La nascita di un genere di consumo: la fantascienza
La fantascienza (science fiction) nasce nell'ambito del
positivismo, e della cultura industrialista e tecnicista
europea. L'idea è che la tecnica renda possibile
il miglioramento della vita quotidiana e collettiva. Su
quest'idea di base, la fantascienza inizia a fantasticare
non solo attorno a società e città "del
futuro" più o meno prossimi, ma anche a profetizzare
i limiti di queste idee di progresso e di uso della tecnologia.
Sono presto individuati gli "antecedenti" del
genere: Luciano di Samosata (Icaromenippo, sec. II), persino
Keplero (Somnium, 1634), Cyrano
de Bergerac (Storia comica degli stati e imperi della
Luna, 1657), fino a Voltaire
(Micromégas, 1752) e Swift
(I viaggi di Gulliver, 1726).
A dare suggestioni e atmosfere tra l'horror e il noir, ci
pensano Mary Shelley (Frankenstein,
1817), e E.A. Poe.
Nella seconda metà dell'Ottocento, quando il genere
diventa di consumo, la fantascienza ha in Jules
Verne e in H.G. Wells
i maggiori esponenti. Verne è autore di romanzi pieni
di fiducia positivista nel proegresso scientifico. Wells interseca
problemi sociali e politici del suo tempo con gli effetti
non desiderati della ricerca scientifica: è tra gli
antesignani del filone anti-utopista della SF.
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sono
molti gli scrittori che si dedicano alla fantascienza, pubblicano
romanzi avveniristici o basati su un'ipotesi scientifica:
gli inglesi S. Butler (Erewhon,
1872) che sviluppa l'utopia negativa, Robert
L. Stevenson, M.P. Shiel, E. Bellamy (Guardando
indietro, 1888) che sviluppa l'utopia con venature
socialiste, H.R. Haggard,
sir Arthur Conan Doyle.
Tra i francesi: Villiers de l'Isle
Adam. Tra gli americani, il maggiore in questo periodo
è Jack London.
Contesto
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