Storia della letteratura europea - Torna in homepageLa critica letteraria e la produzione estetica nella seconda metà del XX secolo


La critica letteraria e la produzione estetica nella seconda metà del XX secolo

La critica, sia essa analitica che propositiva, si esprime soprattutto tramite il 'saggio', nella forma di studio oppure di pamphlet. Il saggio librario è per tutto il XX secolo il mezzo più usato per esprimere opinioni in forma complessa, mentre ci si affida all'articolo di periodico (giornale o rivista) per esprimere in genere posizioni più immediate e parziali. Il libro continua a essere il mezzo di apprendimento della comunicazione universitaria e specialistica.
Mentre gli USA cominciano a assumere una funzione dominante nel campo della produzione saggistica occidentale anche se lentamente e moderatamente (e comunque soprattutto nel campo scientifico e tecnologico e molto parzialmente nel campo della saggistica letteraria: Wellek), in europa funzione di primo piano continua ad avere la Francia anche come cassa di risonanza di quello che si pubblica in URSS, Great Britain e Deutchland. E' dalla Francia che si diffondono 'mode' e metodologie che influenzano il campo letterario, dell'interpretazione e in parte della produzione letteraria: si pensi all'esistenzialismo e allo strutturalismo, ma anche a scienze come l'etnografia e l'etologia, la storiografia sociale («Annales»), ecc. Dalla Germania viene il nuovo impulso dell'ermeneutica, mentre in Italia si realizzano proficue commistioni tra i metodi (marxismo, sociologismo, strutturalismo, storicismo ecc.) che soprattutto negli anni '60 e '70 danno buoni risultati.

Saggistica francese

Alla produzione letteraria si affianca la produzione critica, impegnata dal dopoguerra, nello studio descrittivo dei meccanismi della creazione letteraria. In Francia la critica tematica (Albert Béguin, Marcel Raymond, Gaston Bachelard, Georges Poulet, Jean Pierre Richard, Jean Starobinski), quella sociologica (L. Goldmann 1913\1970), quella strutturalista e formalista (Roland Barthes, Gérard Genette, il gruppo di «Tel Quel», «Change», «Poétique»). Mentre grandi influenze hanno anche in letteratura e nella critica letteraria le analisi e gli studi antropologici e mitologici (Claude Lévi-Strauss, Roger Caillois, R. Guénon 1886\1951), e le suggestioni provenienti dalla critica del potere (Michel Foucault).

La 'nouvelle critique'

La 'nuova critica' francese iniziò negli anni '50 con la volontà di rinnovare l'attività critica sulla base di una nuova visione della letteratura. Iniziò con l'opera di Bataille, Barthes, Goldmann. Esplose con una polemica quando nel 1965 R. Picard, esponente del mondo universitario, sferrò un duro attacco contro le nuove tendenze in "Nuova critica o nuova impostura" (Nouvelle critique ou nouvelle imposture). Rispose Roland Barthes nel 1966 con "Critica e verità" (Critique et vérité). Successivamente intervennero J.P. Weber, S. Doubrowsky e altri. Al metodo tradizionale, storico-filologico-erudito (Lanson, Thibaudet), o impressionistico-psicologistico (Sainte-Beuve), la nuova critica opponeva la 'pluralità' dei livelli del testo e il diritto di esplorarne i sottofondi connotativi utilizzando i risultati delle più avanzate e attuali scienze umane: psicoanalisi, sociologia, strutturalismo, semiologia, antropologia, simbologia. La polemica agitò le acque un po' stagnanti della tradizione accademica, anche se a volte si risolse in sterili e astratte discettazioni metodologiche. Così la 'psicocritica' di Weber tramontò in breve tempo, mentre nel campo della narratologia il ricorso agli schemi formali derivati da Propp, pur affinati e rielaborati da Greimas, Todorov, Bremond, non ha portato di fatto contributi critici notevoli. Proposte critiche più valide sono invece giunte da Gérard Genette per il recupero dei valori espressivi formali sul terreno di una «nuova retorica». Da P. Bénichou per il ricorso a una più vigile applicazione della «sociologia della letteratura». Dall'ultimo Roland Barthes per l'attenzione rivolta ai «codici». Da critici come Georges Poulet e J. Rousset per l'indagine sul terreno tematico e delle coordinate spazio-temporali del testo. Da R. Girard per l'impiego di schemi mitici e antropologici. E soprattutto da critici come J.P. Richard e Jean Starobinski, per il sorvegliato e sottile uso di criteri introspettivi e psicoanalitici, sullo sfondo di una sensibilità storica profonda. Una attenzione per la storia che negli anni della polemica era stata accantonata con leggerezza, e che poi è stata recuperata.

Antropologia e mitologia

Nel corso degli anni '60 giunge all'attenzione della critica anche gli apporti culturali provenienti da altri settori della ricerca, storica e culturale. Innanzitutto gli studi etnografici e antropologici di Claude Lévi-Strauss; poi quelli mitologici di Dumezil, Eliade, Roger Caillois ecc.; e quelli provenienti da una rilettura della psicoanalisi con Foucault.

