Storia della letteratura europea - Torna in homepageDal IV al V secolo


Dal IV al V secolo


[Scheda cronologica] [I 'pagani'] [I 'cristiani'] [Artes del trivio e del quadrivio] [Paesi extraeuropei]

Inizio pagina I 'pagani'

Nel IV-V secolo (+) dopo la crisi del secolo precedente, la società imperiale è profondamente mutata e ristrutturata. Si affermano nuove classi dominanti date dagli alti gradi della burocrazia, che soppiantano la vecchia aristocrazia senatoria e degli equites. Aumenta la pressione fiscale. I ceti più deboli e poveri cercano protezione sotto i grandi proprietari: la struttura sociale si feudalizza.
L'evento macroscopico maggiore è la decadenza dell'occidente rispetto all'oriente. Nel 330+ la capitale passa a Bisanzio; alla morte di Teodosio (395+) l'impero romano si divide. L'impero romano occidentale termina ufficialmente nel 476+, dopo un periodo di invasioni di popoli non romanizzati. Finisce così l'ultimo tentativo di rivitalizzare un dominio e una tradizione culturale, tentativo che aveva avuto tutti i suoi limiti evidenti con Giuliano l'Apostata (361/362+, l'appellativo di "apostata" fu dato a Flavius Claudius Iulianus dai cristiani) e la volontà/velleità di far risorgere la cultura "pagana" (come viene definita la cultura latina, sia quella indifferente o atea sia quella facente capo ad altre credenze religiose, dopo l'avvento al potere dei cristiani).
Inizio pagina A Roma alla fine del IV secolo operano Ammianus Marcellinus, storiografo che continua la tradizione tacitiana, Eutropius, e Claudius Claudianus poeta latino e panegirista che si illude ancora della grandezza del mondo pagano, due greci.
Quintus Aurelius Simmacus è il più accanito difensore della tradizione "pagana".
Un compilatore è l'autore (o si tratta di più autori?) di una Historia Augusta (Storia augusta, cioè riguardante gli imperatori), composta a imitazione svetoniana. Il titolo del testo fu dato dal filologo svizzero Isacco Casaubon (1559\1614) a questa serie di biografie di imperatori romani, da Adrianus (117\138) a Carinus (283\285). La raccolta, che presenta una lacuna per il 249-253, comprende sia gli imperatori legittimi che gli 'usurpatori'. Gli autori delle varie vite (Elius Spartianus, Iulius Capitolinus, Vulcacius Gallicanus, Elius Lampridius, Trebellius Pollio, Flavius Vopiscus) affermano di scrivere sotto i regni di Diocletianus e Kostantinus, cui dedicano alcune delle biografie. Esistono numerose contraddizioni e anacronismi all'interno dell'opera che fanno pensare ad alcune ipotesi: ad un unico autore che usa sei nomi falsi, ad anacronismi introdotti successivamente oppure al fatto di essere alla presenza di un'opera di epoca posteriore, un 'falso' datato intorno alla fine del IV secolo prodotto di pagani d'ambiente senatorio contrari alla politica di Theodosius (l'imperatore cristiano allora in conflitto con il senato pagano). Stile e contenuto comunque si rifanno al filone biografico, che valorizza gli elementi di curiosità e la vita privata degli imperatori.
Interessante è Rutilius Claudius Namatianus (V secolo) che vive con tristezza il saccheggio di Roma a opera dei visigoti (410). Poeti sono il gallico Decimus Magnus Ausonius, e Rufus Festus Avienus. Alla favolistica si dedica Flavius Avianus, anche grazie al quale avviene la trasmissione delle favole esopiane all'interno della cultura europea nei secoli successivi.
Attribuito a un anonimo catalano è il testo intitolato per comodità di riferimento Alcesti di Barcellona. Scoperto nel 1982 da papirologo Roca- Puig a Barcellona, si tratta di un poemetto latino dialogato dedicato al mito di Alcesti. Il testo, sfigurato da indotti copisti, contiene alcune caratteristiche interessanti: artifici e ingenuità che sembrano preludere alla produzione dei romanzi medievali e post-latini. L'uso della rima, a mezzo e a fine di verso, e addirittura per intere quartine. Elementi interni e esterni hanno fatto ipotizzare per questo testo una composizione risalente alla metà del IV secolo (+). L'anonimo autore era forse un retore di provincia, un colto dilettante di non grandi qualità artistiche ma nutrito di buone letture (già molto, visti i tempi...). La vicenda classica di Alcesti sposa di re Admeto che accetta di immolarsi al posto del pavido marito e salvata da Eracle, di cui possediamo una ricostruzione del testo di Euripides, era stata ripresa da Accius nel II secolo (-), e poco dopo poeticamente da Levius: di quella di Accius non è rimasto che un verso mentre nulla è rimasto di quella di Levius. L'anonimo catalano del IV secolo (+), accoglie una variante più pessimistica della favola: Alcesti non viene salvata ma scende nell'Ade. E accentua gli effetti patetici, il realismo un po' pettegolo, i toni languidi.
Al campo grammaticale e filologico appartengono Elio Donato, Marco Vittorino, Prisciano, Martianus Capella, importanti perché le loro opere continuarono a leggersi nei secoli successivi.
Inizio pagina Continua la produzione in greco, e si tratta forse delle cose migliori qualitativamente, anche se non eccelse, dato il periodo di crisi. Nel IV secolo (+) rinacque l'epica con Quinto Smirneo, elegante e prolisso, che volle narrare gli avvenimenti intercorsi tra quelli dei due poemi omerici. Di lui non sappiamo nulla, si pensa sia vissuto nel III o nel IV secolo; nel XVI secolo gli fu dato il soprannome di "calabro" ma solo perché il manoscritto della sua opera fu ritrovato a Otranto. Si tratta comunque di un poema in 14 libri, Postomerica, in cui la materia dei poemi ciclici e alessandrini viene ripresa, sviluppandola in direzione romanzesca non senza originalità e un certo estro.

