Ambrogius
Ambrogius
Ambrogius era nato a Treviri nel c.339, figlio del prefetto
pretorio di questa città, ricevette una compiuta educazione
retorica e fu console per le province di Liguria e Emilia. Eletto
vescovo di Milano per acclamazione benché fosse un semplice
catecumeno, alla morte del vescovo filoariano Aussentius, ebbe
un grande influsso su tre imperatori (Gratianus, Valentinuanus
II, Theodosius). Contribuì in modo decisivo all'affermazione
della 'ortodossia' cristiana nell'impero contro i tentativi ariani
e le interferenze giudaiche e pagane, difese con energia l'autorità
della chiesa di fronte al potere dello stato. Morì a Milano
il 4 aprile 397.
Le numerose opere di Ambrogius testimoniano il suo impegno culturale
e il suo zelo pastorale e amministrativo. Documentano il confluire
dei nuovi fermenti cristiani nel corso della tradizione latina.
Tra le sue opere esegetiche, fondate su solide basi filosofiche
e teologiche (Plotinus, Origenes, Basilius) importanti sono i
6 libri dell'Esamerone, commento al racconto biblico della creazione,
in un continuo confronto con i filosofi pagani; il trattato Cain
e Abel (De Cain et Abel); Isaac ovvero l'anima (De Isaac vel anima);
il commento al vangelo di Luca. Numerose le lettere (91), fonte
preziosa per la storia del tempo. Tra le sue opere, la "Expositio
psalmi CXVIII", contiene molto dello spirito tenace del vescovo
Ambrogius:
"Ogni giorno sei chiamato a essere testimone di Cristo
[...] Chi è testimone più attendibile di colui
che professa la sua fede nell'incarnazione del Signore Gesù,
osservando fedelmente le prescrizioni del Vangelo? Infatti,
chi ascolta e non fa, rinnega Cristo. Anche se lo confessa a
parole, lo rinnega nei fatti [...]. Dunque, vero testimone è
l'uomo che testimonia confermando coi fatti l'adesione ai precetti
del Signore Gesù" (Expositio, XX, 46-47).
Sotto il suo nome ci sono giunti alcuni inni liturgici (Inni,
Hymni). Tra quelli ritenuti autentici, "O eterno creatore delle
cose" (Aeterne rerun conditor), "Ora sorge la terza ora" (Jam
surgit hora tertia), "Vieni redentore delle genti" (Veni redemptor
gentium): composti in dimetri giambici, hanno una notevole convincente
semplicità. Gli inni di Ambrogius ebbero subito un successo
travolgente, non solo a Milano ma in tutta la cristianità.
Già Ennodio da Pavia appena un secolo dopo esprimerà
il proprio desiderio di poter scrivere carmi come quelli di Ambrogius.
Gli inni amborgiani vennero ben presto imitati, tanto che nel
giro di qualche secolo qualsiasi inno liturgico veniva designato
come "ambrogiano". Con il proliferare delle imitazioni, anche
il proliferare delle attribuzioni; già Valafridus Strabo
abate di Reichenau (809\849) invitava a stare attenti a tali imitazioni
grossolane. Dei suoi inni parla lo stesso Ambrogius nel discorso
"Contra Auxentium" pronunciato nella primavera del 386: "Dicono
che il popolo è ammaliato dall'incantesimo dei miei inni.
Proprio così, non lo nego. E' un grande canto magico, il
più potente di tutti. Che cosa infatti potrebbe essere
più forte della confessione della Trinità, quale
ogni giorno il popolo canta a una sola voce? A gara tutti vogliono
proclamare la loro fede, tutti hanno imparato a lodare in versi
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dunque sono diventati
tutti maestri, quelli che a malapena potevano essere discepoli"
(Contra Auxentium de basilicis tradentis, Epistula 75, 34).