Saggistica italiana

Mentre lo storicismo tradizionale della cultura italiana si modernizza grazie al sociologismo e al marxismo (il vecchio Natalino Sapegno, Cesare Luporini, Carlo Muscetta, Giuseppe Petronio, l'antipatico Asor Rosa, fino a Giulio Ferroni ecc.), negli anni '60 e '70 si affermano altre metodologie. Soprattutto quella strutturalista e semiologica: con Umberto Eco, Cesare Segre, Maria Corti, Ezio Raimondi ecc..
Ruolo di stimolo ha il gruppo di critici riunito attorno al Gruppo 63: Luciano Anceschi e Umberto Eco, Angelo e Guido Guglielmi, Renato Barilli, Enrico Filippini.
Sono riprese le stimolanti impostazioni 'geografiche' di Carlo Dionisotti. Grossi contributi dà la filologia di Gianfranco Contini, mentre lo storicismo si apre con Eugenio Garin a nuovi stimolanti campi (es i suoi studi sull'astrologismo nel XV-XVI secolo). Affascinante scrittore èGianni Macchia. Stimolante è la commistione di marxismo e psicanalisi tentata da Francesco Orlando.
Su un fronte fermo è la storiografia cattolica, tradizionalista e poco incline alle 'mode': Carlo Bo, e tutto il mondo del potere accademico e universitario che rimane per tutti questi anni in gran parte dominato da questo filone. Nel campo degli studi della cultura del mondo greco e latino le cose più stimolanti vengono da Antonio La Penna e da Arnaldo Momigliano.
A dare il quadro culturale generale sono alcune figure importanti di filosofi, che danno il loro contributo a formare il gusto di un'epoca più che a influire direttamente sulle cose letterarie in senso stretto. Oltre a Eco, figure importanti sono quelle di Enzo Paci, Manlio Sgalambro, Norberto Bobbio, ecc.

Nel campo delle riviste, il panorama è abbastanza vasto, ma relegato a spazi elitari. «Nuovi argomenti» si spegne già nella seconda metà degli anni '70 pur continuando a pubblicare, «Belfagor» è relegata a un ruolo accademico; una rivista legata alle connessioni tra politica e cultura come «Rinascita» scompare in pratica finché è definitivamente soppressa negli anni '80. Nascono e scompaiono riviste, nello spazio di una breve stagione, legate a questo o quel gruppo di intellettuali o settore specialistico: l'elenco è lungo. Una maggiore tenuta presenta «Poesia» edita da Crocetti, ma non sembra essere una rivista 'di tendenza'. Ruolo recensorio di un certo spessore ha il mensile «L'indice dei libri del mese» che inizia le pubblicazioni nel 1983. Un taglio più divulgativo il mensile «Leggere» edito da Archinto.
Emerge il ruolo delle rubriche dei quotidiani: le tradizionali terzepagine dei maggiori quotidiani tendono a partire dalla metà degli anni '70 a diventare 'supplementi' settimanali. Se puramente legati agli interessi dell'industria e delle vendite sono «Tuttolibri» de «La Stampa», e gli analoghi supplementi pubblicati da «La Repubblica»; un taglio più 'alternativo' vorrebbero avere «La Talpalibri» pubblicata da «Il Manifesto» per tutti gli anni Ottanta, e l'analogo supplemento de «L'Unità», ma non sempre l'obiettivo è raggiunto. Maggiore la qualità del supplemento domenicale de «Il Sole 24 ore», soprattutto negli anni Ottanta e Novanta.

L'ermeneutica

Negli anni '80 il dibattito culturale è interessato dalla 'scoperta' dell'ermeneutica tedesca. Autori come Gadamer sono riletti e attualizzati. In Francia è Lévinas (morto nel 1995) e Maurice Blanchot. Si tratta di un bagliore che dura lo spazio di pochi anni, ma che serve per ricordare un tema e un problema che comunque restano centrali: la possibilità di 'leggere' un testo e che questa lettura sia attendibile, che esista un testo ecc.

Nordamerica

Vari gli stimoli provenienti da USA (e in parte dal Canada). Il mondo culturale europeo recepisce in genere piuttosto in ritardo quanto si muove in USA, ma è anche vero che sembra mancare un 'centro' capace di veicolare l'attenzione. Tutto per di più si muove su livelli piuttosto accademici e elitari, con una più netta cesura tra best-seller e industria del libro, e saggistica letteraria, rispetto all'euroccidente.
Il «New Yorker» ha un certo ruolo di 'tendenza'.
Stimolanti sono stati le posizioni assunte da uno studioso come Harold Bloom. Alla 'vecchia' corrente del «new criticism» rimanda René Welleck cui si debbono stimolanti ricognizioni sulla storia della critica e delle metodologie (la critica della critica) con attenzione per quanto proveniente dall'europa.
A partire dalla fine degli anni '60 hanno preso corpo le tematiche legate alle minoranze (afroamericani ecc.) e al femminismo. Negli anni '80 maggiore vigore culturale ha assunto la West Coast, ciò che ha portato a una maggiore attenzione per una visione non più eurocentrica (wasp e 'inglese') dei fatti della cultura che in fondo rimaneva come prerogativa dei circoli accademici più tradizionali.
In Canada ha operato Nortrop Freye.

Contesto

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