Italia1890-1917
Italia nel Primo Novecento: 1890-1917
Tra
il 1894 e il 1898 l'Italia fu attraversata da una grave crisi
economica e sociale: sono gli anni del tentativo coloniali sta
in Africa con la sconfitta militare in Etiopia, gli scandali bancari,
i "moti per il pane" e la repressione a cannonate.
E' una crisi da cui bene o male la società italica riesce
a uscirne, ma senza che le contraddizioni interne vengano risolte
o anche solo affrontate. Milano è il centro culturale maggiore,
con le sue aziende editoriali e i suoi centri di ritrovo: caffè,
salotti ma anche librerie (come quella di Ulrico Hoepli). Aumenta
il pubblico e si diversifica: quello femminile, quello dell'infanzia.
Si traducono le opere scritte in europa, soprattutto in Francia
Inghilterra Germania. Si cerca di andare incontro a un pubblico
curioso, che vuole crescere culturalmente. Così Hoepli
pubblica Andersen, e la monumentale "Storia dell'arte italiana"
di Adolfo Venturi (a partire dal 1901), mentre continua la serie
dei suoi "Manuali" tecnico-scientifici. Treves continua la pubblicazione
della sua letteratura per la piccola borghesia in formazione.
Il teatro è dominato dal teatro borghese, con una tendenza
all'evasione (il teatro di varietà: si veda uno showman
come Leopoldo Fregoli).
Il
realismo
In Italia il proseguimento della produzione letteraria realista
regionale, è avvertibile in poeti come Cesare
Pascarella e Salvatore Di Giacomo.
La ricerca del comico-umoristico è in Trilussa.
Sulla linea di un realismo più vicino al modello di Verga è
Grazia Deledda. Mentre in pieno sulla
linea di realismo più problematico si pongono le opere narrative
di Pirandello che dopo la guerra orienterà la sua produzione
verso il teatro, divenendo uno dei maggiori autori europei del
secolo. Il realismo ha risvolti sentimentali e patetici nel resto
della produzione dei minori del periodo; in quest'ambito è
da collocarsi un autore come Dario Niccodemi,
che ebbe un ruolo nella formazione di un teatro italico. Alla
bonomia bolognese fa riferimento Alfredo
Testoni per il suo teatro.
Con Alfredo Oriani il superamento
del verismo avviene attraverso il nazionalismo acceso e il nietzscheianismo,
ciò per cui sarà letto quale precursore di alcune
istanze del fascismo italico.
L'estetismo
Opera di sprovincializzazione, ma anche a soddisfazione dei bisogni
velleitaristici della borghesia italica del tempo, compie Gabriele
D'Annunzio (1863\1938), la cui influenza è molto forte
sui poeti contemporanei specie prima e dopo la prima guerra europea
del secolo. Tra Carducci e D'Annunzio il giornalista Edoardo
Scarfoglio. Tratto d'unione tra D'Annunzio e l'attivismo febrile
dei futuristi può essere considerato un "vitalista" come
Papini.
Gli
antidannunziani
In posizione antidannunziana e meno clamorosa, le scelte linguistiche
di Giovanni Pascoli (1855\1912), di
Guido Gozzano (1883\1916), e del gruppo
dei crepuscolari.
Il
crepuscolarismo
All'inizio del XX secolo a parte i furori futuristi e gli estetismi
dei dannunziani, si diffonde una nuova tendenza poetica. E' quella
del crepuscolarismo. Influenzati dal post-simbolismo francese,
attenti alle realtà più quotidiane e malinconiche, si tratta
di un gruppo di giovani poeti: Guido Gozzano,
Sergio Corazzini, Corrado Govoni ,
Fausto M. Martini, il giovane Marino Moretti. Il primo a parlare
di «poesia crepuscolare» fu nel 1910 il critico *G.A. Borgese.
I poeti crepuscolari non hanno mai creato una scuola e neppure
un movimento: li si etichetta as sieme sulla base della comune
collocazione antidannunziana e post-pascoliana.
