Il
Cyberpunk nel cinema degli anni Novanta
Cybermovies
Canova afferma: "Da qualche tempo a questa parte...
l'avvento delle nuove tecnologie digitali e informatiche...
ha mutato in profondità la natura stessa del cinema:
che da macchina per la riproduzione del mondo è diventato
sempre più una macchina per la produzione di mondi
possibili" [9]. Il cinema, che per quasi un secolo
si è basato su procedimenti chimici fisici che consentono
di impressionare una pellicola e di ricreare sullo schermo
l'illusione ottica del movimento, e che ha sempre fornito
la certezza di rinviare ad un mondo reale improvvisamente
smarrisce la contiguità ontologica con il reale e
la sostituisce con un sorprendente algoritmo matematico.
Per Canova "appartengono... al cybermovie quei film
che non stanno mai del tutto né di qua (nel territorio
collaudato e cartografato della realtà e dell'immagine-impronta)
né di là (nei territori della virtualità
pura e di un 'sintetico' del tutto immemore di qualsivoglia
rapporto con la 'realtà'". E' un cinema che
nasconde immagini di sintesi, che ci spinge sempre a interrogarci
su ciò che vediamo sullo schermo e che è divenuto
il luogo del "dubbio metodico sui dogmi del visibile"
[10]; il cinema che è già oltre il passato
ma non riesce ancora a progettare un futuro. Proprio in
questa tensione verso il futuro e nella perdita della sua
immaginabilità, il cybermovie trova al tempo stesso
il suo limite e la sua grandezza. [11]
Note
9) http://www.mabuse.it/Cyberpunk.htm
10) Ibidem.
11) Ibidem.
Contesto
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