Capitolo primo: Edgar Hilsenrath
La vita
Edgar Hilsenrath nasce a Lipsia il 2 Aprile 1926 da genitori
dorigine ebraico-orientale. Per motivi di lavoro del padre,
la famiglia si trasferisce a Halle (Saale), dove Edgar inizia
a frequentare la scuola. Lambiente scolastico suscita
nel giovane un po di timore, a causa di manifestazioni
antisemite nei suoi confronti da parte dei compagni e dei professori.
Lo scrittore stesso, in un breve racconto autobiografico, esprime
sentimenti ostili verso lambiente scolastico:
Für mich war die Schule
ein Alptraum, eine Strafanstalt. Zunächst wurden alle Jungen
geprügelt, mit dem Rohrstock, für das kleinste Vergehen. Da
waren wir alle gleich dran. Außerdem sah ich nicht jüdisch
aus, hatte blaue Augen, dunkelblonde Haare. Die wußten gar
nicht, daß ich Jude war. Als es rauskam, waren alle gegen
mich. Na, und weil das so war, wurde eben geprügelt. Ich habe
kräftig zurückgeschlagen, eigentlich bin ich nie in meinem
Leben verprügelt worden, ich meine von Mitschülern. Aber sich
jeden Tag in der Schule prügeln zu müssen, da war ein Alptraum,
schon mit dem Schlagring in der Hand in die Schule gehen zu
müssen. Ich ging eigentlich nicht zur Schule, sondern in den
Kampf! Ein paar Lehrer waren nett ein paar richtige
Nazis. Der eine war Parteimitglied und malte Schweineschwänzchen
auf die Schiefertafel. Der foppte mich und fragte: »Weißt
du, was das ist?« [1]
Il padre, ex ufficiale della riserva
austriaca nella Prima Guerra Mondiale, è commerciante e possiede
un negozio a Halle, che negli anni 30, a causa delle
leggi razziali naziste, viene boicottato. La famiglia Hilsenrath
perde la propria fonte di sostentamento e il padre è costretto
a rinunciare al negozio.
Nel 1938 Edgar, la madre e il fratello minore, sono costretti
a fuggire dai nonni in Romania, mentre il capofamiglia resta
in Germania per sistemare alcuni affari e successivamente,
sopraffatto dalla guerra e dalle persecuzioni, non potendo
raggiungere i suoi cari, fugge in Francia, dove vivrà sotto
unaltra identità fino al termine del conflitto mondiale.Hilsenrath ricorderà sempre il periodo trascorso a Siret,
piccola città ebraica della Bukowina, dove i nonni materni
come il resto degli abitanti erano rimasti molto legati alle
tradizioni religiose, culturali e linguistiche ebraiche, come
il più felice della sua infanzia. Questo legame alla terra
e alle tradizioni della Bukowina occupa un posto di riguardo
nella produzione artistica dello scrittore. Egli considera
Siret una seconda patria dove, per la prima volta, si sente
libero dalla minaccia nazista:
Meine stärkste
Bindung besteht zu diesem kleinen jüdischen Städtchen in der
Bukowina, in dem meine Großeltern gelebt haben. [...] Man
sprach deutsch und jiddisch in Siret. Siret war meine zweite
Heimat. Seit meinem dritten Lebensjahr war ich dort auf Sommer
frische. Als ich zwolf Jahre alt war, wanderten wir dorthin
aus und blieben bis zur Deportation. Siret war und ist meine
Lieblingsstadt. Das läßt sich besser nicht erklären. Dort
lebten Juden, Zigeuner, Ukrainer, Rumänen, Ungarn und Deutsche
friedlich zusammen. Ein warmherziger Vielvölkerstaat. Hier
in der Bukowina, in diesem kleinen osteuropäischen Ort fühlte
ich mich zum ersten Mal frei von der Bedrohung der Nazis.
Die Tatsache, daß niergendwo Hakenkreuzfahnen wehten, daß
ich keine SA- und SS-Leute sah, keine Litfaßsäulen mit antisemitischen
Hetzplakaten, empfand ich als beglückend. Die zynischen Reden
der Nazi-Lehrer in meiner Schule waren schnell vergessen,
auch die tagtäglichen Hänseleien der kleinen Hitlerjungen
in meiner Klasse. [2]
A quattordici
anni aderisce al movimento sionista Hanoar Hazioni,
[3] non tanto per convinzione, ma piuttosto come
reazione spontanea di un ragazzino che vuole assolutamente
contrastare lantisemitismo imperante in Europa e affermare
lautenticità della propria origine. Inoltre, come affiliato
di questo movimento, poteva avere libero accesso alla biblioteca
e per lui, già autore di un breve romanzo disperso in seguito
alla deportazione, era sicuramente unottima opportunità.Lidillio est-europeo svanisce velocemente perché nel 1941 il giovane Hilsenrath
viene deportato attraverso il confine ucraino nella Transnistria,
una zona tra i fiumi Dnjster e Bug occupata dalle truppe rumene.
