Storia della letteratura europea - Torna in homepageArea inglese nel XVIII secolo


Area inglese nel XVIII secolo


L'Inghilterra tra il 1760 e il 1830 è interessata da quella che gli studiosi successivi hanno definito "rivoluzione industriale". Fu un fenomeno complesso, non subitaneo, possibile per il convergere di fattori diversi. Da questo processo l'Inghilterra emergerà non solo come potenza economica e politica ma anche come centro di diffusione di un nuovo modo di organizzare il vivere sociale. Nel quadro dei modelli sociali presentati dai vari paesi europei affacciati al dominio planetario, il modello inglese sarà quello 'vincente', soprattutto nel XIX secolo. E' un modello che non nasce dall'oggi al domani, e soprattutto un modello che va costruendosi e mutandosi nel tempo, adeguandosi di volta in volta al mutare delle esigenze.
Il processo che portò l'Inghilterra a costruire la propria civiltà industriale e borghese, "rivoluzionario" dal punto di vista della produzione ed economico rispetto allo stadio raggiunto dagli altri paesi europei all'inizio del XIX secolo, fu il risultato di una serie di innovazioni che ebbero il tempo di stratificarsi, di accumularsi, di essere assorbite, 'conquistate' durevolmente nell'arco di diverse generazioni. Le innovazioni tecnologiche si introdussero all'inizio lentamente, in settori ristretti, determinando tassi di crescita modesti (rispetto ai tassi che si verificheranno nelle economie del secolo successivo). Alcune delle invenzioni più importanti furono importate dalla Cina e dal continente europeo, ma furono adattate e sottoposti e continui miglioramenti. L'atteggiamento culturale pragmatico proveniente dalla derivazione borghese del ceto dei ricercatori tecnici e mercanti favorì questo processo. Lo sviluppo delle industrie fu sostenuto dalla politica dello Stato e dall'esistenza di un mercato di capitali sufficiente. Le prime imprese britanniche poterono usare per i propri investimenti sia i fondi autoprodotti che i prestiti di amici e parenti (il sostegno della propria classe), che soprattutto il credito bancario sostenuto da flussi internazionali di capitali raccolti attraverso la City di London, con tassi di interesse particolarmente bassi nonostante il rastrellamento di risparmio privato effettuato dallo Stato periodicamente per sostenere le elevate spese militari. Le periodiche guerre sostenute dall'Inghilterra servirono da volano per l'industria, e non furono solo uno spreco di risorse come invece accadde per altri paesi. Lo Stato britannico svolse un ruolo di supporto fondamentale all'industria: assicurando diritti di proprietà meglio definiti, maggiore stabilità politica e sicurezza alla proprietà dei ceti borghesi, maggiore tolleranza alle idee non ortodosse e decentramento amministrativo, e dotandosi di una struttura fiscale più moderna anche se più onerosa, appoggiò l'innovazione tecnica eliminando leggi obsolete. In questo furono operate delle scelte, che significarono sacrifici per alcuni a scapito di altri: i ceti popolari furono i sacrificati di questo processo, ma lo stesso avveniva negli altri paesi le cui risorse furono impiegate dalle classi aristocratiche e feudali per impedire lo sviluppo. L'Inghilterra fu l'unica nazione a dotarsi di «Poor Laws», leggi che obbligavano i comuni a finanziare sussidi per i poveri. Ciò non servì solo a abbassare il tasso di ribellione e instabilità politica sociale, ma aumentò la mobilità e la propensione al rischio da parte di una popolazione che sapeva di poter sopravvivere anche a temporanei periodi di avversa fortuna. Un altro ruolo in questo processo ebbe la trasformazione che la produzione agricola subì . Essa fu alla base della 'rivoluzione' industriale tanto che si è parlato di 'rivoluzione agricola': nel 1760-1830 i tassi di crescita della produttività agricola furono superiori a quelli provenienti dall'industria. Un risultato dovuto a effetti di prezzo, e in parte alla migliore organizzazione delle colture (tramite le 'enclosures', le recinzioni ecc.), e che fa capo a un processo iniziato già nella prima parte del XVIII secolo.


Nella vasta produzione saggistica del tempo, testimonianza di ambienti culturali in fermentazione e estremamente diversificati, un posto centrale occupa, in prospettiva storica, l'opera di Adam Smith (1723\1790), scozzese, autore dei cinque libri della "Ricerca sulla natura e causa della ricchezza delle nazioni" (An Inquire into the Nature and Causes of the Wealth of Nations) con cui si inizia il liberalismo e gli studi moderni dell'economia. Il suo saggio è qualcosa più che un manuale pratico sul commercio, l'industria, la ricchezza ecc.: il tema è la lotta per la libertà individuale e la prosperità generale nella storia, nell'ambito di una prospettiva che è parte della ricchezza del movimento illuminista europeo. Con excursus di carattere fantastico che ricostruiscono la storia da prospettive inedite. Si legga il terzo libro, dedicato alla nascita del capitalismo dopo la caduta dell'Impero romano. Ma anche con l'insieme delle osservazioni psicologiche, i moniti, le massime sulla natura umana, che compongono il realismo su basi non moralistiche. Così l'enunciazione del principio (libro I, cap.5) secondo cui «il valore reale di ogni cosa per l'uomo che l'ha acquistata è la fatica o il fastidio che essa può risparmiare a lui stesso e può imporre ad altri [...]. Sebbene quantità uguali di lavoro siano sempre di ugual valore per chi lavora, tuttavia per la persona che lo impiega esse sembrano a volte maggiore e a volte di minor valore». E ancora: «dovunque vi sia grande proprietà , lì vi è grande ineguaglianza. Per un uomo molto ricco, devono esserci almeno 500 poveri [...]. Perciò è solo sotto la protezione delle autorità civili che egli può dormire sicuro una sola notte. Là dove non vi fosse proprietà , il governo civile non sarebbe così necessario» (I, 5). Se Machiavelli sarà letto per eliminare il moralismo dall'agire politico, Smith servirà nella stessa prospettiva in campo economico.