La genesi degli inni ambrogiani è legata agli anni di lotta
tra poteri per il controllo della religione. Il giovane imperatore
Valentiniano II, istigato dalla madre Giustina, aveva preteso
da Ambrogius una basilica per il culto ariano (omei);
il vescovo si era rifiutato - era un anti-ariano convinto. Nella
primavera 386 l'imperatore aveva fatto accerchiare le basiliche,
e Ambrogius con i suoi si era rinchiuso in esse per attuare una
resistenza ad oltranza. Secondo il biografo Paulinus (Vita Ambrosii,
13, 3) fu proprio in quella occasione che furono introdotti il
canto antifonato, gli inni, e cominciarono a essere celebrate
le vigilie. Gli inni ambrogiani sono concepiti nella loro semplicità
soprattutto quale strumento di catechesi: attraverso i carmina,
coralmente cantati dall'assemblea dei fedeli, tutti potevano capire
e proclamare con espressioni appropriate temi e concetti propri
dei discorsi teologici. L'apprendimento degli inni fu facilitato
dal ritmo giambico. Il metro giambico, con le strofe composte
da 4 dimetri e ciascun inno formato da 8 strofe, era di natura
espremamente popolare. Inseriti nell'ufficiatura liturgica della
Chiesa cattolica, gli inni vennero usati per celebrare i differenti
momenti della giornata (canto del gallo, aurora, ora terza, la
sera quando si accendono le lampade) o i misteri della'nno liturgico
(natale, epifania, pasqua) o la celebrazione anniversaria dei
santi (i principali Apostoli, i martiri romani, i martiri della
tradiziona locale milanese).
Sono centrali, negli Inni di Ambrogius, le Scrittura naturalmente.
Così l'inno "Nella notte di Natale del Signore" (Intende,
qui regis Israel) inizia con una citazione del Salmo 79 (80),
2-3. Nell'inno "Per Giovanni Evangelista" (Amore Christi nobilis)
viene parafrasato l'inizio del vangelo di Giovanni. I testi sacri
forniscono le immagini per spiegare i misteri della fede: la figura
di Crsito che nell'inno natalizio apapre quale "gigante che sussiste
in due nature" è assunta dal Salmo 18 (19) 6. Le immagini
si intersecano con il messaggio evangelico: nell'inno "Al canto
del gallo" (Aeterne rerum conditor) Gesù è il gallo
che risveglia e riporta la luce. Ambrogius è affascinato
dal tema della luce: anche nell'inno "All'Aurora" (Splendor paternae
gloriae) Cristo è la luce, mentre nell'inno "Per l'ora
dell'incenso" (Deus creator omnium) è Dio che ha rivestito
"il giorno di bella luce" e "la fede non conosce oscurità
e la notte risplenda della fede". L'inno "Per il giorno di Pasqua"
(Hic est dies verus Dei) canta il "mistero mirabile" del perdono
del ladro crocifisso che per primo varca le soglie del paradiso:
"Cosa c'è di più sublime di questo, che la colpa
cerchi la grazia, che l'amore dissolva il timore, che la morte
restituisca una nuova vita?".
Alcuni degli Inni sono dedicati ai martiri. Portaso e Gervaso
sono celebrati in "Grates tibi, Iuesu, novas": fu lo stesso Ambrogius
a rinvenirne le spoglie nel giugno 386, qualche settimana dopo
la lotta contro la corte. Vittore, Nabore e Felice (inno "Victor
Nabor Felix, pii") furono giustiziati a Lodi dopo aver predicato
a Milano: presso le spoglie di Victor, Ambrogius fece seppellire
il fratello Satirus; davanti alla chiesetta di Narbor e Felix
rinvenne le spoglie di Protaso e Gervasus. La martire Agnes (celebrata
in "Agnes beatae virginis") è posta come esempio di mirabile
fortezza in età ancora giovanile. Il martire Lorenzo (celebrato
nell'inno "Apostolorum supparem") è posto quale esempio
di dedizione nei confronti dei poveri.
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