo terzo scritto Bronsky - uno dei suoi tanti alter ego - Hilsenrath compone quasi tutta la sua prima opera durante la notte in un caffè newyorchese per emigranti. Dopo la stesura del romanzo, iniziata in Francia nel 1950, conclusasi in America nel 1954, Hilsenrath cerca di procurarsi un editore in Germania, perché desidera che la sua opera sia letta, capita ed apprezzata dal pubblico tedesco:

“Durch eine falsche Telefonverbindung kam er mit dem Chefredakteur Henry Marx ins Gespräch, der sich den Roman zur Ansicht erbat. Auf dessen Anraten sandte Hilsenrath 1963 dem damaligen Cheflektor des Kindler Verlages, Hans Geert Falkenberg, sein Manuskript mit dem Arbeitstitel Nachtasyl. Dieser Titel wurde bei der späteren Veröffentlichung aufgrund des gleichnamigen Romans der russischen Schriftsteller Maxim Gorkij in Nacht umgeändert. Noch im Dezember desselben Jahres erhielt Hilsenrath Antwort von Falkenberg, der den Roman als herausragend bewertete, da er »an keiner Stelle auf eine so gnadenlose, harte dennoch sehr einfache Schilderung eines jüdischen Ghettos gestoßen« sei.” [3]

La moglie dell’editore Kindler teme “eine falsche Reaktion des deutschen Publikums” e tenta di ostacolarne l’uscita. Tuttavia, lo stesso Kindler, deludendo le aspettative della moglie, opta per la pubblicazione del romanzo e scrive una premessa, con la quale cerca di alleviare al lettore il peso di un racconto crudo e spietato, che dipinge un gruppo di ebrei, internati in un ghetto e sottoposti a prove insostenibili (fame, tifo, razzie e miseria) alla stregua di bestie feroci, in lotta fra loro quasi a confermare la legge darwiniana della sopravvivenza delle specie. [4]

“Kindler schrieb daraufhin ein Vorwort, das die Absicht, ein Gegenstück zu der von ihm als »durchweg melodramatisch« bezeichneten Holocaust-Literatur in Deutschland zu schaffen, mißachtete. Kindlers romantische Verzerrung der Liebe in Nacht verfälsche die Erwartungen der Leser wie folgt: »Nacht ist ein hartes, ein unsentimentales Buch. Daher berührt es umso tiefer, wenn der Autor zeigt, wie auch angesichts des erschütternsten Elends die Liebe noch eine letzte zärtliche Blüte zuentfalten vermag.« Um den Gültigkeitsanspruch von Nacht auf den Autor zu beschränchen, verlangte Kindler, ferner ein Nachwort von Hilsenrath, das dem Roman einen autobiographischen Charakter unterstellte. Der Leser, unwissend ob der an die Veröffentlichung genüpften Konditionen, wurde wiederum fehlgeleitet. Erst Jahre später konnte Hilsenrath dieses Mißverständnis korrigieren: »Zu diesem Nachwort wurde ich von dem Kindler Verlag gezwungen. Nacht ist ein 100-prozentige Roman und keine Autobiographie. Natürlich war ich im Ghetto, -  aber das ist nicht meine Geschichte, es ist eine erfundene Wahrheit.«” [5]

Nel 1964, 1250 esemplari di Nacht escono sul mercato editoriale tedesco, ma solo alcune copie raggiungono le librerie. Dopo la vendita di soli 791 libri, Kindler decide di ritirare i rimanenti dal mercato. La casa editrice tenterà in seguito di motivare allo scrittore le ragioni di questa decisione, incolpando la posizione politico-culturale della Germania di quel periodo.

