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Dal Settimo al Decimo secolo


[Cronologia: VII-X secolo] [L'Impero bizantino] [L'europa occidentale cristiana] [La corte di Karolus] [La regione inglese] [La regione tedesca] [Lingue post-latine e lingue post-greche] [Aree extraeuropee]


Vai a inizio pagina Impero bizantino

L'Impero bizantino conosce in questo periodo una fase di decadenza, a partire dalla morte dell'imperatore Eraclio.
In campo culturale domina la figura di Giovanni Damasceno, ultimo grande teologo della chiesa orientale. Interessanti per la storia della cultura più che per le qualità raggiunte, una serie di minori (come Theodòsios Diakonos, il grammatico Theògnostos, il monaco omonimo Theògnostos che ebbe un ruolo nelle vicende interne della chiesa cristiana ecc.).
Più interessante, composto al di fuori della produzione ufficiale, è il Romanzo di Barlaam e Iosafat, adattamento greco di una leggenda popolare, risalente forse alla prima metà dell'VIII secolo. Questo romanzo edificante si diffuse in europa a partire dal X secolo.
All'inizio del secolo VII la chiesa georgiana, che fino ad allora aveva convissuto insieme a quella armena, si stacca da quella armena; le prime opere scritte in georgiano (lingua caucasica) furono teologiche liturgiche religiose, tradotte dall'armeno dal siriaco e dal greco, ma a partire dal distacco iniziò una letteratura più spiccatamente nazionale. I maggiori centri di produzione furono il monastero di San Saba presso Gerusalemme, e il monastero di Santa Caterina nella penisola del Sinai, dunque piuttosto lontani dalla patria.
Tra le opere di maggior rilievo, il Martirio di Santa Shushanik di Giacomo di Tsurtav (sec. VI).

Vai a inizio pagina Europa occidentale cristiana

In occidente l'Italia è dissanguata dalle invasioni di ostrogoti e vandali, mentre rimane poco della produzione longobarda. In Africa settentrionale, già uno dei centri culturali della latinità , l'invasione dei vandali ne stronca i centri economici e culturali. La stessa Gallia (la Francia) non vive nel VII secolo una situazione culturale meno che mediocre. Si veda la volenterosa ma rozza opera di Teodefridus da Corbie ecc..
Ciò che rimane in occidente è l'Irlanda. Qui l'evangelizzazione operata da Patrizio (nel V secolo) si estende all'Inghilterra. Dall'Irlanda e dall'Inghilterra si irradia verso l'Europa continentale (soprattutto verso Gallia e Italia) un'opera di rievangelizzazione o riorganizzazione culturale e religiosa. Tra i missionari che operano nel continente, Colombanus fondatore a Bobbio di un centro che si specializzerà nella trascrizione dei testi classici.
Nel VII secolo è la confluenza di tre grossi contributi culturali: l'incontro tra influsso romano e monachesimo irlandese si realizza grazie a Aldelmus da Malmesbury [Aldelmus], Eusebius da Jarrow, Beda con il suo discepolo Egbertus che insegnò a Alcuinus. L'espansione araba produrrà un'ondata di profughi dal mediterraneo sud-orientale (Grecia, Palestina, Siria, Egitto, Cartagine) portatori di tradizioni che si erano perse o con cui non si era più stati in contatto in europa occidentale. Mentre nel 711 l'invasione araba della Spagna porta all'espulsione da questa regione, che aveva mantenuto una buona attività culturale, di intellettuali (Isidorus da Sevilla, Braulio, Eugenio) che rivitalizzano il "circolo delle idee" euroccidentale. Questi tre contributi saranno focalizzati e daranno i loro frutti nel laboratorio culturale carolingio.