In questo territorio, che Hitler aveva concesso ai rumeni
con il trattato di Tiraspol e più precisamente nel ghetto
di Moghilew-Podolsk, Hilsenrath trascorre insieme ai familiari
gli anni più terribili della sua ancor giovane esistenza.
Nellinferno di questo ghetto, minuziosamente descritto
nel suo primo romanzo Nacht, Hilsenrath cerca di sopravvivere
tra lavori forzati, tifo, fame, miseria e razzie. Egli si
ritiene una vittima tra le più fortunate, perché la sua famiglia
era riuscita ad avviare un fiorente mercato nero,
che consentiva loro di vivere in maniera privilegiata. Questa
condizione favorevole permetterà loro di uscire relativamente
sani e salvi da un orrore durato fino al 1944, con la liberazione
del ghetto da parte delle truppe russe. Lodissea di Hilsenrath non termina però con la liberazione, perché i russi
lo imprigionano insieme con altri giovani uomini, con lintenzione
di farlo lavorare nei campi della Siberia. Grazie ad un passaporto
falso, nel quale viene alterata la sua età, riesce ad evitare
la deportazione.
Successivamente ritorna a Siret, dove tutto è ormai un cumulo di rovine e vi
si stabilisce per circa sei mesi. A diciotto anni circa, sulla
via di Bukarest, si mette in contatto con lufficio del
movimento sionista, che gli procura documenti falsi (Familienpässe)
e gli offre la possibilità di salire sul treno diretto in
Palestina. Sfortunatamente, in Bulgaria i russi arrestano
i viaggiatori e li rinchiudono a Stara-Zagora per circa due
mesi. Grazie allintervento di Ben Gurion a Sofia, i
prigionieri vengono rilasciati. Attraverso la Turchia, la
Siria e il Libano Hilsenrath raggiunge finalmente la Palestina.
I primi quattro mesi li trascorre lavorando nei kibbutz Qua
Ruppin e Tel-H Jizhak, successivamente si trasferisce
a Haifa dove, per un certo periodo, lavora come lavapiatti
in un ristorante, per poi spostarsi nuovamente nel deserto
del Negev nellinsediamento di Beth Eschel, la
prima stazione sperimentale per la bonifica del deserto, dove
la sua occupazione consiste nel piantare alberi.Nel 1946 si muove alla volta della Netanya, una località di cura sul mare e
ancora una volta cerca di guadagnarsi da vivere con lavori
saltuari:
Ich verdingte
mich als Tagelöhner am Bau. In der Schlange der Arbeitlosen,
die sich jeden Tag versammelte, lernte ich Jakov Lind kennen
und freundete mich ihn an. Jeden Abend trafen wir uns im Kaffeehaus
und unterhielten uns über Literatur. [4]
Durante questi anni, riaffiora la passione di Hilsenrath per la Letteratura
e sinsedia in lui il forte desiderio di scrivere per
liberare la propria anima dallinfernale ricordo della
deportazione. Dovranno trascorrere ancora diversi anni prima
che egli possa vedere realizzato questo desiderio, perché
le parole sembrano come rinchiuse nel profondo della sua coscienza
e stentano a liberarsi.Di nuovo avverte il bisogno di spostarsi, come se la sua origine ebraica cercasse
di manifestare, in questo continuo errare, la sua inesorabile
presenza. Dopo tre mesi si ritrova così a Tel Aviv dove, ancora
una volta, svolge diverse occupazioni insieme al ritrovato
amico Lind. Hilsenrath esprime in questo suo continuo vagabondare
linadeguatezza e lincapacità di adattarsi alla
realtà che lo circonda e prova forse anche un certo senso
di colpa per non sentirsi a suo agio nella terra che il suo
popolo finalmente ritrovava dopo duemila anni desilio:
Ich befand
mich in einer völlig wesensfremden Umgebung. Ich dachte, daß
ich ein jüdisches Land komme und unter Juden bin, also meinen
Leuten. Aber ich war unter >Israelis<, mit denen ich
überhaupt nichts Gemainsames hatte. Ich war ein Mensch, der
sich in der Bukowina wohlgefühlt hatte, in einem Städtchen.
Die Israelis erschienen mir als moderne, unsentimentale, die
keine wirkliche Beziehung zur ihrer Vergangenheit hatten.
[5]
In Israele si mette a contatto con Max
Brod, al quale esprime il desiderio di diventare scrittore
e lo informa delle sue grosse difficoltà nellusare la
lingua tedesca. Brod consiglia al giovane alcune letture fra
cui Der grüne Heinrich di Gottfried Keller e chiede
di inviare una parte del suo scritto non appena fosse riuscito
a comporne alcune pagine. Hilsenrath inizia a scrivere come
un ossesso, ma senza alcun risultato. Dopo questo tentativo
fallito non ha più il coraggio di mettersi in contatto con
Brod.
Nel frattempo
la madre e il fratello, anche loro sopravvissuti, tornano
a Siret e allinizio del 1946 sincamminano alla
volta della Francia, dove il padre si era rifugiato fin dal
1939. Grazie allaiuto della Croce Rossa nel 1947 la
famiglia Hilsenrath può finalmente riabbracciarsi a Lione.