Opera più singolare quella di Nonnos di Panopoli, un lunghissimo poema sulle avventure di Dioniso. Alla fine del V secolo Museo scrive un fortunato poemetto in esametri sulla storia di Ero e Leandro, che ci è pervenuto integro.


Importante l'opera culturale di Proklos (Proclo), che fu ad Atene l'ultimo grande sistematore del pensiero filosofico greco e esercitò una influenza determinante sul neoplatonismo occidentale dei secoli successivi (fino al XVI secolo). Tra gli studiosi dell'epoca, da citare anche il lessicografo Esichio da Alessandria (forse del V secolo), e Eunapio.
Sono in ogni caso tempi difficili per la cultura, per le continue guerre e devastazioni e per la perdita della sicurezza nelle comunicazioni e nei commerci. Nonostante questo ancora la cultura riveste una importanza notevole, e non solo ristretta al campo religioso. Il caso dell'imperatore Teodosio II (401\450+) è emblematico: successore in oriente al padre Arcadio (408), e emanatore del cosiddetto "codice teodosiano", raccolta delle costituzioni imperiali da Konstantinos in poi, pare fosse affetto da una vera e propria mania per i libri: passava intere notti a leggere libri sacri, e gli si dovette costruire una lampada speciale il cui olio si aggiungeva da sé . Spinto dalla smania dei libri, era divenuto anche un abile calligrafo, in modo da potersene scrivere molti lui stesso. Ancora si narra che durante gli spettacoli equestri ignorava i giochi, intento alla trascrizione di un qualche libro anche in quella occasione. L'atteggiamento di Teodosio II, riportato dalle cronache antiche, doveva parere già eccentrico ai suoi tempi, e soprattutto nei decenni e secoli successivi, non propriamente favorevoli alla cultura letteraria in europa. In campo filosofico e politico opera Ipazia da Alessandria. La sua vicenda è indicativa dell'ultimo barlume raggiunto dalla cultura tradizionale greco- romana. Ipazia fu una filosofo e una politica, una dei più importanti protagonisti del movimento di rinascita politica e culturale che si ispirava ai valori della tradizione classica e si contrapponeva alla chiesa gerarchica degli episcopi. I contemporanei riconobbero in lei la terza caposcuola del platonismo, dopo Platon e Plotinos. Ipazia fu anche l'ultima grande astronoma dell'antica scuola matematica di Alessandria. Morì assassinata dai cristiani nelle strade della sua città natale nel marzo 415. In quello stesso anno Augustinus pubblicava "La città di dio".