Vai a inizio pagina La corte di Karolus

Karolus "il grande" procede a una riorganizzazione amministrativa ma soprattutto culturale di ampio respiro. Con la capitolare Le scuole (De scholis, 789) si ha una ripresa dell'insegnamento, e si procede a un recupero dei testi antichi. L'impero franco si pone potenzialmente in alternativa e contrapposizione all'Impero bizantino e al mondo culturale arabo: siamo naturalmente ben lontani dal raggiungimento dei livelli culturali e sociali di quelle realtà imperiali, ma rispetto alla crisi dei secoli precedenti si tratta di una ripresa non indifferente.
Sotto Karolus operano intellettuali provenienti da tutta la cristianità occidentale: Dungal (un irlandese), Alcuinus (un anglo-sassone), Paulus Diaconus Varnefridus (un italo-longobardo), Teodulfus (un ispano-visigoto), Angilbertus (un franco). Allievo di Alcuino è l'enciclopedico Rabanus Maurus.
Si sviluppa intanto una letteratura di intrattenimento, e si usa il verso ritmico. Gotescalcus da Fulda è forse autore della Ecloga di Theodulus (Ecloga Theoduli), un contrasto tra verità e menzogna.
In poesia ritmica si celebrano la vittoria di Pipino sugli Avari (796), e la battaglia di Fontaneto (841). Un testo come il Karolus il grande e papa Leo (Karolus Magnus et Leo Papa) mostra reminiscenze virgiliane. Ermolao il Nero è autore di un Poema in onore di Ludovico il Pio dai toni cortigiani ed eroici.
In campo storiografico poche opere: una Vita di Karolus (Vita Caroli) di Eginardus, e il Libro dei pontefici (Liber pontificalis).
Vai a inizio pagina I successori di Karolus non sono in grado di continuarne o svilupparne l'opera. La cultura è nuovamente dispersa e in parte trova un nuovo punto d'appoggio nelle grandi abazie del sud della Germania: San Gallo, Fulda, Reichenau, centri di cultura per i prossimi due secoli.
Le cose più interessanti - oltre a opere di carattere celebrativo e legate alle gesta dei potenti (es. le opere di Ermoldo Nigello) -, che provengono dai successori di Karolus sono alcuni testi, di carattere religioso, d'uso tra il propagandistico e il monetario. Stiamo parlando ovviamente di alcuni codici miniati risalenti a questo periodo. Forse il più bello è la "Bibbia di Carlo il Calvo", realizzato a Reims nella seconda metà del IX secolo, che giunse a Roma come dono forse a papa Giovanni VIII, e che fu poi conservato nella Basilica di San-Paolo-fuori-le- Mura. La storia di questo codice appartiene alla storia del libro e dei preziosi, l'uso che se ne faceva, parte del lavorì o diplomatico e politico. Nell'857 Giovanni VIII aveva incoronato imperatore Carlo il Calvo; nell'877, Carlo compie una seconda discesa in Italia, e rincontra il papa: a Pavia li raggiunge la notizia della discesa di Carlomanno (figlio di Ludovico il Germanico) alla testa di un forte esercito. Il papa torna a Roma, Carlo muore il 6 ottobre 877 in una capanna savoiarda, tra le braccia della regina Richilde, giunta con vari doni da portare al papa. Richilde era la seconda moglie di Carlo (la prima moglie Ermetrude, era morta nell'869). Forse tra quei doni era anche la Bibbia. Il libro in dono al papa non era solo parte di un accordo diplomatico tra impero e papato, c'erano forse anche motivazioni religiose-dinastiche (Carlo il Calvo era rimasto senza discendenza maschile). L'imponenza del formato, la preziosità delle pagine, l'opulenza cromatica e figurativa della decorazione, l'intarsio raffinato delle scritture distintive, rivelano l'intenzione di conferire a questo eccezionale prodotto un significato preciso che va oltre quello insito