“Er rechtfertigte die Verlagsmaßnahme sämtliche Restexemplare aus dem Handel gezogen zu haben, damit, daß unter der bundesdeutschen Bevölkerung ein verklappt antisemitischer Trend bestünde. [...] Im Rahmen des von konservativen jüdischen Kreisen gutgeheißenen deutschen Philosemitismus arrangierte Landau eine kulturpolitische Entscheidung zugunsten des »guten« Juden, auf den die Demolarisierungsmaschinerie Hitlers keinen Einfluß gehabt hatte. [...], Landaus Vorbehalte weniger das Werk als den Publikationsort betrafen: für Amerika den Antihelden, aber in »Deutschland« darf ein solches Buch nicht verbreitet werden. Diese Sachlage spiegelt sich auch in Hilsenraths Kommentar: »Kindler hatte Angst, das Buch herauszubringen, weil es eben mit einem Tabu, und ließ das Buch damals verschwinden«.” [6]

Le numerose recensioni uscite in seguito alla pubblicazione di Nacht smentiscono le giustificazioni della Kindler. Molti critici prendono posizione contro la decisione della casa editrice, ritenendo che la rappresentazione realistica e talvolta cruda degli ebrei di Hilsenrath, spaventi gli editori perché essi tentano di nascondere dietro un falso filosemitismo il loro odio nei confronti degli ebrei. Le argomentazioni della Kindler risultano quindi infondate. Anche le reazioni dei giornali stranieri sono positive.

Dopo l’insuccesso tedesco, l’opera di Hilsenrath viene pubblicata in America nel 1966 dalla famosa casa editrice Doubleday di New York. La reazione del pubblico americano è completamente diversa da quella dei lettori tedeschi:

“Das Tabu, das Hilsenrath brach, ist für die Art der Vergangenheitsbewältigung in Deutschland charakteristisch und erklärt die Kontroverse. Die jüdische Minderheit in Deutschland duldet di literarische Konzeption des »Beispieljuden«, weil sie Zurückhaltung übt, um Konfrontationen zu vermeiden. In den Usa hingegen bildet die Judenschaft eine Einheit, die »auf der Anerkennung des Pluralismus ihrer gestaltenden Gruppen beruht.«” [7]

Questo spiega chiaramente l’insuccesso dell’opera in Germania e il trionfo della stessa in America. Solo pochi recensori americani giudicano negativamente il romanzo di Hilsenrath. In venti stati americani il libro viene recensito nei giornali delle metropoli per almeno due anni e anche nelle piccole città la stampa locale consiglia la lettura del romanzo Nacht del nuovo, giovane scrittore di origine ebraica.

Dopo il grande successo di Nacht negli Stati Uniti, consolidatosi con la pubblicazione inglese nel 1967, Hilsenrath decide che è il momento di dare alle stampe un nuovo manoscritto, terminato nel 1968 durante il suo sfortunato viaggio in Germania. Nel 1971 esce The Nazi and the Barber la traduzione dell’originale manoscritto tedesco presso la casa editrice Doubleday. Nel 1973 la Doubleday vende i diritti delle due opere di Hilsenrath alla Manor Books inglese. Nel 1977 viene pubblicata in Inghilterra una seconda edizione del romanzo dal titolo: The Nazi Who Lived As A Jew. Nel frattempo l’opera era già stata pubblicata in Italia (1973) e in Francia (1974), dove ottenne la nomination al “Grand Prix de l’Humeur Noir”. [8] Nonostante le numerose recensioni e l’elevato numero di copie vendute, il romanzo fu completamente ignorato dalle riviste più influenti.

Anche la seconda opera di Hilsenrath presenta caratteristiche peculiari che creano non pochi problemi di ricezione e comprensione della vicenda narrata. Un romanzo sconvolgente, ma soprattutto insolito, che mostra l’ardito coraggio di prendersi gioco di una realtà crudele e spietatamente macabra come quella dell’Olocausto.

La popolarità di Hilsenrath tarda a farsi sentire nel suo Paese d’origine. Lo scrittore desidera pubblicare Der Nazi & der Friseur in Germania ma ogni tentativo fallisce:

“Auch wenn Der Nazi & der Friseur 1976 im Ausland eine Auflage von über einer Million Exemplare erreicht hatte, blieben die Versuche von Dagmar Henne, der Münchner Vertreterin Max Beckers, diesen Roman auch bei einem deutschen Verlag unterzubringen, erfolglos. Hilsenrath bemühte sich deshalb selbst darum und bekam über 25 Absagen, unter anderem von Hoffmann & Campe, Bertlesmann, Rowohlt und Scherz. Sie lauteten meist ähnlich wie die des C. Hanser Verlages, dessen damaliger Verlagslektor Peter von Becker eine umfangreiche Lektoratsarbeit für den Roman von Nöten hielt. Seiner Meinung nach mangelt es der Konzeption sowie der stilistischen Ausführung, dem Psychogramm des Erzählers als auch den sozialen Umfeldern und insbesondere den weiblichen Figuren an Details: »Der gelegentlich so reizvolle Ton, skurril, makaber, satirisch, verklingt einfach zu oft in einem kolportageähnlichen manchmal >journalistisch< dahingeschriebenen Parlando. Etwa die Palästinafahrt [...] erscheint fast als belangloses Gesprächszitat.«” [9]

