La
Francia nel 1890-1917
La Francia nel 1890-1917
Introduzione
Il Novecento si apre in un clima di modernismo, con una grande
ansia di rinnovamento. In Francia a una cultura ufficiale, positivista,
anticlericale, talvolta progressista, uscita rafforzata dall'"affaire
Dreyfus" e rappresentata da intellettuali come Anatole
France (1844\1924), si contrappone un ritorno allo spiritualismo
e all'idealismo. Anche con punte reazionarie e nazionaliste: Maurice
Barrès, Léon Daudet,
Charles Maurras e il movimento di «Action
française». Henri Bergson afferma la
sconfitta dello scientismo e esalta l'intuizione personale. Charles
Péguy nei «Cahiers de la Quinzaine» (genn.1900-1914)
attacca la sinistra in nome di un socialismo nazionalista, ciò
che ne fece un autore per la destra (anche cattolica) nel dopoguerra.
Produzione poetica
In poesia si prosegue la tradizione simbolista, in due filoni.
Un gruppo di poeti ricerca forme di "classicismo moderno". Altri
tentano più varie strade estetiste.
Simbo-classicisti
Paul Claudel, Paul
Valéry (1871\1945), Saint-John
Perse (1887\1975), Pierre-Jean
Jouve (1887\1976), Jules
Supervielle (1884\1960) tentano la ricerca nelle forme di
un classicismo moderno, giungendo poi a maturazione (a parte Claudel)
soprattutto nel periodo tra le due guerre. Essi dal 1909 si raggruppano
sotto la «Nouvelle Revue Française».
Attorno a questa rivista, negli anni precedenti la guerra, si
raggruppano alcuni dei migliori intellettuali francesi del tempo:
J. Copeau, André Gide, J. Schlumberger. Essi intendevano
saggiare nuove possibilità per la pratica letteraria, al
di là dell'ormai consumata esperienza simbolista. La rivista
avrà un ruolo europeo molto importante nel periodo tra
le due guerre, restando anche in seguito una rivista di riferimento
del mondo culturale europeo.
All'esperienza simbolista rimanda un minore come Max
Elskamp.
A parte rispetto a queste esperienze più avanzate, la produzione
lirica dei minori, con tendenze decadentiste e/o crepuscolari.
Si ricorda qui un minore come Jules Tellier.
Da ponte tra l'eredità romanticista e l'atmosfera onirica
che preannuncia il surrealismo, il linguaggio ricco di neologismi,
tra scienza e magia di Saint-Pol-Roux.
L'Abbaye, l'unanimismo, il mondo piccolo-borghese
Altri tentano nuove estetiche: l'ottimismo, il culto dell'esistenza,
il panteismo di naturismo, di umanismo ecc. Il movimento che ha
più risonanza tra questi è quello dell'"Abbaye", che nel
1906-1908 raggruppa a Créteil una comunità di lavoro
manuale e di pensiero formata tra gli altri da Georges Duhamel
(1884\1966), Vildrac, Arcos, il giovane Pierre Jean Jouve (1887\1976)
ecc.. Vi aderisce dall'esterno anche Jules
Romains (1885\1972) teorico dell'unanimismo. Su diverse coordinate
rispetto a Romains si muove Francis Jammes.
La scuola fantasista
Al "fantasismo" aderiscono Francis Carco
(1886\1958), Paul-Jean Toulet (1867\1920),
Tristan Derème (1889\1941). Il
gruppo dei 'Fantaisistes' fu fondato da Carco, Derème e
da R. de la Vaissière, anche se poi l'esponente maggiore
fu forse proprio Toulet. La 'scuola' ebbe il suo influsso anche
nel periodo tra le due guerre (si pensi a Paul
Morand), caratterizzata per il gusto per la frase brillante
e la scrittura piena di verve.
L'avanguardia
Modernisti sono Max Jacob e Guillaume
Apollinaire che già nel 1903-1905 elabora l'idea di
una poesia in stretto contatto con le altre arti. Dopo essersi
interessato a cubismo e futurismo marinettiano, Apollinaire raccolse
intorno a sé, negli anni precedenti la guerra, la prima
avanguardia: poco prima di morire fu lui a inventare la parola
"surrealismo". Una personalità come quella di Apollinaire
con la sua apertura culturale, riesce a raccogliere le fila di
una attività culturale estremamente diversificata e viva,
nella Paris nel primo decennio del XX secolo.
Paris attrae intellettuali dal resto dell'europa, e soprattutto
è in grado di pubblicizzare miti e mode che fanno 'tendenza'.
Il mito è quello dell'artista 'maudit', della vita bohèmienne,
l'opposizione dell'artista al mondo borghese accademico. Il modernismo,
il mito della nuova epoca e del progresso, stimolano la ricerca
di nuovi mezzi espressivi. Ciò che è tradizionale
e che proviene dall'accademia e dall'università viene aborrito,
si tentano nuove strade. Il cubismo di Matisse e Picasso in campo
pittorico coagulano le linee di questa ansia di rinnovamento,
così come il futurismo di Marinetti tenta l'eversione nel
campo letterario.