nel suo contenuto testuale, e che vuole segnalarsi come affermazione di sovranità . Segno massimo di celebrazione e di autocelebrazione del sovrano è già la miniatura che apre il manoscritto, con la figura di Carlo il Calvo in trono, la regina alla sua sinistra, gli scudieri a destra entro uno spazio circolare sul quale si alza un prtico dominato dalle Virtù Cardinali. Si richiama l'arte trionfale romana, rielaborata e adattata nel contesto della regalità carolingia. Segue il prologo di Igobertus nel quale si ricorda che Carlo «con volto sereno» offre a Cristo il libro. Ingobertus è il nome probabilmente di colui che diresse i lavori, nello scriptorium vicino Reims, dove la Bibbia fu composta (da più artigiani) - una funzione simile dovette avere Godescalcus, per l'Evangeliario di Carlo Magno -. Autore dei versi del prologo e forse anche della altre iscrizioni- didascalie contenute nel manoscritto, che lo mostrano come persona colta. In questi versi vi sono squarci non banali, come quando, riferendosi al testo della Bibbia, scrive che «qui è la voce delle cascate con la quale l'abisso chiama l'abisso e grida a esso con batter d'ali e con strepito». Grandiosa la concezione delle lettere iniziali. L'arte del libro in epoca carolingia aveva saputo usare in modo mirabile l'iniziale ornata dei manoscritti non solo come elemento decorativo ma anche come mezzo per distinguere e articolare le parti del testo. Ciò era di particolare significato per le gigantesche Bibbie in un solo volume, che come nessun altro manoscritto hanno bisogno di articolazione e di suddivisione interna. Vi è una gerarchia chiara e differenziata di ornato e di scrittura tra iniziali. Le pagine decorate con grandi lettere indicano gli inizi del testo dei diversi libri biblici; queste pagine sono incorniciate da una decorazione colorata costituita in prevalenza da motivi vegetali in forma di foglie, palmette e girali e da motivi geometrici; il campo incluso nelle cornici presenta ora il colore bianco-ocra della pergamena pura, su spiccano iniziali in oro, ora tinta purpurea. Nella sequenza dei testi biblici occupano un posto particolare le tavole dei Canoni dei Vangeli che, situate all'inizio del Nuovo Testamento, fanno parte di quelle addizioni che servono da introduzioni ai Vangeli: nella Bibbia di San Paolo si trovano prima dell'immagine del Cristo in Maestà , alla quale sono prossimi anche per il loro contenuto, giacché nel linguaggio delle loro immagini e delle loro tabelle, riducono i quattro libri sacri all'unità di una "armonia dei Vangeli". In quattro pagine sono presenti i Dieci Canoni di Eusebio (Eusebius da Cesarea) secondo il modello usato dal gruppo più importante delle Bibbie carolongie, quello di Tours; ma arricchito con le figure degli evangelisti e dei loro simboli, e con quelle di Cristo in trono e dell'Agnello di Dio adorato dagli Angeli.
Tra le Bibbie di Carlo il Calvo, quella di San-Paolo è la più ricca di miniature, e la più ricca tra tutte le Bibbie carolingie. Le altre Bibbie di Carlo il Calvo sono: la Bibbia di Grandval [oggi alla British Library di London] con 4 miniature, la Bibbia di Viviano [alla Bibliothè que Nationale di Paris] con 8 miniature. La Bibbia di San Paolo contiene 24 miniature, accompagnate da "tituli" in esametri (tre sulla stessa pagine, per gli altri sono state usate bande purpuree su pagine particolari decorate con cornici a colori). Le miniature rappresentano Carlo il Calvo, il Cristo in trono, e episodi biblici. Con profusione di oro e purpureo, simboli del potere e della pompa imperiale.