Inizio pagina I cristiani

Con l'editto di Milano (313) il cristianesimo riceve una sanzione ufficiale, dopo le "persecuzioni" dioclezianee. La produzione letteraria religiosa cristiana si avvia verso forme più mature. Apologista antipagano è Arnobius .
Più nuovo è Lucius Celius Firmianus Lattantius.
Lo spagnolo Giovenco (Gaius Vetius Aquilinus Iovencus, inizio IV secolo) riscrive il Vangelo di Matteo, in 4 canti di esametri virgiliani, facendone un poema epico ("Quattro libri di Evangeli", Evangeliorum libri IV) tentando forse per la prima volta di sostituire a quella tradizionale pagana una nuova poesia cristiana.
Vittorinus da Pettau, vescovo in Pannonia a Ptuj [Slovenia], compie il primo lavoro di esegesi biblica in latino (Genesi, Esodo ecc.), oltre a altre opere importanti per la storia religiosa successiva.
Con la persecuzione, fioriscono gli "atti" (africani) di màrtiri (es. Passione di Perpetua e Felicita, ecc.). Questi degli acta è un vero e proprio genere, documentario e apologetico. Dalla seconda metà del II secolo in poi ne furono composti in latino, greco e nelle lingue orientali. Oggi usiamo dividerli in due filoni: gli acta veri e propri, resoconti schematici dell'interrogatorio che il cristiano sostiene dinnanzi al tribunale pagano, accompagnati da qualche notizia sulla morte (es. Atti di Iustinus, dei martiri scillitani, di Cyprianus ecc.); le passiones sono invece racconti veri e propri, che permettono una certa ambientazione e maggiori particolari (es. Passio di Policarpus, dei martiri di Lione e Vienne ecc.). In complesso sono testi degni di fede, anche se con una certa amplificazione retorica; solo più tardi, con l'affermarsi del culto dei mà rtiri, si impose un tipo di acta più ampio e elaborato, con frequenti descrizioni di interventi miracolosi, terribili supplizi superati dal martire, lunghi colloqui di tono didattico tra il martire e i magistrati: i dati storici, quando sono esistiti (es. per le vicende dei martiri più famosi, come Agnese, Lorenzo, Sebastiano ecc.), vengono stravolti attraverso le rielaborazioni.
Con la pacificazione tra "pagani" e "cristiani" non si ha una vera fioritura letteraria: la crisi sociale ed economica dell'occidente è tale da non permettere molti lussi. Uniche "isole" continuano a essere l'Africa e Roma.
Alla polemica antipagana appartiene il siracusano convertito e fondamentalista Firmicus Maternus.
Alla polemica antiariana, che crea un clima di guerra civile religiosa, l'area culturale latina contribuisce con Gregorius da Elvira, uno spagnolo teologo ed esegeta. Anche Hilarius da Poitiers, un gallo, fu tra i protagonisti della polemica antiariana. In area orientale, posizioni filo-romane ha Epifanios (e per questo sarà considerato santo dalla Chiesa romana). Anti-ariano (moderato) e importante filologo fu Eusebios da Cesarea. Importante per il monachesimo orientale furono le raccolte di sentenze e aforismi di Evagrios Pontikos.
Platonico attraverso Porfirio e Plotino è Gaius Marius Vittorinus, commentista di Paolo e trattatista antiariano e antimanicheo. Le sue opere filosofiche retoriche e grammaticale ebbero enorme prestigio. Compose anche tre Inni sul mistero della trinità.
Ambrogius è, in campo cristiano-occidentale, la figura più importante del IV secolo (occidentale). Vescovo di Milano (374), è autore di scritti teologici, esegetici, dottrinali, morali, ascetici che fondono tradizione plotiniana e origeniana, e soprattutto di Inni liturgici che ebbero enorme importanza nello sviluppo della song religiosa. In questo campo, uno dei migliori prodotti è anche l'inno Te Dio (Te deum) attribuito a Niceta vescovo di Remesiana [Dacia].
Attorno a lui una serie di figure di attivisti e apologeti vari. Esegeti: Rufinus, Ambrosiastro (commenti a Paulus), Pelagius. Biografi: Sulpicius Severus, Paulinus da Périgueux, Possidius (con le loro vite di Ambrogius, Martinus, Augustinus). Storici-sommaristi: Horosius, Sulpicius. Catechetisti: Pelagio, Rufino, Giovanni Cassiano.
Accanto alla produzione teologica e propagandistica, è tutta una produzione in cui si esprime in vario modo la fede. Inizia anche una produzione "di viaggio", legata alla visita da parte dei fedeli dei luoghi santi. Le prime testimonianze di pellegrinaggi in Palestina, luogo di vita del fondatore della religione cristiana, sono conservate in una relazione del c.333 che va sotto il nome di Itinerario Burdigalense. Nel IV secolo la diaristica con a tema il viaggio si moltiplica, proponendo espressioni narrative diverse, descrittive o immaginifiche. In questa produzione interessante è il Diario di viaggio di Egeria .
Sotto Theodosius e Honorius (379-423) fiorisce una poesia cristiana con Damaso, Ambrogio, Prudenzio, Meropius Paulinus. Si scrivono inni liturgici così come si fa in oriente: Hilarius da Poitiers, Mario Vittorino, Ambrogio. Damaso scrive elegie funebri in versi di màrtiri cristiani. Iovencus, Sedulius, Aratore cantano episodi delle Scritture in forme classiche. Meropius Pontius Anicius Paolinus compone inni per il "santo" cristiano Felix da Nola.
Il poeta lirico maggiore è forse Aurelius Clemens Prudentius (Cathamerinon, Peristephanon, Psychomachia), erudito e moralista.
Ierolamus cerca la rottura con il mondo, il suo è un estremismo ascetico trascorso in una notevole operosità di storico, critico letterario e soprattutto filologo (Vulgata, e traduzione dall'ebraico dell'Antico Testamento).
Un ruolo centrale ha nel suo tempo e per diversi secoli successivi l'opera di Aurelius Augustinus.
Nel V secolo (+) l'attività letteraria creativa si restringe, in occidente, alla Gallia. I teologi dibattono su grazia e libertà, tema aperto dal dibattito tra Augustinus e Pelagius.
Ad Arnobius junior (per distinguerlo dall'Arnobius del secolo precedente) vengono attribuiti alcuni scritti di carattere religioso che hanno valore documentario.
Le invasioni scardinano profondamente società e cultura occidentali.

Contesto

Indice generale medioevo

[1996]

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