Introduzione
Questo lavoro
intende mettere in luce l’opera di Edgar Hilsenrath,
autore che oserei definire “nuovo” nel panorama
della letteratura tedesca in Italia, nonostante l’opera
che verrà analizzata, viene pubblicata prima in Italia (1973)
e in altri paesi europei, che in Germania (1977). I motivi
dello scarso interesse e della tardiva pubblicazione in Germania,
per un autore che iniziò a scrivere negli anni cinquanta,
che ha composto ben sette romanzi
[1] , vincitore nel 1989 del premio Alfred-Döblin
con Das Märchen vom letzten Gedanken, saranno chiariti
nel corso della presente ricerca.
Dopo aver letto l’opera omnia dell’autore, il mio
interesse si è fermato particolarmente sul secondo romanzo:
Der Nazi & der Friseur, scritto nel 1968 a Monaco,
pubblicato in traduzione nel 1971 a New York e giunto sul
mercato editoriale tedesco sei anni più tardi nel 1977, grazie
all’ardito e ancora sconosciuto editore Helmut Braun.
Il mio interesse per quest’opera, non è rivolto direttamente
alla tematica dell’Olocausto, che ricorre in forma più
o meno rilevante in tutti i romanzi di Hilsenrath, ma piuttosto
al modo in cui essa viene trattata.
La grande originalità di Hilsenrath, e forse anche la sua temerarietà,
sta proprio nella maniera antitradizionale di proporre un argomento
talmente scottante e delicato e presentarlo ad un pubblico tedesco,
che nascondeva il proprio senso di colpa dietro un filosemitismo
portato all’esasperazione, come se fosse una divertente
barzelletta. In un’intervista che seguì la pubblicazione tedesca del romanzo, Hilsenrath
definisce Der Nazi & der Friseur:
“[…]
die erste schwarze Satire über die Nazizeit und den Staat
Israel.” [2]
e spiega per quale motivo la sua opera
può essere definita una satira:
“Das Buch ist eine Satire, weil ich nicht das Opfer
erzählen lasse, der Roman ist vom Standpunkt des Henkers aus
konzipiert.”[3]
L’intento di questo lavoro è dunque quello di spiegare Der Nazi
& der Friseur inserendolo nella tradizione letteraria
dello Schelmenroman, cercando di esplicare e motivare
la scelta anticonformista di Hilsenrath nel parodiare un frammento
di storia del XX secolo, di cui anche lui, con i suoi familiari,
fu una vittima tra le più “fortunate”.
Il primo capitolo sarà dedicato proprio alla vita di Hilsenrath, che ebbe
un’influenza decisiva, per non dire primaria, nella creazione
dei suoi suggestivi romanzi, verrà dato anche spazio alla sua
opera e alle difficoltà incontrate nella pubblicazione in Germanica.
Il secondo capitolo si occuperà dello Schelmenroman e della lunga
tradizione di un genere letterario sorto in Spagna nel XVI secolo
e giunto in Germania e negli altri paesi europei, con le dovute
varianti, il secolo successivo. Non verrà trascurato lo Schelmenroman
tedesco del secondo dopoguerra e in particolar modo l’opera
Die Blechtrommel di Günter Grass con cui Der Nazi
& der Friseur è stato spesso messo a confronto dalla
critica letteraria. Dopo una sommaria conoscenza dei suoi precursori letterari con i capitoli
successivi, si inizierà la discussione sull’opera in questione,
trattando gli aspetti principali che la compongono, con particolare
riguardo all’evoluzione del protagonista, costretto ad
una non del tutto volontaria e continua oscillazione tra l’essere
vittima e l’essere carnefice, per cercare di raggiungere
un equilibrio finale con se stesso e il mondo che lo circonda,
che però forse non conseguirà mai. Non verranno, inoltre, tralasciati
altri personaggi che con le loro caratteristiche caricaturali
stimolano e completano la metamorfosi del protagonista.
Questa ricerca del personaggio nasconde, in un certo senso, l’indagine
interiore di Hilsenrath, che avviene attraverso la funzione
autoterapica della scrittura, con la quale l’autore cerca
di rievocare un passato scomodo tra fantasia e realtà, per tentare
di superarlo, ritrovando così se stesso.
Non
bisogna dimenticare che Hilsenrath, come tutti gli autori
di tradizione ebraica sopravvissuti all’Olocausto, svolge
con il suo lavoro artistico un’opera di testimonianza
di un passato e di tradizioni che altrimenti rischierebbero
l’oblio.
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