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Area francese nel XVIII secolo

| Introduzione | Il dibattito su antichi e moderni | L'illuminismo | Narrativa nel secondo Settecento | Teatro nel secondo Settecento | Saggistica e produzione moraleggiante |

Già alla fine del XVII secolo la Francia non è più il centro culturale e politico dell'Europa. Si erano affacciate nuove potenze e realtà culturali: Inghilterra e Olanda, in cui fiorisce un pensiero più libero che influisce su scrittori e pensatori francesi. Alla metà del XVIII secolo un moto di ripresa si ha con l'illuminismo, parallelamente alla perdita di spinta dell'Olanda e (in parte) dell'Inghilterra.


Nel 1714 si ha una breve rinascita della "querelle des anciens et des modernes". La filologa e traduttrice Anne Dacier, editrice di Florus, Ditti Cretese, Aurelius Victor, Eutropius, e che aveva dato le versioni di Terentius e di parte del teatro plautino e aristofanesco, nel 1699 pubblicò una versione letterale in prosa dell'"Iliade", e nel 1708 una versione dell'"Odissea", esaltando nella prefazione Homeros come il più grande poeta del passato del presente e del futuro. Antoine Houdar de La Motte (Paris 1672\1731), spirito curioso, eccellente divulgatore, e che nel corso della sua carriera si cimentò poi in tutti i generi letterari alla moda, ritradusse in versi il poema omerico proponendosi di metterne in evidenza difetti e debolezze (1713), adattandola all'estetica razionalista del tempo: nella premessa scrisse un discorso contro gli antichi. Una traduzione che a noi sembra oggi cattiva. Madame Dacier replicò aspramente con "Le cause della corruzione del gusto" (Des causes de la corruption du goû t, 1714) apologia di Homeros interpretato come depositario di universale saggezza etica e teologica, quasi un precursore del cristianesimo. La Motte si difese con le "Riflessioni sulla critica" (1715). Una moltitudine di scrittori minori si schierò con l'una o con l'altra parte, finché si accettò quanto Fénelon aveva scritto nella "Lettera alla Académie" (1714), in cui è la conciliazione tra le due fazioni, con l'accoglienza di parti delle opposte tesi.


L'illuminismo francese

In Francia i "philosophes" si riconnettono allo spirito critico dei libertini; ripropongono il concetto di "ragione" ma in modo più concreto rispetto ai classicisti del XVII secolo: centrale è l'osservazione dei fatti, l'esperienza, il fine immediato e pratico. All'idea di dovere si sostituisce l'idea di diritto; al concetto di virtù quello di "bonheur": sul piano politico significa benessere per il popolo, sul piano morale l'aspirazione a vivere nel mondo. Nella nuova religione dei deisti, virtù felicità sentimenti passione sono espressione della legge naturale. Si propugna l'idea di libertà : in campo economico, sociale, dei costumi, religioso, pedagogico ma anche stilistico e linguistico. Così ad esempio il matrimonio è attaccato in una voce dell'"Encyclopé die" da Denis Diderot, della condizione della donna si occupa Marivaux (la sua commedia "La colonia" è del 1729), e Mme de Lambert (con le "Riflessioni sulle donne" 1727), mentre le rivendicazioni femministe saranno sostenute da Olympe de Gouges durante la rivoluzione (lei sarà giustiziata nel 1793). Quello che si verifica è il divorzio tra monarchia e cultura, già negli anni della reggenza di Filippo d'Orléans (1715-1723): Paris soppianta la corte di Versailles, gli intellettuali si riuniscono nei caffè e nei salotti; importanti punti di ritrovo e di cultura sono il Club de l'Entresol, i salotti della duchessa del Maine, di Mme de Tencin (1682\1749) affascinante e autrice di romanzi tra i più letti del secolo, Mme du Deffand, più tardi quelli di Mlle de Lespinasse (1732\1776) che era stata dama di compagnia di Mme du Deffand e che aveva poi rotto con questa aprendo un proprio salotto, di Mme d'Epinay, e dei Necker.


I "philosophes" rappresentano la nuova borghesia, all'interno di una società che stenta a rinnovarsi e che cerca in loro quel rinnovamento di cui avverte il bisogno. Essi non si fanno disattendere. Dominanti sono le figure di Charles de Montesquieu, Voltaire, Jean-Jacques Rousseau, Denis Diderot (del 1749 la sua Lettera sui ciechi). Voltaire ha una maggiore influenza immediata per la grande forza polemica, nella lotta contro i pregiudizi e i luoghi comuni in nome della libertà di coscienza e della tolleranza; Montesquieu ebbe importanza in campo sociologico; Diderot in quello della morale, l'estetica, il rapporto tra scienza e letteratura; Rousseau influì sul pensiero politico e pedagogico, sulla letteratura autobiografica (fondamentale un testo come le sue Confessioni): è anche tra i quattro quello maggiormente contestato, dagli stessi "philosophes" a causa del suo spiritualismo, l'individualismo, il radicale ugualitarismo politico. I generi in voga sono vari: il romanzo, il teatro, la poesia, ma soprattutto il "pamphlet", il discorso, l'"entratien", il dialogo. E' un ribollimento di pensiero che trova l'apice nella Encyclopédie che sotto la direzione di Diderot, e a cui collabora in maniera determinante D'Alembert, inizia a essere pubblicata nel 1751 e che fino al 1772 impegnerà alcune delle maggiori intelligenze del secolo; l'Encyclopé die, prima osteggiata dalle autorità francesi, alla fine ottenne il beneplacito, per ragioni di ordine economico e per il timore che l'impresa passasse a editori stranieri: il segno che la cultura illuministica non aveva solo una valenza teorica importantissima, ma era portatrice di sviluppi in campo pratico centrali.