Ancora una volta il mondo tedesco cerca di nascondere le proprie colpe e paure dietro giustificazioni insensate, cercando di impedire ad un uomo vittima dell’odio antisemita, di esprimere attraverso la letteratura i propri sentimenti e le proprie opinioni sul passato della Germania, che un tempo era stata anche la sua patria.

Con l’aiuto di una nuova amica Marianne Wagner-Reinecke, redattrice di una rivista tedesca, conosciuta in un locale berlinese frequentato da scrittori, Hilsenrath riesce finalmente a trovare un editore disposto a pubblicare Der Nazi & der Friseur.

“Was ich in dem Gespräch an diesem Abend erfuhr, weckte nicht nur mein Interesse an den Büchern von Edgar Hilsenrath, sondern auch meine Empörung darüber, daß dem Schriftsteller in dem Land, das seine Bücher brauchte, offensichtlich nur Ablehnung entgegenschlug. Ich erbat mir die beiden Bücher, von denen er bei unserer ersten Begegnung im »Natubs« sprach, Nacht und Der Nazi & der Friseur. Den Ghetto-Roman legte ich erst aus der Hand, als ich ihn von Anfang bis Ende durchgelesen hatte; [...] Daß ihm nach dem Grauen, des er selbst durchlebte und in diesem Roman verarbeitet hatte, die Möglichkeit geblieben war, auch eine Liebesgeschichte zu erzählen, beeindruckte mich zutiefst. Am nächsten Abend las ich sogleich den weniger umfangreichen satirischen Roman Der Nazi & der Friseur, der nur als Manuskript existierte. Danach war mir klar, daß ich alles tun mußte, um öffentlich von diesen Büchern und von Hilsenrath zu berichten, denn diese Bücher schienen mir gerade für deutsche Leser so notwendig.” [10]  

Successivamente Marianne Wagner-Reinecke si mette in contatto Arnfried Astel dello “Saarländische Rundfunk”, al quale chiede di far partecipare Hilsenrath ad una puntata del suo programma radiofonico Autoren im Gespräch. Grazie a questa opportunità Hilsenrath troverà il giusto personaggio disposto a pubblicare un’opera così “scomoda” come Der Nazi & der Friseur.

Il primo incontro di Hilsenrath con il suo futuro editore Helmut Braun avviene nell’autunno del 1976 in un locale di Berlino. Braun rimane un po’ sconcertato alla vista di un ometto con baffi selvaggi, occhi accesi e felici, il basco, i jeans, il parca e una birra in mano, certamente non credeva che quell’immagine trasandata fosse quella di uno scrittore che aveva venduto più di un milione di libri. [11] Braun non nasconde il suo iniziale scetticismo sia nei confronti della persona sia dello scrittore. Anche Hilsenrath non cela la sua diffidenza nei riguardi di un editore tedesco sconosciuto:

“Auch ich war skeptisch, als er begann, die Geschichte seiner Bücher und skizzenhaft die Geschichte seines Lebens zu erzählen. Es war so phantastisch, irreal, unglaublich, schockierend, empörend, verletzend, daß es eigentlich nicht Realität, sondern nur Literatur sein konnte. War es Fiktion, dann war es so gut, daß es sich lohnte, dafür zu kämpfen; war es Realität, dann war der gebotene Einsatz dafür Lust und Pflicht zugleich. Vorausgesetzt, das Manuskript Der Nazi & der Friseur war so gut, wie es die Empfehlung durch die Buchausgaben in den USA, Frankreich, Großbritannien und Italien und dies dahin verkaufte Gesamtauflage von über 1,2 Millionen Exemplaren versprach. Edgar gab mir das Manuskript, von ihm deutsch geschrieben und doch zuerst in Englisch, Französisch und Italienisch veröffentlicht, weil in deutschen Verlagen hauptsächlich Feiglinge saßen, die eines alle ganz genau zu wissen schienen: »so darf man nicht über das Thema Judenverfolgung schreiben.« Er übergab mir auch Unterlagen, die die Odyssee seiner beiden Bücher Nacht und Der Nazi & der Friseur dokumentierten. Drei Tage später habe ich ihm einen Vertrag geschickt – fasziniert von seiner exellent geschriebenen, bitterbösen Satire. Postwendend kam der Vertrag unterschrieben zurück – und damit war sein Buch auch mein Buch!” [12]