All'immaginifico inventario dei lussuosi oggetti dannunziani e
alla precisa definizione dell'oggetto rustico di Pascoli, succede
in essi un più frusto armamentario fatto di «buone cose di pessimo
gusto» (Gozzano), di provinciali avversioni alle retoriche im
peranti, di ripiegamenti intimistici verso interni antiquati e
polverosi. Se si vuole, essi sono in risonanza più con il "fanciullino"
di Pascoli, e con il D'Annunzio del "Poema paradisiaco", e, in
sottordine, con alcuni poeti francesi, soprattutto Laforgue, Rodenbach,
Maeterlinck, Jammes. I crepuscolari rinunciano sistematicamente
ai toni alti, nella sfiducia istintiva per tutti gli ideali filosofici
o religiosi, politici o scientifici: un universo di valori cui
essi contrappongono una inquietudine nostalgica, una sincera ma
esile malinconia. I poeti migliori, come Gozzano, correggono il
tutto con una ironia, semplice e malinconia, verso il reale e
la storia.
Anche dal punto di vista stilistico la poesia crepuscolare si
pone come momento di trapasso tra la struttura articolata dei
poeti di fine XIX secolo e la disintegrazione metrica operata
da Marinetti e Ungaretti. La materia crepuscolare viene esplicitata
discorsivamente (vedi i "Colloqui" di Gozzano). Alle strutture
metriche sono asportate intere sillabe, il tono si abbassa, il
linguaggio si adegua al peso della quotidianità che però
in questo modo si riscatta in una dimensione più autentica, letteraria,
drammatica. Essi rappresentano la silenziosa maggioranza piccolo-borghese
dell'Italia umbertina, che sarà eliminata dalla prima guerra
mondiale: dopo il conflitto del crepuscolarismo non resteranno
che relitti. Mentre i poeti sopravvissuti convergeranno verso
altre esperienze, e i moduli crepuscolari saranno ripresi e rigenerati
all'interno della poesia dei maggiori poeti successivi (Ungaretti,
Montale, Saba).
Classicismo
La lezione di Carducci ebbe una notevole influenza. In realtà
il classicismo che si interpreta in quegli anni è un classicismo
decadentista, di derivazione romantica.
Tra gli autori che risentono di questo clima è Vittoria
Aganoor.
Produzione
per l'infanzia
Alla produzione per l'infanzia rimanda Luigi
Bertelli con il suo "Giornalino di Gian Burrasca".
Produzione
saggistica italiana
E' un periodo di notevole vivacità culturale, soprattutto
grazie al fenomeno delle riviste che svolgono un ruolo di diffusione
culturale e di battaglia tra gruppi. Tra le più vivaci, «Il Leonardo»,
«Lacerba» rivista fondata da Giovanni Papini
(1881\1956) e Ardengo Soffici
(1879\1964) con il gusto della provocazione futurista, «La Voce»
fondata (1908) da Giuseppe Prezzolini
(1882\1982) con la volontà di diffondere in Italia la filosofia
e l'arte più avanzate europee. Appassionata la volontà
di rinnovare la cultura italica in intellettuali come Carlo Michelstaedter
(1887\1910), P. Jahier (1884\1966), S. Slataper (1888\1915), G.
Boine (1887\1917), e nel finissimo Renato Serra (1884\1915). Il
tentativo prezzoliniano di fare de «La Voce» l'organismo unitario
dell'idealismo militante fallisce nel 1914.
In campo critico, per tutta la metà del secolo domina in
Italia la figura di Benedetto
Croce (1866\1952), a cui fanno riferimento le correnti liberiste
e idealistiche moderate italiche, mentre nel periodo tra le due
guerre, pur permanendo la sua centralità culturale, gli
intellettuali faranno riferimento anche a Giovanni Gentile (1875\1944)
e alle correnti socialiste e marxiste.
© Antenati - 1994-1997
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