Il 
              futurismo italiano prima del 1915 
            
             
             
               Il futurismo italiano prima del 1915 
               
               Alle avanguardie e al modernismo europeo 
                sono collegate le esperienze del futurismo, all'inizio con intenti 
                di mutamento. La loro è una volontà di rottura e 
                un dinamismo esasperato, più programmatica che effettiva. 
                Caposcuola ne è Filippo T. Marinetti 
                (1876\1944), ma vi aderiscono anche giovani intellettuali come 
                Aldo Palazzeschi (1885\1974) e Corrado Govoni (1884\1965) oltre 
                a una serie di chiassosi minori che si agitano tra il primo decennio 
                del XX secolo e il periodo immediatamente successivo al dopoguerra. 
                
                 
                 Il 20 febbraio 1909 sul «Figaro» è 
                pubblicato il primo Manifesto del futurismo. Autore ne 
                è Filippo Tommaso Marinetti . Vi si proclama come forme 
                di espressione del futurismo l'aggressività, la temerarietà, 
                il salto mortale, lo schiaffo, il pugno. Contro i valori tradizionali 
                si esalta il dinamismo della vita moderna, i miti della macchina 
                e della guerra, la violenza come affermazione di individualità. 
                Nel 1910 Marinetti con il Manifesto tecnico della letteratura 
                futurista indicò come specifico mezzo di espressione letteraria 
                le «parole in libertà», le sole in grado di tradurre per 
                analogia e suggestione i meccanismi psichici e la frenesia della 
                vita moderna: quindi abolizione della sintassi, della punteggiatura, 
                delle parti qualificative del discorso come aggettivi e avverbi, 
                ma anche la manipolazione dei caratteri di stampa, disposti in 
                maniere suggestive e inusitate. 
                 
                 Le nuove teorie vennero trasferite e adattate 
                in pittura con il Primo e Secondo Manifesto della pittura futurista 
                (1910) firmati da Balla, Boccioni, Carrà e Russolo. Alla 
                musica con il Manifesto dei musicisti futuristi (1910) firmato 
                da Pratella. Alla scultura con il Manifesto (1912) di Boccioni, 
                in cui si afferma che la scultura deve rendere l'infinito plastico 
                apparente e l'infinito plastico interiore. Al teatro con il Manifesto 
                del teatro futurista sintetico (1915) firmato da Marinetti e Settimelli, 
                e con il Manifesto della scenografia futurista firmato da Prampolini: 
                il primo raccomandava di sorprendere il pubblico con ogni mezzo, 
                per esempio con la concisione, riducendo le scene al tempo fulmineo 
                di pochi secondi, e persino con altre forme arti stiche non ancora 
                nate ma destinate a nascere in futuro. 
                 
                 E' tutta una congerie di programmi, che rivela 
                una esasperata proiezione verso il futuro: da un lato è 
                la volontà di rompere con la tradizione, dall'altro una 
                certa incapacità di attuarsi in forme meno ipotetiche e 
                più attuali. Uno degli aspetti più visto si del 
                futurismo fu il velleitarismo, che si maschera da trionfa lismo 
                per reagire al mito della sconfitta proprio del romantici smo 
                decadentista. I futuristi coltivarono il mito della vittoria: 
                vittorie magari fittizie, coronate non da una gloria solitaria 
                e aristocratica (come per D'Annunzio), ma dallo scandalo nei caffè, 
                nelle strade, nelle sale per conferenze. Era non solo un'azione 
                di provocazione nei confronti del pubblico, come sarà poi 
                per quelle che verranno dette "avanguardie" novecentesche (di 
                cui il futurismo fu tra i primi movimenti). Era un movimento di 
                tipo romanticistico, capace di un grosso appeal tra le giovani 
                generazioni. L'arte veniva vissuta intensamente, senza distinzioni 
                rispetto alla propria vita; l'arte, divenuta ideologia, diventava 
                azione: le elaborazioni teoriche sull'arte-per-l'arte, le suggestioni 
                provenienti dal vitalismo ecc. venivano attuate dai futuristi 
                nelle forme della violenza dell'arte, necessità di un movimento 
                ribellista, pugnace, capace di abbattere con la forza il 'vecchio 
                ordine'. Per la difesa delle proprie idee si arrivava alla mani. 
                Esemplare da questo punto di vistal'episodio accaduto nel 1910 
                a Milano, al caffè Giubbe Rosse: l'esibizione di una banda 
                militare, l'annuncio dei risultati di una piccola lotteria, Ardengo 
                Soffici verifica i numeri dei biglietti acquistati quando gli 
                si avvicina un uomo che gli chiede se è proprio lui Soffici. 
                Neppure il tempo di rispondere che l'uomo (il pittore Boccioni) 
                lo colpisce con un pugno. Boccioni era stato ridicolizzato in 
                un articolo della «Voce» proprio da Soffici, per l'Esposizione 
                futurista di Milano. Comincia la zuffa - insieme a Boccioni è 
                anche Marinetti e altri futuristi. Il pubblico che scappa terrorizzato, 
                distruzione dei locali e accompagnamento dei zuffanti al commissariato. 
                Nei ricordi di Soffici, fu questo il primo incontro tra il gruppo 
                dei futuristi milanesi e quello fiorentino della «Voce» (i due 
                gruppi poi collaboreranno fraternamente). Il clima che si viveva 
                all'interno di questi gruppi era comunque questo.  
                 
                 Il futurismo fu una scuola di polemica e 
                di morale. Usò con efficacia la tecnica pubblicitaria immettendola 
                di colpo nell'espressione artistica, con scopi prevalentemente 
                pedagogici. Ciò non impedì, all'inizio della guerra 
                e poi nel dopoguerra, di trasformare i temi iniziali e costitutivi 
                della macchina, della velocità, della tecnica, in esaltazione 
                della violenza, dell'imperialismo, della guerra «igiene del mondo» 
                e, con Marinetti , del fascismo. Nell'ambito letterario il futurismo 
                italiano ebbe i maggiori esponenti oltre che in Marinetti, in 
                Palazzeschi , Govoni, Soffici. Ma i risultati più importanti 
                furono raggiunti nel campo dell'arte figurativa con l'introduzione, 
                soprattutto ad opera di Boccioni, di un nuovo senso dello spazio 
                che ebbe conseguenze di rilievo sulla contemporanea e successiva 
                avanguardia europea: cubismo, dadaismo, surrealismo. 
               
              
               
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