Guido 
              Gozzano 
            
             
             
              Guido Gozzano 
               
               Nato a Torino nel 1883, abitò quasi sempre 
                a Torino, fino alla morte per tubercolosi nel 1916, malattia di 
                cui aveva avvertito i primi sintomi fin dal 1904. Iscrittosi alla 
                facoltà di giurisprudenza, non terminò mai gli studi, 
                preferendo frequentare i circo li letterari cittadini che gli 
                fecero conoscere alcuni esponenti dell'estetismo europeo, tra 
                cui Jammes, Maeterlinck, Verhaeren. Soggiornò spesso, anche 
                per curarsi, nell'antica villa di Aglié Canavese, 'Il Meleto', 
                e sulla riviera ligure. Nel dicembre 1912 fino al febbraio 1913 
                fece un viaggio in India e a Ceylon che raccontò in una 
                serie di articoli sulla «Stampa», poi raccolti postumi nel 1917, 
                e nel volume Verso la cuna del mondo . 
                 
                Nel 1907 pubblicò la sua prima raccolta di versi, La via 
                del rifugio , che gli diede subito successo di pubblico e di critica. 
                La sua poetica si definì in termini più precisi 
                e originali nei Colloqui , una raccolta del 1911 che contiene 
                alcuni dei suoi com ponimenti più noti, come il poemetto 
                La signorina Felicita . Di minor valore i volumi di racconti e 
                di fiabe: I tre talismani (1914), e i postumi La principessa si 
                sposa (1917), L'alta re del passato (1918), L'ultima traccia (1919). 
                Incompiuto è ri masto il poemetto entomologico Le farfalle 
                . Interessante sul pia no documentario biografico il carteggio 
                (raccolto nelle Lettere d'amore , 1951) con Amalia Guglielminetti, 
                con cui Gozzano ebbe una inquieta relazione. 
                 
                Concentrata attorno alle due raccolte di versi, la sperimentazione 
                poetica di Gozzano occupa un posto centrale nella letteratura 
                non certo esaltante del periodo (secondo il gusto odierno). Esempio 
                di "dannunzianesimo rientrato" (*Sanguineti), Gozzano ma nipola 
                in senso manieristico il linguaggio, riportandolo a un pa tetismo 
                borghese, ingenuo e provinciale, criticamente realistico, e soprattutto 
                capace di uno straniamento ironico rispetto al "sublime" poetico 
                proclamato dal 'canto' dannunziano. Recuperando la lezione pascoliana, 
                distanziandosi dal liberty e dal simbolismo, rinnova lo status 
                stesso della poesia evidenziando la collocazione equivoca del 
                poeta nella cultura e nella società contemporanea. Sul 
                piano stilistico è la capacità di un registro depurato 
                dall'enfasi, riproponendo un rapporto sentimentale non declamato 
                con la realtà. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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