Vai a inizio pagina La regione inglese

Alla fine del V secolo, popolazioni anglosassoni invasero la Britannia. Secondo Beda, che ne scrisse due secoli dopo, si trattava di sassoni, angli e juti; di cultura leggermente diverse, avevano in comune la lingua. Le popolazioni autoctone, chiamate welsh (gallesi) dagli invasori, furono confinati nella regione del Galles mantenendo intatte tradizioni e lingua.
Quanto è rimasto della letteratura anglosassone è raccolto in 4 manoscritti (quello del poema Beowulf, il Vercelli Book, l'Exeter Book, il Junius o Caedmon Book). L'epica, per metro e per argomento, riflette la tradizione orale pre-cristiana, i grandi miti, gli eroi, i temi propri dell'epica germanica. La lingua è l'inglese antico (old-english), con vocaboli ormai sconosciuti e desinenze cadute da tempo. Il metro si fonda su allitterazioni, non ha rima, ogni verso - variabile per numero di sillabe - ha 4 accenti. La maggior parte della produzione letteraria anglosassone giuntaci è di argomento religioso: nei monasteri si tendeva a conservare soprattutto le opere di carattere specificamente religioso.
Secondo Beda (in: Historia ecclesiastica, libro IV, cap. XXIV), fu Caedmon, un converso della Northumbria di umili origini, a usare per primo il metro tradizionale per componimenti poetici di argomento cristiano, prima della fine del VII secolo. Caedmon, pastore della Northumbria, illuminato da una visione scrisse un Inno sulla creazione e si fece monaco, continuando poi a scrivere poemi su argomenti biblici. L'inno è riportato da Beda in latino. Ne esiste una versione in dialetto northumbrico (pubblicata nel 1705), che è forse una ritraduzione dal latino. La tradizione comunque ha attribuito a Caedmon i poemi raccolti nel manoscritto "Junius" (La genesi, L'esodo, Daniele, Cristo e Satana), in realtà posteriori e riferibili ad altri autori, ma per le affinità di stile e linguaggio, l'uso di un tono epico e ingenuamente retorico, intricata metrica allitterativa, predominio della perifrasi descrittiva, sono oggi convenzionalmente assegnati a una cosiddetta "scuola di Caedmon".
Monumento d'epica è il Beowulf, di autore ignoto.
Vai a inizio pagina Diverso è il sentimento nazionale presente in due poemetti più tardi, e più rozzi: La battaglia di Brunanburh e La battaglia di Maldon (quest'ultimo scritto dopo il 993), ispirati alla resistenza contro gli invasori scandinavi.
"La battaglia di Maldon" è forse l'esempio migliore di poesia allitterativa anglosassone. E' la cronaca poetica, senza alcun intervento divino o del magico, di un preciso avvenimento storico: l'11 agosto 993 un esercito di 3 mila danesi sbarcò in Inghilterra. Invece di sottomettersi a pagare il tributo, Byrhtnoth, vecchio vicerè dell'Essex, un sopravvissuto alla generazione di Alfred, raccolse una milizia locale di alcune centinaia di armati e affronta gli invasori. Dopo un piccolo successo iniziale, dovuto alla sorpresa, la situazione si fa difficile e alla fine gli inglesi muoiono tutti a Maldon. Il poema è interessante anche perché non si riduce ai temi propri della tradizione epica germanica, imperniata sul coraggio, la lealtà , l'onore: il senso del fato, il pathos, il crescendo verso la tragedia finale sono elementi più maturi.
Altri canti hanno tono lirico-elegiaco (Il navigatore, L'errante). Gli amanuensi monastici preferirono però i poemi religiosi (secoli VII-X), adespoti o attribuiti a Caedmon o a Cynewulf.
A Cynewulf, vissuto tra l'VIII e il IX secolo, spetta il merito di aver introdotto temi "nuovi", biblici, mistici, didattici nella letteratura religiosa, con poemetti come Elena, L'Ascensione, Giuliana, I fatti degli apostoli: si tratta di testi databili all'inizio del IX secolo, scritti in dialetto northumbrico, e in cui appare la firma di Cynewulf in caratteri runici. In queste opere è usato il metro allitterativo, con frequenti perifrasi descrittive ("kenning"), basati su fonti religiose latine ma con tracce evidenti del sostrato pagano. Si distinguono dal resto della produzione anglosassone per la ricercatezza formale, il fine edificante, la tensione emotiva. Alla sua "scuola" è attribuito il maggior poema religioso anglosassone, di grande profondità meditativa e intensità di espressione, Il sogno della croce.
La produzione in prosa risale al periodo seguente la conversione al cristianesimo degli anglosassoni, che vennero in contatto così con l'europa cristiana intrisa di tradizioni provenienti dal mondo romano e ellenico. Con il re del Wessex Alfred (nato a Wantage [Berkshire] nel c.849, morto nel 899) si ha un grosso rinnovamento culturale; divenuto re dei sassoni occidentali, egli arresta la conquista danese nell'871 e sposta nel Wessex il centro culturale dell'isola. Nel clima di propaganda cristiana e nazionalista, Alfred "il grande" traduce egli stesso la Regola pastorale (Cura pastoralis) di Gregorius Magnus, la Sette libri di storie contro i pagani (Historiarum adversum paganos libri VII) di Paulus Orosius, adatta il Consolazione della filosofia (De consolatione philosophiae) di Boetius e i Soliloqui (Soliloquia) di Augustinus. Sollecita traduzioni (la Storia ecclesiastica del popolo degli Angli di Beda), cura la redazione di un nuovo codice di leggi, e stimola l'avvio della Cronaca anglosassone che, dall'invasione di Caesar (-54) arriverà fino al 1154, documentando il passaggio dall'old-english al middle- english, unica grande opera in prosa di questo periodo che non dipenda da un originale latino.
Allo sviluppo della cultura contribuirono alcuni religiosi famosi, che usarono soprattutto il latino: Beda, Alcuinus, Aelfric, Dunstan (c.910\988), Wulfstan che con il Sermone di Lupus agli Angli dà un quadro apocalittico dell'isola invasa dai danesi.

