La
ricerca narrativa statunitense tra le due guerre
La ricerca narrativa statunitense tra le due
guerre
Gli Stati Uniti escono dalla prima guerra come potenza economica
e politica, ma anche con profonde lacerazioni. I nuovi scrittori
nordamericani di questo periodo si riconoscono nella definizione
di "generazione perduta": molti di essi hanno combattuto in europa,
riportando profonde impressioni nell'orrore e inutilità
della guerra; nello stesso tempo sentono con delusione il materialismo
postbellico degli Stati Uniti. Parte di essi vanno in esilio volontario
in europa, soprattutto a Paris; da qui possono scrivere con distacco
del paese che hanno abbandonato. E' un periodo molto stimolante,
l'"età del jazz" e del disincanto, circola uno straordinario
senso di euforia e di liberazione. E' una generazione ribelle
e alienata all'inizio, impegnata poi (negli anni '20), e che produce
una stupefacente serie di opere originali: tutta la letteratura
occidentale ne è condizionata. Questi autori descrissero
le devastazioni della guerra, le consolazioni e le privazioni
dell'esilio, le emancipa zioni e gli eccessi dell'"età
del jazz", il lungo malessere degli anni della depressione economica;
i sogni e le dissipazioni dei ricchi, i mutamenti delle tradizioni
del sud, la povertà spiri tuale dell'uomo d'affari, la
miseria dei salariati agricoli, il triste isolamento delle piccole
città, le risorse dei vagabondi; grande risonanza hanno
gli avvenimenti nuovi e "rivoluzionari" che accadono in europa
e nel mondo: grande attenzione ha negli Stati Uniti ma anche in
europa un libro come Dieci giorni che sconvolsero il mondo
(Ten days that shok the world, 1919) di John
Reed, giornalista che aveva vissuto gli avvenimenti accaduti
in Russia nel 1917, e che ne dà conto in maniera documentata
ma entusiasta, usando una tecnica giornalistica nuova, a collages,
alternando documenti (discorsi, articoli, proclami riprodotti
fotograficamente con i loro titoli in carattere cirillico) a brillanti
descrizioni con commenti personali: quello di Reed è un
modo nuovo di fare giornalismo, che avrà influenza anche
sugli scrittori.
Gli anni tra le due guerre sono negli Stati Uniti anni controversi,
di sconvolgenti cambiamenti della struttura sociale ed economica
del paese, a tutti i livelli. Da una parte la vicenda della storia
economica che porta dal clima di boom economico alla rapida depressione,
dal clima di euforia a quello di crisi e di esplosione delle contraddizioni
interne; dall'altra in campo culturale, mentre dominano i circoli
culturali elitari dell'alta borghesia, si verificano forti spinte
verso il realismo e l'interesse verso la descrizione della vita
della provincia e della città, nei suoi aspetti popolari
e di miseria morale e economica. Un forte impulso verso il realismo
proviene dal giornalismo, ma anche dall'emergere di scrittori
provenienti non dalle classi elitarie. Uno di questi scrittori
fu Sherwood Anderson; un importante
ruolo lo ebbe anche Theodore Dreiser.
Ruolo storico ebbe Sinclair Lewis, primo
autore nordamericano a ricevere l'importante premio nobel.
Con Gertrude Stein siamo davanti a un
gruppo di intellettuali donne e di provenienza nordamericana che
nel periodo tra le due guerre dimostrano una notevole apertura
mentale e intraprendenza culturale. Pensiamo a Djuna
Barnes e a Sylvia Beach.
Seguendo i modelli narrativi di Sherwood Anderson, e la lezione
sperimentale di Gertrude Stein, Ernest
Hemingway raggiunse originalità e essenzialità
di stile. In Fiesta il tema fondamentale è la ricerca di
un codice di valori che ispiri la vita umana "invece di dio";
il libro divenne cult per gli scrittori della "generazione perduta".
Francis Scott Fitzgerald è il
massimo testimone dell'"età del jazz"; ne Il grande
Gatsby svolse il tema del "sogno americano" attraverso l'analisi
della speculazione e dell'arrivismo. William
Faulkner con L'urlo e il furore inaugurò le sue indagini
sulla vita del sud. Con una ricca prosa barocca e audaci tecniche
narrative diede dimensione religiosa e rilievo universale alle
lotte tra razze, classi, generazioni. Con la pubblicazione della
trilogia di John Dos Passos, U.S.A.
(1930,1932,1936) si entra negli anni della depressione. L'euforia
si spegne, subentra la disperazione; Dos Passos inventa nuove
tecniche narrative (come l'"occhio fotografico") per rendere esattamente
la realtà nordamericana. John Steinbeck
riflette in alcune opere fondamentali questa stagione. N.
West rappresenta nella visionaria metafora dello spettacolo
(nel Giorno della locusta, 1939) l'avvento di una società
dominata dal fittizio.
Oltre a Steinbeck e a Faulkner, importante ruolo di testimoni
di un'epoca di grandi crisi e trasformazioni sociali, sono William
Saroyan e Jean Toomer. Con Toomer
siamo all'interno di quella che venne chiamata "harlem
renaissance".
Decisamente a parte sono da porre altre esperienze narrative,
che tentano altre linee di sviluppo: così Conrad
P. Aiken con la suggestione di elementi musicali e poetici.
[1997]
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