2. Lo spazio letterario ed il mondo
Nonostante la comune adesione alla solitudine essenziale,
autore e lettore appartengono, rispettivamente, alla "notte"
e al "giorno", ossia allo spazio letterario e
al mondo.
Blanchot tematizza queste due polarità contrapposte,
soffermandosi in particolare sul motivo della notte, strettamente
connesso all'origine dell'opera letteraria. L'autore individua
due differenti aspetti della notte, che egli indica con
le espressioni "prima notte" ed "altra notte"
(4).
La prima notte rappresenta il riposo del quale il giorno
necessita per essere produttivo. Essa è accogliente:
chi vi accede riposa silenziosamente. L'altra notte, invece,
non accoglie, non si apre, è inafferrabile. O meglio,
non vi si può accedere restando ciò che si
è, ma soltanto perdendosi e diventando altro: "l'altra
notte è sempre l'altro, e chi la capisce diventa
l'altro, si allontana da se stesso" (5). L'altra notte
o l'essenza stessa della notte è in Blanchot metafora
dello spazio letterario. Blanchot sostiene che scrivere
è cosa notturna, è l'esperienza stessa della
notte. L'autore francese, in altri termini, individua nello
scrivere un carattere eminentemente notturno, ossia misterioso
e pericoloso a un tempo. Osserva giustamente T. Perlini
che lo scrittore è per Blanchot colui che va verso
la notte e la sfida per indurla ad aprirsi (6). Restando
con Perlini nella metafora si può quindi affermare
che il rapporto tra scrittore e notte è contemporaneamente
di intimità e conflittualità. L'essenza della
notte da un lato attira lo scrittore, ma dall'altro, ambiguamente,
lo respinge. La riflessione blanchotiana sulla scrittura
propone frequentemente il conflitto fra legge diurna ed
esigenza notturna dell'opera. La prima rappresenta la parola
d'ordine della coscienza, l'imperativo che impone il sonno
notturno quale necessità ineludibile per l'attività
diurna (7). L'esigenza dell'opera è trasgressione
di questa legge, di ogni legge che provenga dal giorno e
lo esprima. E lo scrittore è colui che viola questo
divieto; ma cosa si nasconde, cosa si annida nell'essenza
della notte di così avvincente da indurre lo scrittore
ad andarne in cerca, abbandonando le tranquille certezze
del giorno? Blanchot individua nell'essenza della notte
un mormorio indistinto e infinito, che con efficace espressione
egli denomina il "neutro".
Note
[4] Cfr. SL, p. 139: "Nella notte tutto è sparito.
E' la prima notte. Là si avvicinano il silenzio,
il riposo e la notte." Successivamente, sempre a p.
139 di SL, Blanchot aggiunge: "Ma quando tutto è
sparito nella notte, il tutto è sparito appare. E'
l'altra notte. La notte è apparizione del tutto è
sparito. La prima notte è accogliente. Ma l'altra
notte non accoglie, non si apre. Se ne è sempre fuori."
La creazione letteraria è indissolubilmente legata
alla notte. E l'ispirazione stessa appartiene alla notte,
al contrario della comunicazione, che è legata al
giorno. Ecco perché l'autore, secondo Blanchot, si
trova in una posizione ambigua. In M. BLANCHOT, Passi falsi,
trad. it. di E. Klersy Imberciadori, Milano, 1976, a p.
159, si legge: "L'autore ubbidisce alla notte, vuol
essere lui stesso notte e insieme continua ad affermare,
attraverso il linguaggio, la sua fedeltà al giorno.
Se l'autore si esprime nel linguaggio della comunicazione
chiara, è perché si è inoltrato nel
linguaggio dell'oscurità che rischia ad ogni istante
di togliergli la comunicazione di ogni cosa…"
[5] SL, p. 142. Cfr. inoltre SD, p. 67: "La prima
notte s'affaccenda ancora, notte che non rompe con il diurno…"
[6] Si veda T. Perlini, Maurice Blanchot: l'opera come
presenza - assenza, in M. BLANCHOT, Lautréamont e
Sade, trad. it. di M. Bianchi e R. Spinella, Bari, 1974,
pp. 5 - 57. Il saggio di Perlini esamina acutamente il rapporto
prima notte - altra notte, individuando in esso uno degli
aspetti salienti della nozione blanchotiana di spazio letterario.
Secondo Perlini, la prima notte si configura come una sorta
di difesa dalla seconda, che è inesorabilmente destinata
a restare altra.
[7] Cfr. SL, p. 232: "Dormire è un compito,
noi dormiamo in accordo alla legge generale che fa dipendere
la nostra attività diurna dal riposo delle nostre
notti."
E' da ricordare, ancorché non lo faccia Blanchot,
il motivo eracliteo del rapporto tra sonno e veglia. Nel
frammento B 89, Eraclito dice: "I desti hanno un solo
cosmo comune, ma ognuno dei dormienti si volge in un suo
proprio mondo." Tuttavia, il frammento B 21 afferma:
"Morte è tutto ciò che desti vediamo
e tutto ciò che dormienti vediamo è sonno."
Cfr. W. TOMMASI, Maurice Blanchot: la parola errante, Verona,
1984, p. 105. Il tema del neutro viene indagato in modo
particolare in II, nella terza ed ultima parte (pp. 380
- 576).
Contesto
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