L'emotività, nella narrativa di Tondelli, travolge le storie
e il lettore, fagocitando la lingua e lo stile; la lingua
d'uso esula dalla semplice registrazione del linguaggio reale
e crea al suo interno quella particolare musicalità (a volte
un vero e proprio ritmo forsennato), capace di restituirne
le valenze emozionali:
La scrittura emotiva altro non è che il 'sound
del linguaggio parlato' [...] ma non è così, per esempio,
la trascrizione di una registrazione al magnetofono di un
qualsiasi cicaleccio
[1] .
In questo senso rimane fondamentale per l'autore la lezione
di Kerouac, ai fini di un'immissione nel testo dei ritmi della
musica urbana e metropolitana [2] . Il rock, in particolare, assume una valenza importante
in Altri libertini: «I sei racconti che compongono
il libro sono pensati unitariamente come pezzi di un long-playing,
di una jam session. La musica, d'altra parte, ha un posto
importante nella scrittura di Tondelli e spesso direttamente
o indirettamente, l'autore fornisce istruzioni su una possibile
colonna sonora del testo»
[3] .
Il dipanarsi dei pensieri segue così un ritmo musicale,
svincolandosi da nessi sintattici subordinanti, per lasciare
spazio alle libere associazioni dei sentimenti e delle emozioni [4] . Ricorrente è infatti
l'uso della congiunzione e, oppure dell'asindeto: in alcuni
casi, mancano i segni di interpunzione. Una delle caratteristiche
più evidenti è l'uso del discorso diretto senza indicatori
grafici, né fraseologici, per assecondare fedelmente la lingua
parlata nel flusso ininterrotto del discorso.
Rileggere Kerouac significa per Tondelli privilegiare una
prosa ritmica e lirica da condurre attraverso una lingua non
letteraria, non libresca, non burocratica. La scelta del parlato
rappresenta il primo passaggio verso una vera e propria dilatazione,
se non deformazione linguistica, che conduce l'autore alla
realizzazione di uno stile originale e personale.
Il lessico (proprio essenzialmente del mondo giovanile)
è stato modellato «su livelli colloquiali e gergali»
[5] (incazzoso, intrippato, sballo, stare in bestia,
cuccarsi, sbrodarsi, scrociare, impipare, scazzate, strizze,
beveraggio, strippato, svacco, panza, bazzicare, canchero,
ecc...), ma «accoglie anche parole estranee a questo tipo
di linguaggio, come una vera e propria mole di forestierismi
non adattati»
[6] ( foyer, trip, foulard, joint, plaid, souplesse,
paletot, footing, folk, freak, pied-à-terre, bowling, ginseng,
ecc...); lo stesso valga, seppure in misura minore, per i
neologismi (infartare, pensierare, ronzinante, specorito,
ecc...).
Un altro elemento lessicale, tipico della scrittura tondelliana,
adattata per Altri libertini, è l'uso di «onomatopee
fumettistiche (zac, plumf, grr) e così via. La forzatura del
linguaggio si riscontra anche nella grafia, con numerose univerbazioni
(al proposito si è parlato anche di "tamponamenti":
quattrocinque, bellaroba, primaoppoi, menchemeno, granpupa,
chessoio) o con grafie italianizzate del tipo miusic, e doicc.
Compaiono anche arcaismi e forme letterarie quali anco, colà,
loco, melanconici, nonché forme latine (historia, orapronobis,
flumen)» [7]
che accrescono il tono beffardo della narrazione.
L'effetto comico è quindi soprattutto un'operazione di stile,
causato dalla frenetica accelerazione di una scrittura costituita
da una struttura sintattica molto vicina al parlato, e da
un lessico vitalistico e istintuale: «Il libro costruisce
un suo "tragicomico", che è il tratto distintivo,
originale (e anche più godibile), e lo costruisce vivendolo
come stile piuttosto che come esperienze scatenate, dirette.
Gli orgasmi di questo libro accadono puntualmente e assai
spesso felicemente, dentro la scrittura»
[8] . La forte carica ironica spaccia quella che
è la negazione della giovinezza, per la sua incosciente spettacolarizzazione:
i giovani sembrano andare allegramente alla deriva.
[1] Colpo d'oppio, in L'abbandono, cit., p.
8.
[3] Antonio D'Orrico, in Giancarlo Susanna - Antonio
Tettamanti, L'ultimo libertino, cit., p. 60.
[4] Su questo stesso modello, quindici anni prima
Spallanzani metteva in bocca ai personaggi del suo Crocevia
le canzonette di Celentano, facendoli riflettere al
ritmo dellallora poco noto rock&roll.
[5] Accademia degli Scrausi, Parola di scrittore.
La lingua della narrativa italiana dagli anni Settanta a
oggi, a cura di Valeria Della Valle, Roma, Edizioni
Minimum Fax, p. 167.
[8] Giuliano Gramigna, Dentro la scrittura,
in "Panta", cit., p. 27.
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La generazione invisibile: letteratura
dimenticata degli anni Settanta, di Imola Giannini
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