Vai a inizio pagina La regione tedesca

All'VIII secolo risale il Canto d'Ildebrando. Si tratta di un tardo e incompleto testo, di 68 versi allitterati scritti in antico alto-tedesco e rinvenuti in un codice dell'abazia di Fulda, che testimonia una produzione di cui non rimane altro, risalente almeno ad alcuni secoli prima, e provenienti dalle regioni tedesche. L'argomento (alcuni hanno ipotizzato una origine longobarda) è il duello tra Hildebrand e il figlio Adubrando, che si sfidano di fronte ai due eserciti, di Teodorico e di Odoacre.
Sono fonti romane e successive (Cesare, Tacito, Jordanes, Paolo Diacono) indirette che ci dicono della produzione, presso i popoli germani, di forme di poesia trasmesse per tradizione orale da generazione a generazione: canti di guerra, carmi encomiastici, preghiere, formule magiche. Il "Canto d'Ildebrando" è un esempio dei temi (il dovere militare anteposto agli affetti familiari), delle strutture (versi basati sull'allitterazione e non sulla rima), e dei toni (severa epicità ) di questa letteratura.

Vai a inizio pagina A partire dell'età carolingia, l'europa centro-settentrionale è sottomessa ed entra nell'orbita della cultura e dell'organizzazione della chiesa cattolica. Si rese necessario tradurre o parafrasare in antico alto-tedesco i testi cristiani. Fu istituita una fitta rete di monasteri: San Gallo, Reichenau, Fulda. A essi si devono opere come la Preghiera di Wessbrunn, il Muspilli, la Genesi, l'Heliand e il Libro dei vangeli di Otfried von Weissenburg, primo componimento poetico tedesco in rima.
Il "Muspilli" (Incendio del mondo) è un poemetto in antico alto-tedesco, redatto all'inizio del IX secolo in ambiente ecclesiastico, pervenutoci frammentario in un manoscritto latino di Ratisbona. Composto per lo più in versi allitterati, ha per tema il destino umano dopo la morte: angeli e diavoli combattono per il possesso dell'anima, Elia lotta con l'Anticristo e il mondo è distrutto dalle fiamme. Il poemetto ha intenti teologici, con parti descrittive di intensa drammaticità .
L'"Heliand" (Il Salvatore) è un poema in sassone antico, risalente al IX secolo, libera narrazione in 5983 versi allitterati, della vita di Cristo interpretata secondo una concezione guerriera e feudale, tipica della società germanica del tempo: Cristo è il re, "principe di tutti i popoli", e i suoi discepoli sono i suoi eroici e fedeli guerrieri. L'autore, ignoto, fu probabilmente un ecclesiastico che si proponeva di consolidare la religione cristiana presso una popolazione ancora radicata nelle consuetudini pre- cristiane.