In Inghilterra il conflitto tra cultura aristocratica-rinascimentale in agonia e cultura borghese è alla base della produzione letteraria sotto la regina Anna. Nella seconda metà del secolo forti tensioni saranno date dallo svilupparsi della prima rivoluzione industriale, dall'emergere del proletariato, dalle guerre mercantilistiche, dalle rivoluzioni americana e francese. I maggiori esponenti della cultura aristocratica sono due grandi autori satirici: Pope e Swift. Alexandre Pope dall'elogio del mondo newtoniano passa alla pittura ironica e nostalgica dell'aristocratica, minacciata dalla supremazia del denaro, fino alla denunzia apocalittica del presente dominato dalla stupidità . Jonathan Swift , irlandese, con la misura della ragione di stampo umanistico condanna l'irrazionale in cui la società contemporanea è caduta.


Lo Scriblerus Club

Swift non è il solo che esprima attraverso la satira e la parodia il disagio e la critica per l'esistente, anche se il maggiore. Ricordiamo John Gay e John Arbuthnot : entrambi fecero parte dello Scriblerus Club, il circolo letterario di ispirazione tory, di cui nel biennio 1713-1714 fecero parte Pope, Swift, T. Parnell, il conte di Oxford.


La cultura borghese si appropria del teatro, della narrativa in versi, ma dà i migliori frutti nel romanzo: all'inizio protestante e popolaresco con Daniel Defoe e Samuel Richardson , esploratori del quotidiano e del domestico; poi elaborato e dilatato in temi e forme nuovi con Henry Fielding , Tobias Smollett , Laurence Sterne .


Giornalismo e cultura: The Spectator

Tra aristocrazia e borghesia si pone il saggio giornalistico (famoso è «The Spectator»), con due nuovi tipi di intellettuali come Joseph Addison e Richard Steele , che si pongono in funzione di educatori della borghesia, cui propongono come ideale quello del gentleman illuminato, pieno di buonsenso, di civile misura e cultura classico-cristiana, con una ottimistica visione del presente.
«The Spectator» fu fondato da Steele e Addison nel marzo 1711, e pubblicato fino alla fine del 1712. Nel 1714 ne venne ripresa per sei mesi la pubblicazione a cura del solo Addison. Il periodico si rivolgeva alla nuova classe media puritana, il suo programma era la riforma dei costumi e la divulgazione di princì pi etici e filosofici attraverso saggi di argomento letterario, morale e di costume. Il tono garbatamente ironico, lo stile colloquiale e elegante, le sorridenti esemplificazioni dei difetti umani contribuivano a porgere in modo gradevole il messaggio didascalico. Prototipo del giornalismo letterario inglese, il periodico ebbe grande successo anche sul continente europeo.
L'ideale di uomo identico sotto ogni latitudine, nei sentimenti e nelle passioni, anima la letteratura di viaggio (Addison, Smollett, Sterne ecc.) nata dalla necessità educativa di far svolgere il "grand tour" continentale ai futuri membri della classe dirigente.


Steele e Addison preludono alla figura del letterato che rinuncia alla sicurezza servile per una indipendenza solitaria e incerta. Prototipo ne è Samuel Johnson (1709\1784), vero dittatore letterario della sua epoca, creatore di un sistema liberale di valori etici-estetici, portatore di uno scetticismo pigro e lucido, con un fondo di pessimismo e religiosità .


Il romanzo inglese nel secondo XVIII secolo

Con Johnson, insieme a David Hume (1711\1776) e allo storico razionalista e laico Edward Gibbon (1737\1794), l'autore della "Storia della decadenza e caduta dell'impero romano" (History of the decline and fall of the Roman empire, 1776-1788, sei volumi), che individua nel cristianesimo il principale elemento disgregativo della struttura imperiale romana, siamo nell'ambito dell'illuminismo maturo.
Il romanzo, veicolo di una visione alto-borghese, diventa forma classica con Jane Austen in età ormai romanticista, dopo la disgregazione operata da Sterne. Alla narrativa in versi si dedicano George Crabbe , e Oliver Goldsmith .


L'autonomia delle regioni americane di lingua inglese.

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