Lo stile della prima produzione, descritto in Colpo d'oppio [1] da un Tondelli venticinquenne, rispecchia infatti
la percezione di un reale intenso e coinvolgente, ricco di
esperienze esaltanti se non estreme.
Altri libertini è scaturito così da un forte
desiderio, quasi feroce, di una persona abbastanza giovane
che cercava di comunicare con gli altri non avendo altro modo
per poterlo fare. O, più profondamente, l'espressione di una
volontà di potenza imbrigliata da sempre.
[2]
La violenza verbale diventa strumento di aggressione e protesta
nei confronti del lettore come rappresentante di una società
conservatrice e conformista. Scrittura emotiva, storie emotive
danno vita ad un'esaltante "letteratura di potenza"
in cui il rapporto tra scrittore e lettore si sviluppa secondo
una linea disarmonica:
La mia letteratura è emotiva, le mie storie
sono emotive; l'unico spazio che ha il testo per durare è
quello emozionale. [...] Dopo due righe, il lettore deve essere
schiavizzato, incapace di liberarsi dalla pagina; deve trovarsi
coinvolto fino al parossismo, deve sudare e prendere cazzotti,
e ridere, e guaire, e provare estremo godimento. Questa è
letteratura.
[3]
Il lettore è bistrattato da una scrittura ribelle che sembra
volergli sottrarre il piacere del testo, contrapponendosi
in nome di un nuovo sistema di valori.
La ricerca stilistica non è espressione di un concetto di
letteratura come esercizio retorico freddo e sperimentale,
ma traduce sulla pagina un cammino esistenziale, fatto di
ricerche e di approdi, da parte di una personalità intensa
e inquieta.
Il 'romanzo di forza' non conosce mezze misure.
La scrittura emotiva è spigolosa, è forte, è densa, si tocca
con il corpo, ci si fa all'amore, entra dentro, ti prende,
ti penetra, ti suona, ti canta: ecco la forza della letteratura. [4]
È una letteratura anticlassica in senso assoluto, che nega
qualsiasi forma di distacco, scetticismo, passività; il desiderio
di partecipazione, l'ansia di vivere, la ricerca di risposte
alternative trovano nello stile uno dei canali privilegiati
per manifestarsi in modo dirompente. La ribellione anarchica della vicenda personale, refrattaria
ad ogni ideologia, è comune ad autori come Bellezza
[5] e Veneziani
[6] , benché lì fosse espressa in forma lirica e carica
del senso di vanità del vivere.
Invece in Tondelli
la forma narrativa prescelta è il racconto,
in cui l'avventura si condensa in movenze suggestive e spettacolari:
ma tale unità di base si scinde ulteriormente, privilegiando
«il frammento esistenziale, la scenetta goliardica, lo scherzo
barbino. Questi frammenti vengono assunti come degli assoluti»
[7] .
Lo scrittore discute anche il minimalismo di David Leavitt:
secondo Tondelli si perde nei meandri di un ovattato e languido
mondo altoborghese, lontano dalla quotidianità, dalla vita
pulsante, chiuso in un orizzonte ristretto, separato dalla
complessità. La "lingua minimal"(di routine, programmaticamente colloquiale
e antiretorica, quasi leziosa) ha però profondamente influenzato
il panorama letterario della "nuova" narrativa italiana
degli anni Ottanta: De Carlo, Veronesi, Lodoli, Del Giudice,
contemporanei di Tondelli, segnano uno scarto netto rispetto
alla sua scrittura, prediligendo una narrativa senza enfasi,
iperrealistica, orientata da un occhio alieno e distaccato
dal mondo che descrive; una passività, uno stato d'inerzia,
una malinconica abulìa per «questa nuova generazione di giovani
accidiosi, o meglio di adolescenti invecchiati, che hanno
deciso di optare per l'autoemarginazione e il non confronto,
sia rispetto ai genitori che, in generale, ai coinvolgimenti
della vita»
[8] .
E da notare che un simile atteggiamento passivo e
rinunciatario si ritrovava già in un romanzo come Miramare di Nico Orengo
[9] , che sembra sfiorare con melanconia il senso della
perdita del tempo: "il sentimento del tempo distrutto"
(come dice altrove in versi), vissuto come fatto privato,
personale, quasi crepuscolare alla fine del moderno, ed espresso
attraverso la ribellione di un adolescente nei confronti di
un suo maestro-padrone.
Anche Un borghese
piccolo piccolo, romanzo di Vincenzo Cerami
[10] , nellapparente semplicità espressiva, nasconde
come unombra, unincertezza neocrepuscolare e bozzettistica,
sicché la "realtà è ridotta a favola", pur nella
grigia italietta degli anni 70, quasi anticipando limmaginario
filmico e truce dellultimo romanzo italiano.