Vai a inizio pagina Lingue post-latine e post-greche

A partire almeno dal IX secolo, fino al XII, le iscrizioni runiche documentano, nell'estremo nord europeo, la fase di sviluppo culturale più antica. Purtroppo non è possibile valutazioni letterarie della cultura di quei popoli. Solo con il progressivo, e susseguente contatto con le popolazioni di civiltà latina, nei secoli seguenti, qualcosa di quell'antica cultura è riuscita a trapassare fino a noi.
Resta comunque un fatto centrale che l'europa attraversata dalla crisi seguita alla dissoluzione dell'impero romano mentre da una parte tenta in vario modo di ricompattare una unità spirituale e/o politica (la funzione della chiesa cattolica, l'impero carolingio ecc.) dall'altra quegli stessi tentativi producono nuove lacerazioni (la spaccatura tra la chiesa occidentale e quella orientale, le rivalità tra i signori locali). Il tessuto sociale e culturale è profondamente scosso. Le stesse autorità centrali debbono alla fine venire a patti con le nuove realtà . Sono sintomatici da questo punto di vista due avvenimenti accaduti nel IX secolo: il concilio di Tours e il giuramento di Strasburgo. Essi rappresentano due tappe dello sviluppo delle lingue post- latine all'interno dell'ufficialità delle istituzioni.
Nell'813 il concilio di Tours individua l'esistenza di due «vulgari», cioè di due lingue diverse da quella ufficiale (il latino) ma largamente diffuse e parlate dalle comunità : il tedesco e la «rustica romana lingua» cioè il linguaggio ormai parlato diffusamente nell'europa ex-romana e diffusa tra i vari ceti. L'importanza di questo documento deriva dalla sede ufficiale da cui proviene. La chiesa cristiana occidentale ufficializzava la necessità d'uso di una lingua non tradizionale per la predicazione, cioè per la diffusione del messaggio cristiano. In altre parole, la realtà del mutamento linguistico (e dunque anche culturale) avvenuto, non era più ignorabile dalle istituzioni. Alla metà del IX secolo è il secondo documento che testimonia lo spazio ormai conquistatosi dalle lingue post-latine. Il documento proviene dagli ambienti politici: sono i "giuramenti" di Strasburgo dell'842: i due condottieri, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico sottoscrivono un patto di alleanza scritto davanti ai rispettivi eserciti che debbono approvarlo per acclamazione: i testi del giuramento sono pronunciati in due lingue diverse dal latino, al fine di essere comprese da tutti giacché il latino non è più comprensibile.
Vai a inizio pagina Scheda: origini delle lingue post-latine: primi documenti in volgare italiano
Vai a inizio pagina Ma non è solo l'occidente a essere interessato dal fenomeno delle lingue post-latine. Anche in oriente si verifica lo stesso fenomeno, con le lingue slave la cui area di penetrazione soppianta quella greco-bizantina. Al IX secolo risale la "missione" di Cirillo (Kürillos pseudonimo di Kostantinos, 827\869) e Metodio (Methodios, c.815\885): la loro opera presso le popolazioni slave (soprattutto nella Moravia) fu operazione religiosa che ebbe una grossa ripercussione culturale.
I due erano nobili greci, figli del magistrato Leone, legato alla corte di Bisanzio; alla morte del padre, protetti dal cancelliere imperiale Teoctisto, Metodio divenne amministratore di una delle province della Macedonia mentre Costantino, educato insieme al minorenne imperatore Michele III, divenne sacerdote e bibliotecario patriarcale. Nell'855 Barda, zio di Michele, ucciso Teoctisto, fece rinchiudere in convento l'imperatrice madre Teodora; i due fratelli si ritirarono in un monastero a Olimpo di Bitinia. Nell'860 furono inviati dall'imperatore presso i pagani Cazari, dislocati tra il Caucaso e il Don, per convertirli; essi riuscirono nell'operazione politica-religiosa di avvicinarli a Bisanzio. Nell'863 furono inviati a predicare in Moravia. Qui Cirillo (il nome preso da Costantino monaco) iniziò la traduzione della Sacra Scrittura, continuata poi da Metodio.
Accusati d'eresia, passarono a Roma latori delle reliquie di san Clemente; Adriano II, allora papa, nell'867 approvò l'uso, da essi sostenuto, del paleoslavo nella liturgia. Cirillo morì a Roma. Metodio, nominato vescovo di Sirmio, continuò l'opera in Moravia organizzandovi una gerarchia ecclesiastica semi-autonoma, che finì con l'affermarsi nonostante l'opposizione del clero tedesco.
La loro opera incise sulla cultura dei popoli slavi, che da allora entrarono nell'orbita religiosa cristiana; l'uso del paleoslavo (basato su parlate bulgaro- macedoni) nella liturgia facilitò la penetrazione ecclesiastica, e diede alle popolazioni slave la possibilità di un modello linguistico e culturale più vicino a essi, rispetto al latino o al greco. Ai due operatori religiosi greci si deve poi l'introduzione dell'alfabeto cirillico presso gli slavi, base dell'alfabetizzazione nei secoli seguenti di quelle popolazioni.
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