Produzione narrativa francese
Nel campo narrativo è forte la carica ideologica. Perdura
l'influenza di Barrès, France,
Bourget. Romain Rolland si fa interprete
delle inquietudini di fronte alla crisi del tempo, inizia il "romanzo
fiume", con i dieci volumi di "Jean-Christophe" (1904-1912).
Alla tradizione flaubertiana-maupassantiana rimanda Georges
Courteline.
Al fantastico e alla science fiction si dedica Joseph-Henri
Rosny Aîné.
L'europa vede il mondo
Scrittori caratterizzati dal gusto per il viaggio sono Victor
Ségalen, Valery Larbaud
(1881\1957), Blaise Cendrars (1887\1961).
Produzione teatrale
In campo teatrale si hanno varie forme: il teatro di "boulevard",
quello psicologico e di analisi, la commedia di costumi, il dramma
in versi (Edmond Rostand). Nel 1903
Romain Rolland teorizza la morte del
teatro borghese e propone una serie di alternative. I registi
propongono innovazioni sceniche e interpretano poeticamente classici
e contemporanei: con questo spirito J. Copeau (1879\1949) fonda
nel 1913 il Vieux-Colombier. Paul Claudel
è forse il maggior autore del periodo prebellico.
Se si fosse chiesto a un critico teatrale del 1910 quali erano
i migliori autori drammatici, egli avrebbe fatto i nomi di Rostand,
Hervieu, de Curel, Lavedan, Porto-Riche, Donnay, Brieux, Mirbeau,
Bataille [1]. Già per la critica successiva al 1945, il
campo dei valori, riferito a questo periodo, cambia drasticamente
[2].
Tra il 1890 e il 1917 sono certamente dominanti i due filoni più
importanti del teatro francese ottocentesco: il naturalismo e
il simbolismo. Il primo, legato a un drammaturgo amaro come Henry
Becque, e al regista André Antoine che era stato fortemente
innovativo. Il simbolismo era invece sorto in reazione al naturalismo,
come teatro che fosse sintesi di tutte le arti, cacape di esprimere
le suggestioni del simbolo, dell'ineffabile, del silenzio: così
Maurice Maeterlinck, e i promotori Paul Fort con il Théatre
d'Art, e Lugné-Poe con il Théatre de L'Oeuvre. Al
Théatre de L'Oeuvre fu rappresentata la sera del 10 dicembre
1896 la pièce del giovanissimo Alfred
Jarry: Ubu roi diventò subito
oggetto di scandalo, di rifiuto veemente e di culto. Oggetto di
ostracismo da parte dei registi e del pubblico tradizionalisti,
oggetto di culto per gli scrittori e il pubblico dell'avanguardia
novecentesca.
Il teatro della Belle Epoque percorse strade diverse da quelle
tentate da Jarry o da altri. Tra gli autori famosi all'epoca,
solo Rostand continuò a essere rappresentato, ma relativamente
solo per Cyrano de Bergerac (1897): il
resto dell'opera cadde presto nel dimenticatoio.
I due maggiori autore dell'epoca sono due maestri del teatro comico
e del vaudeville: Georges Courteline,
e Georges Feydeau. Il vaudeville fu
un genere molto fortunato all'epoca, ma il migliore resta Feydeau.
Nonostante la fortuna e l'abilità di tutta una serie di
autori come: Alexandre Bisson, Maurice
Hennequin, Pierre Veber, fino a Francis
de Croisset esponente del teatro leggero 'boulevardier'. Autori
di vaudevilles con ricadute satiriche sulla vita mondana parigina
sono Robert de Flers e Armand
de Caillavet con Il Re (1908), Il bosco sacro (1910), Il vestito
verde (1913).
Il teatro della Belle Epoque fu la forma espressiva più
popolare del tempo. Come tale, fu vario e articolato: oltre al
vaudeville di Feydeau e al teatro tardo-romantico di Rostand,
si ebbero commedie di costume, drammi sociali, teatro di idee.
Molto resta legato al suo tempo, ciò che ne fa in gran
parte teatro non più rappresentato. Pochi gli autori e
le pièces che sopravvissero nel gusto successivo. Da ricordare
Jules Renard e, minore, il suo amico
Tristan Bernard.
Datato risulta tutto il filone del "teatro d'amore",
che ebbe autori di successo all'epoca: Maurice
Donnay, Henry Bataille, Georges
de Porto-Riche: il loro teatro ebbe molto successo, dando
brividi di trasgressione agli spettatori dell'epoca, ma non sopravvisse
al periodo primo-novecentesco francese.
Ancora più datato il teatro che voleva affrontare problemi
religiosi, sociali e morali. Sono da citare, dal punto di vista
ormai solo storico: François de Curel,
Paul-Ernest Hervieu, Eugène
Brieux, Emile Fabre. Più
interessante, ma da considerare come minore, il realismo de Gli
affari sono affari di Octave Mirbeau.
Note:
[1] Le théatre français depuis 1900 / G. Versini.
- Paris : PUF, 1991. - cfr. p. 7.
[2] Storia del teatro del Novecento / Giovanni Antonucci. - Roma
: Newton Compton, 1996. - cfr. p. 10 e seguenti.
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