Il tedio minimal [11] deriva, secondo
Tondelli, soprattutto da una carenza di scrittura "forte"
(costitutiva, invece, dell'esperienza artistica di William
Burroughs e dell'intera beat generation) capace di far vibrare
il lettore con esplosioni linguistiche e contenuti scioccanti.
Sempre a proposito di Altri libertini, aggiunge l'autore
stesso:
Penso che sia un libro che appartiene alla cosiddetta
letteratura 'emotiva', che si basa soprattutto sulla letteratura
e lo studio di Céline, del primo Arbasino, di Baldwin e di
tutta la letteratura dura e violenta: da William Burroughs
a Richard Price o anche un Selby, diciamo una specie di narrativa
drammatica che si basa molto sull'azione, sull'intrigo, sul
personaggio, quindi un libro tutto raccontabile che si può
riassumere a voce e nella voce aveva una sua dimensione di
scrittura
[12] .
[1] Colpo d'oppio, in L'abbandono, cit., p.
7.
[2] Fulvio Panzeri - Generoso Picone, Tondelli.
Il mestiere di scrittore, cit., p. 48. Continua Tondelli:
«Altri libertini è, anche letterariamente, un libretto
aggressivo, forse perché i timidi per parlare al mondo hanno
bisogno di passare attraverso lo scandalo o un grande clamore.
Negli anni in cui è uscito era anche un libro che andava
contro la letteratura paludata, contro quella che ancora
oggi è la letteratura ufficiale, quella premiata dalle autorità,
dai marescialli e dai professori, contro un certo modo di
scrivere, di veder il libro, contro la diffusa tendenza
a considerare il testo come un feticcio di promozione sociale...».
[3] Colpo d'oppio, in L'abbandono, cit., p.
7.
[5] Nella sua enorme produzione, ricordiamo Invettive
e licenze, Garzanti Editore, 1971 e 1991; Morte
segreta, Garzanti Editore, 1976; Libro damore,
Ugo Guanda Editore, 1982; Colosseo, Quaderni di Barbalù-Siena,
1982; Io, A. Mondadori Editore, 1983; Serpenta,
Nuzio Galluzzo, 1985; Piccolo canzoniere per E.M.,
Edizioni del Giano, 1986; Undici erotiche, LAttico,
1986; Serpenta, A. Mondadori Editore, 1987; Libro
di poesia, Garzanti Editore, 1990; Gatti e altro,
Fermenti Ed., 1993; LAvversario, A. Mondadori
Editore, 1994; Proclama sul fascino, A. Mondadori
Editore, 1996; 40 Poesie, A. Mondadori Editore (I
miti), 1996;
[6] Nato nel 1952. Tra le sue opere, Torbida innocenza
(Barbablù), Fototessere del delirio urbano (Il
Segna.le), Sudore e asfalto (Stampa Alternativa).
Per Castelvecchi ha pubblicato, insieme a Riccardo Reim,
il libro I Mignotti, e nel 98 Brown Sugar.
[7] Giuseppe Bonura, Tondelli tra stile e prosa,
in "Panta", cit., p. 34.
[8] Stefano Tani, Il romanzo di ritorno, cit.,
p. 266.
[9] Nato nel 1944 a Torino, ha pubblicato i romanzi
Miramare (1975), Le rose di Evita (1990),
La guerra del basilico (1994), L'autunno della
signora Waal (1995); e le raccolte di poesia Collier
per Margherita (1977), Cartoline di mare (1984),
Narcisi d'amore (1995). E' autore anche di filastrocche
per i bambini A-ulì-ulè (1972, 1992), Beniamino
e la stella (1991); e delle prose Gli spiccioli di
Montale (1993) e Il salto dell'acciuga (1997).
[10] Nato a Roma nel 1940. Tra le sue
opere narrative, i romanzi Un borghese piccolo piccolo
(1976, da cui Mario Monicelli ha tratto lomonimo film
con Alberto Sordi), Amorosa presenza (1978), Tutti
cattivi (1981), Ragazzo di vetro (1983), La
lepre (1988), Fantasmi (2001), e i volumi di
racconti Lipocrita (1991) e La gente
(1993). Del 1997 è Fattacci, ricostruzione di quattro
celebri delitti italiani. Del 2002 la nuova edizione ampliata
dei Consigli ad un giovane scrittore (Garzanti).
È anche autore di versi e di testi per il teatro. Come sceneggiatore
ha scritto, fra gli altri, con Sergio Citti, Marco Belloccio,
Gianni Amelio e Roberto Benigni.
[11] William Burroughs, in Un weekend postmoderno, cit., p. 534.
[12] Giancarlo Susanna - Antonio Tettamanti,
L'ultimo libertino, in "Mucchio selvaggio",
n. 169, 1992, p. 59.
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La generazione invisibile: letteratura
dimenticata degli anni Settanta, di Imola Giannini
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