La fiducia di Helmut Braun viene premiata. Le finanze per un’adeguata promozione del libro scarseggiano, ma l’editore è convinto che i media saranno entusiasti dell’autore e della sua storia, quindi è disposto a rischiare pur di pubblicizzare e successivamente pubblicare il romanzo. Il manoscritto è così sottoposto alle redazioni delle riviste “Der Spiegel” e “Die Zeit”. Rolf Becker e Fritz Rumler dello “Spiegel” rimangono impressionati dalla qualità del manoscritto. Tre giorni più tardi esce un articolo di Rumler intitolato: Max & Itzig, il cui sottotitolo riporta le seguenti parole:

“Dem Romancier Edgar Hilsenrath gelingt in Der Nazi & der Friseur scheinbar Unmögliches – eine Satire über Juden und SS.” [13]

Questo articolo è la scintilla iniziale. Successivi scritti vengono infatti pubblicati sui più noti quotidiani e riviste tedeschi: “Stern”, “FAZ”, “Express”, “Süddeutsche Zeitung”. La prima edizione del romanzo raggiunge le diecimila copie e nei due mesi successivi la seconda e terza edizione toccano la stessa vetta. Fu soprattutto la recensione su “Die Zeit” di Heinrich Böll a stimolare il generale interesse per l’opera di Hilsenrath. Un successo inaspettato anche da Kindler, che cerca di giustificare l’equivoco creatosi anni prima con la pubblicazione di Nacht e si ritiene fiero di aver “scoperto” per primo il nuovo grande autore di lingua tedesca.

Alcune letture tratte da Der Nazi & der Friseur seguono la pubblicazione del romanzo. Purtroppo una parte della popolazione tedesca non è ancora pronta ad affrontare un romanzo cinico e insolito come questo. I neonazisti fanno sentire il loro grido di protesta e minacciano apertamente il povero scrittore, che si appresta intimorito alla sua lettura:

“Bewußt wurde der Jude Hilsenrath eingeladen, der aus seinem Roman Der Nazi & der Friseur lesen sollte. Bewußt wollte man sich der Vergangenheit stellen und in besten Bürgsinn Flagge zeigen. Mitglieder der braunen Gruppierungen empfanden dies als Herausforderung, die sie annahmen. So kam es, daß nicht nur wohlwollende Zuhörer bei den Lesungen anwesend waren, sondern auch ein Trupp Schläger, in Ledermäntel und Stiefel gekleidet, bewaffnet mit Fahrradketten und Schäferhund. Um es vorwegzunehmen: Es blieb bei Drohgebärden, niemand wurde angegriffen oder gar verletzt. Die vorsorglich gerufene Polizei sah keinen Grund einzuschreiten, die ungebetenen Gäste verhielten ja »friedlich«, die Polizisten zogen wieder ab. Und die Neonazis hatten erreicht, was sie wollten: Dem »Saujuden«, dem aus dem Gas Entsprungenen wollten sie es zeigen. Angst sollte er haben, wissen, daß ein Jude in Deutschland auch dreißig Jahre nach dem Zusammenbruch des »Tausendjährigen Reiches« zittern muß. Edgar Hilsenrath hat Angst gehabt, aber er hat der Bedrohung standgehalten, hat aus seinem Buch gelesen, von seinen Erlebnissen in der Deportation berichtete und fand die Zustimmung und Unterstützung seiner Zuhörer. Es kam nicht zur möglichen Eskalation, die braune Truppe zückte ab.” [14]

