Lo"Spazio
letterario" di Maurice Blanchot: percorso di lettura e interpretazione,
di Attilio Viena
12. La verità nomade della parola
letteraria
La parola della letteratura sembra disgregare ogni certezza,
ogni punto fermo. Anche questa parola, tuttavia, ha una
sua verità: una verità nomade, come quella
che Blanchot attribuisce al pensiero e all'essere ebrei.
Nel chiedersi se esista una certezza nell'ebraismo, l'autore
la individua nell'idea di esilio come giusto movimento,
nella ricerca di un rapporto con l'Altro, con ciò
che sembra escludere ogni rapporto.
La letteratura, allo stesso modo, risponde al richiamo di
una verità mobile, che non è possesso stabile,
ma tentativo di risposta a ciò che è altro
rispetto a questo valore. La parola letteraria è
pertanto errante, parola in esilio: scrivere significa sperimentare
l'esilio, fare dell'esilio una forma di residenza.
L'essenza della letteratura sta nello sfuggire ad ogni determinazione
che la fissi o la realizzi: ecco perché la letteratura
e l'opera sono sempre da ritrovare, sempre "a venire":
l'opera è promessa dell'opera, rinvio all'opera.
Chi scrive cerca, e continua a scrivere perché non
trova. Questo è forse il messaggio più autentico
che Blanchot ci consegna. E la sua scrittura vuole essere
proprio ricerca, esercizio.
Esiste, però, anche un'altra faccia della scrittura:
quella del diario. Il diario rappresenta per lo scrittore
la volontà di non perdersi del tutto nello spazio
letterario. Vivendo la trasformazione inquietante in una
voce neutra, lo scrittore tenta di preservarsene fissando
le tappe di un percorso vitale, parallelo a quello moribondo
della parola letteraria. Quest'ultima è errante,
la parola del diario vuole essere invece immobile, datata
e rassicurata dal "qui e adesso". Il diario testimonia
la consapevolezza del pericolo; e lo scrittore vuole salvarsi
proprio attraverso la scrittura, attraverso l'uso non letterario
della scrittura. Può essere questa la salvezza nel
mondo? Blanchot non risponde in modo esplicito. In questo
silenzio, leggo personalmente un paragone: come l'opera
è ricerca dell'opera, così il diario è
ricerca della vita, non è vita vera.
Quale salvezza, allora, per lo scrittore? Nessuna salvezza,
solo l'illusione della salvezza, solo la scrittura.
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