Anche Edgar riesce infatti, in quello stesso anno, a lasciare
la Palestina e raggiungere la Francia a bordo di un piroscafo
greco. Giunto al porto di Marsiglia trova i suoi genitori
che lo attendono con ansia. Da dieci lunghi anni Edgar non
aveva più visto il padre ed entrambi stentano a riconoscersi.
In Francia, forse per la gioia ritrovata nella famiglia, Hilsenrath
scrive finalmente il primo capitolo del suo primo romanzo:
1950 ging ich eines Abends
zum Tanzen in ein Studentenlokal. Als ich dort kein Mädchen
fand, ging ich in ein Bistro, ließ mir vom Kellner Papier
und Bleistift geben und ein Glas Wein und schrieb dort das
erste Kapitel der Nacht. [6]
Nellaprile
del 1951 Hilsenrath raggiunge il fratello migrato lanno
precedente negli Stati Uniti. I genitori si uniscono a loro
nel 1953. Lo scrittore spiega la sua scelta nel modo seguente:
Ich ging
nicht aus politischen Gründen, sondern weil uns Juden America
als Paradies angepriesen wurde. Mein Cousin hatte eine Bürgschaft
hinterlegt; als sogennante »displaced persons« hatten wir
keine Probleme einzuwandern.
[7]
In realtà Hilsenrath non ama la metropoli
newyorchese, dove non riesce ad ambientarsi e trovare un equilibrio
fra il suo Io e il mondo caotico che lo circonda.
Entscheidend war, daß mir
America nicht gefallen hat. Das ist einfach kein Land für
mich. Obwohl ich viele Freunde hatte, gab mir Amerika immer
das Gefühl, eine Nummer zu werden. Eine ganze Gesellschaft
von Robotern. Alles automatisiert. Oberflächliche, aufgezogene
Maschinen. Ich habe Amerika aus der Froschperspektive kennengelernt.
Dort dreht sich alles nur ums Geld. Ich kam ohne einen Cent,
lebte wie die meisten Emigranten, völlig isoliert, so wie
die Türchen hier vor zehn Jahren. Wir saßen in einem Emigranten
Cafè herum, lebten ohne Frauen, nahmen jeden Job. Ich habe
alle möglichen Arbeiten gemacht, auch als Kellner, Laufbursche,
Autowäscher gearbeitet. Das deutsche Viertel der Emigranten
hatte sich mittlerweile fast aufgelöst; wie treiben uns zwischen
der 72. und der 92. Strasse herum. Ich bewohnte ein möbliertes
Zimmer auf der Westseite Manhattans zur Untermiete. In der
freien Zeit schreib ich in Cafès (»Majestic«, »Waldorf«) vor
allem, Gedichte, Novellen und meinen ersten Roman Nacht,
ein handschriftliches Manuskript von über 1000 Seiten,
das ich viele Jahre versteckt hielt.
[8]
Questo passo mostra chiaramente il disagio
che lo scrittore prova quando non riesce a stabilire un contatto
con lambiente circostante. Anche la metropoli americana,
come lo stato dIsraele, rappresenta una realtà troppo
diversa da quella est-europea cui era abituato.
Nellaprile
del 1965 Hilsenrath rimette piede dopo moltissimo tempo sul
suolo tedesco. Il motivo del suo ritorno è la pubblicazione
di Nacht presso la casa editrice Kindler. Mentre la
sua famiglia vive ancora a New York, Hilsenrath decide di
trascorrere ancora un po di tempo in Germania, e nel
1968 si dedica alla stesura del suo secondo romanzo Der
Nazi & der Friseur. Una precaria situazione finanziaria,
però, lo costringe a tornare in America, dove per continuare
a svolgere la sua attività letteraria è costretto ad accettare
anche i lavori più umili.
Nel
1970 i genitori decidono di lasciare il continente americano
per trasferirsi in Israele. Il padre può finalmente realizzare
lultimo desiderio: morire nella terra dei suoi avi.
Il fratello si stabilirà poi in California, mentre lo scrittore
decide di tornare in Europa e, nel 1975, fissa la sua residenza
nella città di Berlino. La scelta di trasferirsi proprio a
Berlino non è casuale, perché quella era lunica città
in cui un Außenseiter poteva trovarsi a suo agio e
poteva incontrare molte altre persone che, proprio come lui,
erano alla ricerca della dimora ideale:
Ich fühlte
mich da ganz wohl. Vor dem Mauerfall war das die einzige Stadt,
die nicht so deutsch wirkte. Ausgeflippter, internationaler
und nicht so bürgerlich. [9]
Anche la Germania, la sua terra natia
cui era ancora legato attraverso luso della lingua tedesca,
non rappresenta più la sua patria e questo è testimoniato
dalla scelta di vivere in una città cosmopolita come Berlino.
Il suo lungo peregrinare lo ha riportato al punto di partenza,
dove termina unodissea durata trentasette anni, ma che
continua a farsi sentire nel profondo della sua anima e che
lui cerca di esorcizzare attraverso la scrittura.
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