Alla fiera di Francoforte del 1978, Hilsenrath sottoscrive un contratto con la Langen-Müller per altri due romanzi e vende i diritti dei due già pubblicati. Gibt acht, Genosse Mandelbaum (1979), poi pubblicato dalla R. Piper Verlag con il titolo originale Moskauer Orgasmus, e Bronskys Geständnis escono con l’etichetta Langen-Müller. Secondo lo scrittore, però, le tematiche dei due nuovi romanzi non sono adatte al programma della casa editrice. Questa inadeguatezza è chiaramente comprensibile dal cambiamento apportato al titolo originale del primo romanzo e dalla descrizione che esce sulla successiva pubblicazione presso la casa editrice R. Piper:

“Den Moskauer Orgasmus, eine sensationelle Erfahrung von komischen Dimensionen, verdankt Anna-Maria Pepperoni, die Tochter eines New Yorker Mafia-Bosses, dem russischen Dissidenten Sergej Mandelbaum. Um dieses Sexualgenie über den Eisernen Vorhang zu lotsen, heuert der Papa den Homosexuellen Triebverbrechen Karl Schnitzel an...
Aus diesen Ingredienten hat Edgar Hilsenrath eine deftige Parodie auf die triviale amerikanische Sex & Crime- Literatur gemixt- eine respekt- und atemlose Slapstick-Kömodie, die ihrem Titel alle Ehre macht und den Nabel der Welt sehr eindeutig unterhalb des nähmlichen ansiedelt.” [15]

Anche Bronskys Geständnis, romanzo fortemente autobiografico, che riprende la tematica dell’Olocausto, è ricco di espressioni talvolta scurrili e immagini altrettanto impudiche. Ma la realtà che Hilsenrath descrive in questo testo è quella newyorchese da lui stesso vissuta, come dichiara nella premessa al libro intitolata In eigener Sache:

“Ich habe mit disem Buch versucht, meine eigene Geschichte zu schreiben. Es ist jedoch ein Roman – wenn auch autobiographisch -, das heißt: eine Mischung aus Dichtung und Wahrheit, die notwendig war, um Hemmungen zu überwinden, Hemmungen, die mir die Niederschaft eines solchen Stoffes sonst unmöglich gemacht hätten. [...] Ich kann keine einzige Zeile ändern, ohne die Wirklichkeit zu verzerren. Auch die angeblich anstößigen Szenen gehören zu diesem Buch, weil sie zu meinem Leben gehören, sie sind Bestandteil der Einsamkeit der Verzweiflung und der Isolation, die ich gekannt habe. [...] Dies ist meine Geschichte, und  auch was erdichtet ist, entsprach nur dem Wunsch, die Wahrheit in ein anderes Gewand zu hüllen.” [16]

Tre anni più tardi Hilsenrath trova un nuovo editore per il suo manoscritto Zibulsky oder Antenne im Bauch (1983). Anche quest’ultimo romanzo, come i due che lo hanno preceduto, non trova riscontro. Una nuova insoddisfazione che porta alla rottura con la Claasen Verlag e a un periodo di riposo dello scrittore.

Helmut Braun, che dopo la bancarotta della sua casa editrice ha fondato la casa cinematografica Rubicon, finanzia la ricerca di Hilsenrath per un nuovo progetto letterario, dal quale scaturisce Das Märchen vom letzten Gedanken. Inizialmente, lo scrittore incontra molte difficoltà per trovare un editore disposto a pubblicare il suo nuovo romanzo sul genocidio del popolo armeno da parte dei turchi durante la Prima Guerra Mondiale. Questa tematica si riallaccia ancora una volta allo sterminio degli ebrei d’Europa. Eva Jaeggi, conoscente dello scrittore, raccomanda il manoscritto a Ralf Peter Märtin, l’allora direttore editoriale della Piper. Märtin rimane entusiasta e, dopo la pubblicazione di Das Märchen vom letzten Gedanken, decide di ristampare tutta l’opera già pubblicata di Hilsenrath.

