5. Le due versioni dell'immaginario: padronanza
e fascinazione
Padronanza e fascinazione costituiscono le due versioni
dell'immaginario (20). Per padronanza l'autore intende la
capacità di ricondurre l'immagine al reale, ossia
di ricucire i legami tra il mondo ed il fuori recisi dal
manifestarsi stesso dell'immagine. La padronanza esercita
un potere catartico nei confronti del neutro di cui l'immagine
è manifestazione. L'immagine, tuttavia, contiene
un'irresistibile forza ammaliante, di cui la fascinazione
è l'espressione più significativa. L'autore
definisce la fascinazione come passione dell'immagine e
fedeltà all'immagine stessa; se ne deduce che proprio
la fascinazione rappresenta l'autentica versione dell'immaginario.
Blanchot individua in Ulisse e in Orfeo gli emblemi, rispettivamente,
della padronanza e della fascinazione. Il ricorso a questi
riferimenti mitologici è una chiara dimostrazione
di quanto si sottolineava in precedenza a proposito dei
limiti del procedimento razionale. Il mito soccorre il logos,
laddove la forza del logos non riesce ad essere pienamente
efficace. Ne Il libro a venire l'autore analizza il celebre
episodio dell'incontro di Ulisse con le sirene, narrato
nel libro XII dell'Odissea. Il canto delle sirene è
un esempio emblematico della fascinazione esercitata dall'immagine.
Tale canto ha una natura ambigua: "…c'era qualcosa
di meraviglioso in questo canto reale, canto dell'abisso…"
(22). Del reale ha l'espressione fenomenica, che consente
di intenderlo a chi lo ode; dell'abisso ha l'essenza fascinatrice
e seducente. Il canto delle sirene si pone come via al vero
canto, ossia conduce alle proprie origini; ma qui, stranamente,
il canto svanisce. Esso, dunque, porta chi vi si affida
all'assenza, al silenzio.
Considerazione analoga vale per l'opera letteraria: l'essenza
dell'opera, infatti, resta incomunicabile e la sua origine
consiste nel vuoto. Su questo tema si avrà modo di
tornare ampiamente in seguito; basti qui notare il valore
emblematico di un canto che conduce al non - canto. Nella
riflessione di Blanchot, Ulisse incarna la padronanza ed
il successo nei confronti dell'immagine.
Il condottiero greco riesce ad avere ragione del canto e
a fare delle sirene uno spettacolo del quale godere. Si
tratta di una vittoria logica, astuta, ma al contempo vile
e mediocre, perfettamente adatta a un greco della decadenza.
La beata e sicura vigliaccheria di Ulisse costituisce risorsa
peculiare ed esclusiva del capo. L'appartenenza all'élite
giustifica il ricorso, da parte dell'eroe greco, a uno stratagemma
semplice ed efficace, che lo preserva dalle conseguenze
della fascinazione.
Inoltre, la disperazione delle sirene di fronte all'imperturbabilità
di Ulisse le trasforma, per una volta, in bellezze reali.
Ciò significa che l'immagine, guardata come fosse
un oggetto reale, perde il suo caratteristico fascino. L'astuzia
di Ulisse consiste pertanto nel negare l'immagine come tale
per affermarla come realtà. Egli non domina l'immagine,
ma semplicemente la trasforma rendendola innocua. Tuttavia,
a sua insaputa e suo malgrado, neppure Ulisse sfugge alla
fascinazione. Le sirene, infatti, benché sconfitte,
"nascoste dentro l'Odissea impegnarono Ulisse in quella
navigazione che è il racconto" (23).
Il successo apparente del condottiero greco rende possibile
l'esplicarsi dell'opera ossia, in termini blanchotiani,
rappresenta il giorno dell'opera. Ma nella notte dell'opera,
nell'ispirazione, la navigazione di Ulisse - Omero è
infinita come la fascinazione. Proprio perché infinita,
la fascinazione implica necessariamente un patire; l'immagine,
infatti, si pone come inaccessibile e insieme come ciò
che attira senza fine. E quel che l'immaginario impone ed
esige consiste precisamente nell'inappagabilità del
desiderio di chi viene attirato dall'immagine. La fascinazione
è una relazione neutra e impersonale che si instaura
tra l'immagine e il soggetto; l'agire dell'affascinato è
perciò un agire impersonale, privo di agente: un
agire assoluto.
L'autore stesso sottolinea di frequente la connessione esistente
tra fascinazione e presenza neutra di un "si"
indeterminato, impersonale: lo scorrere continuo del linguaggio.
Note
20) Cfr. SL, pp. 222 - 231.
21) Cfr. LV, pp. 5 - 17.
22) LV, p. 13.
23) LV, pp. 14 - 15.
Contesto
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