Nei generi tradizionali (poesia, tragedia ecc.) domina la poetica di Boileau e il modello dei classici. Solo con André Chénier (1764\1811) però, in clima rivoluzionario, con la scoperta di una vena lirica, elegiaca, bucolica, giambica di inusitato vigore, la poetica classicistica mostrerà segni di rinnovamento. E' il romanzo che prende vigore. Si tratta di un genere in cui le regole sono ancora tutte da inventare e, come la commedia, permette di rappresentare gli aspetti della vita quotidiana che interessano veramente gli intellettuali di questo periodo. Da queste esigenze nascono, nella prima metà del secolo, le opere di Alain-René Lesage, Antoine-François Prévost, Pierre Marivaux, Prosper Crébillon che ebbe all'epoca molto successo tra l'altro come autore tragico tanto da essere contrapposto a Voltaire. A essi si aggiungono le Lettere persiane di Montesquieu (1721), La monaca di Diderot (1760), la Nuova Héloise di Rousseau (1761), e i "contes philosophiques" di Voltaire.
Al genere dell'elogio si dedicò l'anti-voltaireiano Antoine-Léonard Thomas.


Produzione narrativa francese nella seconda metà del XVIII secolo

Negli ultimi decenni il romanzo smette di essere un genere eretico, ma perde anche molto della sua carica ideologica: la filosofia esce all'aperto e si assume il compito della ricerca ed espressione della verità . Al romanzo resta il tema del contrasto o accordo tra felicità e virtù . Questo tema è affrontato in tre modi diversi: a) filone moraleggiante; b) corrente libertina; d) filone primitivista.


Il filone moraleggiante è dato da autori conservatori e difensori dei valori borghesi acquisiti, così François-Thomas de Baculard-d'Arnaud, Jean-François Marmontel.


Il filone primitivista sviluppa i temi rousseauniani dello stato di natura, con Jacques-Henri Bernardin-de-Saint-Pierre. Nell'ambito del dibattito sul "buon selvaggio" in contatto con "la civiltà " (sull'onda dello scalpore suscitato dalle teorie di Raynal, di Robertson, e soprattutto da De Pauw; con la partecipazione tra gli altri anche di Galiani che difese le qualità intellettuali dell'indio) si può inserire il romanzo epistolare Lettere di una peruviana (Lettres d'une péruvienne, 1747) di Madame de Grafigny , scritto su imitazione di Montesquieu ed ebbe grande successo, tradotto in molte lingue e più volte riedito, ispirò tra l'altro Goldoni per "La peruviana".


La corrente libertina è preparata dalla spregiudicata investigazione di Cré billon fils ( Claude-Prosper Crébillon ), e trionfa con Restif de la Bretonne , nel marchese di Sade e soprattutto con "I legami pericolosi" (1782) di Laclos .


Produzione teatrale francese nel secondo XVIII secolo

In campo teatrale il largo pubblico e l'alta produzione non sembra dare risultati interessanti. Solo dalla commedia vengono le cose migliori. Marivaux domina gli anni '20-50 con commedie di sottile vena morale e filosofica. Pierre-Augustin de Beaumarchais è autore dei due capolavori, Il barbiere di Siviglia (1775) e Le nozze di Figaro (1783) in cui la comicità ha dense implicazioni politiche. Dalla metà del XVIII secolo appare un nuovo filone teatrale, quello del dramma borghese, il tentativo di dare voce agli ideali e al gusto della borghesia. Così Pierre-Claude de La Chaussée creatore della "comédie larmoyante", Michel-Jean Sedaine autore di Filosofo senza saperlo del 1765-66, e Diderot (E' buono? è malvagio?, del 1777), mescolano i generi classici per cogliere la realtà quotidiana; siamo ancora nell'arco delle teorizzazioni, piuttosto che nella creazione di opere veramente convincenti, ma attraverso questi inizi si procederà al rinnovamento del teatro europeo (Lessing, e poi il dramma romantico). Alla commedia briosa si dedica Philippe Fabre d'Eglantine che finirà sulla ghigliottina, e Alexis Piron.


Saggistica e critica sociale nella seconda metà del XVIII secolo

Alla critica sociale e delle idee dedicano tutte le loro opere saggistiche gli illuministi, contrastati da una pubblicistica proveniente dagli strati più retrivi della società francese del tempo. E' un dibattito che troverà il suo culmine con la rivoluzione, che non esaurirà certo la produzione ma darà nuovi apporti alla pubblicistica, spostando i termini dei problemi. Al campo della critica sociale delle idee del tempo appartiene Nicolas de Chamfort.


Indice XVIII secolo


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