Nel marzo del 1989 Das Märchen von letzten Gedanken vince il premio Alfred-Döblin, che ripaga l’autore delle difficoltà incontrate nel lungo cammino verso il successo. Un trionfo inaspettato, ma meritato, che non lo ha reso un uomo diverso da quello semplice e un po’ trasandato che molti anni prima si era presentato davanti agli occhi increduli di Helmut Braun. Hilsenrath rimane uno scrittore riservato, che fra le quattro pareti del suo piccolo appartamento di Berlino, continua a scrivere di sé e del suo popolo, affinché il lettore, talvolta un po’ scettico, non possa mai dimenticare le tradizioni culturali, religiose e linguistiche del popolo ebraico. Un popolo continuamente perseguitato, che i nazisti hanno cercato di annientare, e che Hilsenrath cerca di far rivivere grazie alla sua opera. Il ricordo dello sterminio del popolo ebraico non cadrà nel baratro dell’oblio, com’è successo nel caso del popolo armeno, perché qualcuno come Hilsenrath cercherà di spolverare la coscienza degli uomini, affinché sia sempre lucida, per ricordare le atrocità, che si spera non dovranno mai più essere commesse.

“Das Vergessen soll man nicht entstauben, sagte der Archiviar. Es ist zu gefährlich. Und nach diesen Worten war er verschwunden. [...] Ich sagte: Ich möchte, daß Sie das Vergessen entstauben. [...] Ich erzählte dem Schweigen die Geschichte des Völkermords. Ich machte das Schweigen darauf aufmerksam, wie wichtig es sei, daß man offen darüber sprach. Ich sagte: jeder müsse es wissen! Denn wie sollte in Zukunft der Völkermord verhindert werden, wenn jeder behauptet, er habe nichts gewußt und habe auch nichts verhindert, weil er sich so was gar nicht vorstellen konnte. Ich sprach lange und ausführlich. Ich forderte nichts für mein Volk, und ich verlangte auch keine Bestrafung der Verfolger. Ich sagte: Nur das Schweigen möchte ich brechen.” [17]

Queste parole del Meddah, voce narrante del romanzo, rispecchiano chiaramente il desiderio di Hilsenrath di rendere eterno il ricordo dell’orrore vissuto, affinché non si ripeta; esse rivelano però anche la volontà dello scrittore di creare un ponte tra passato e presente, tra ricordo e oblio, fermando il tempo nello spazio della sua scrittura.

Le tradizioni del suo popolo e in particolare della comunità ebraica di Siret rimangono impresse tra le pagine di un romanzo Jossel Wassermanns Heimkehr (1993), l’ultimo, grande capolavoro di Hilsenrath. Con quest’opera lo scrittore ha voluto lasciare ai posteri la sua eredità: quella del popolo della sua infanzia felice, di gente comune, ma speciale e per questo unica, quella degli ebrei della Bukowina, che stipati nel vagone di un treno merci, attenderanno in eterno l’incontro con la morte.

“Und der Wind draußen, der flüsterte dem Rebben etwas ins Ohr. Und der Rebbe nickte und sagte: »ja, du hast vollkommen recht. Der Gojim sind dumm. Sie plündern jetzt unsere Häuser. Und sie graben in unseren Gärten. Und sie glauben, daß wir alles zurückgelassen haben, was wir besaßen. Und sie lachen sich ins Fäustchen. Dabei wissen sie nicht, das wir das Beste mitgenommen haben.

»Was ist das Beste?« fragte der Wind.

Und der Rebbe sagte: »Unsere Geschichte. Die haben wir mitgenommen.«

Und der wind sagte: »Aber Rebbe. Das kann doch nicht sein. Die Geschichte der Schtetljuden ist zurückgeblieben.« »Nein«, sagte der Rebbe. »Du irrst dich. Nur die Spuren unserer Geschichte sind zurückgeblieben.«

Und auch das ist wahr. Die Spuren waren zurückgeblieben. Aber die Zeit würde sie allmählich verwischen, und es würde nichts zurückbleiben. Nichts. Und so sagte er zum Flüstern des Windes: »Wir haben nur das Vergessen zurückgelassen, und was wir mitgenommen haben, ist das Erinnern.« Und der Rebbe kriegt plötzlich Angst, denn die Geschichte der Schtetljuden und das wahre Erinnern, das war in großer Gefahr.

»Wir müssen unsere Geschichte irgendwo verstekken«, sagte er zum Wind, »wo die Gojim sie nicht finden.«

Und der Rebbe dachte nach und sagte zu sich: »wir dürfen sie auf keinen Fall mit uns herumschleppen. Denn wenn uns die Gojim in den Ofen stecken – man hat ja Gerüchte gehört -, dann könnte unsere Geschichte mit uns verbrennen. Am besten, wir verstekken sie auf dem Dach des Zuges. Dort ist sie uns nahe und doch so weit weg, daß die Gojim sie nicht finden. Nein. Kein Goi ist so klug und wird die Geschichte der Juden aus Pohodna und das Erinnern an sie auf dem Dach eines Güterzuges vermuten.«” [18]

Con questi bellissimi dialoghi, pieni di tristezza e timore, si conclude l’opera di Hilsenrath, ma rimarrà sempre il ricordo degli ebrei, che l’autore ha voluto rendere eterni con l’ausilio della letteratura.


[1] R. Anders, In extremen Situationen. Zu Hilsenrath zwei Romanen, in “Neue Rundschau”, 1979, p. 20.

[2] E. Hilsenrath, Zuhause nur in der deutschen Sprache – eine biographische Selbstauskunft, op. cit., pp. 14-15.

[3] S. Möller, Zur Rezeption: Philosemiten und andere - die Verlagssituation Edgar Hilsenraths, in A.A.V.V., Edgar Hilsenrath. Das Unerzählbare erzählen, op. cit. , pp. 44-45.

[4] Uno dei passi più significativi del romanzo, che mostra perfettamente questa mancanza di umanità in situazioni estreme, come quella vissuta dagli ebrei nel ghetto di Prokow, è quello in cui Ranek, il protagonista, ruba le scarpe ad un uomo morente, prima che esali l’ultimo respiro: “Er kam sich plötzlich wie ein Geiger vor. Ein Geiger vor einem Aas. Nein, dachte er, noch nicht, noch kein Aas [...]. Ranek lehnte seinen Kopf an die Mauer und starrte grübelnd auf die schwarze Treppe. Er war sich vollkommen bewußt, daß es kein gewöhlicher Shuhediebstahl war, was er jetzt vorhatte; für hiesige Begriffe galt so etwas als schweres Verbrechen. Nicht einmal die Abgebrühtesten wagten es, einen Sterbenden auszuplündern; sie warteten lieber, bis er tot war, und nahmen ihm erst di sache fort... »Stimmt«, murmelte er halblaut vor sich hin, »stimmt vollkommen; man wartete ab... so ist’s anständig. Wenn er tot ist, dann sieht er nicht, was man mit ihm macht; dann weiß nichts mehr«.” E. Hilsenrath, Nacht, Literarischer Verlag Helmut Braun KG, Köln 1978, pp. 55-56. Un altro passo, ancora più sconcertante, è quello in cui Ranek estrae barbaramente, con l’ausilio di un martello, dalla bocca di suo fratello, il dente d’oro. Cfr. ivi, pp. 331-334.

[5] S. Möller, op. cit., pp. 103-104.

[6] Ivi, p. 106.

[7] Ivi, p. 108.

[8] Cfr. ivi, p. 109-110.

[9] Ivi, p. 110.

[10] M. Wagner-Reinecke, Der lange Weg nach Berlin. Edgar Hilsenrath 70. Geburtstag, in A.A.V.V., Edgar Hilsenrath. Das Unerzählbare erzählen, op. cit., p. 41.

[11] Cfr. H. Braun, Erinnerung, in A.A.V.V., Edgar Hilsenrath. Das Unerzählbare erzählen, op. cit., pp. 44-45.

[12] Ibidem.

[13] Ivi, p. 47.

[14] Ivi, pp. 49-50. E’ possibile trovare una dettagliata descrizione di questo particolare avvenimento in un racconto dello scrittore: E. Hilsenrath, Dichterlesung 1978, in A.A.V.V., Edgar Hilsenrath. DasUnerzählbare erzählen, op. cit., pp. 101-102.

[15] E. Hilsenrath, Moskauer Orgasmus, R. Piper Verlag & Co. KG, München, p. 1.

[16] E. Hilsenrath, Bronskys Geständnis, Albert Langen – Georg Müller Verlag GmbH, München / Wien 1980, pp. 5-6.

[17] E. Hilsenrath, Das Märchen vom letzten Gedanken, R. Piper GmbH & Co. KG, München 1989, pp. 18-19.

[18] E. Hilsenrath, Jossel Wassermanns Heimkehr, R. Piper GmbH & Co. KG, München 1993, pp. 20-21.

 


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