Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco,
di Antonio Montanari
9. Amaduzzi e l'esperienza romana
Nella Roma di Clemente XIII (1758-1769), Amaduzzi non
aveva avuta vita facile, a causa delle proprie idee politiche
e religiose. Quando partì per Roma nel maggio 1762, Bianchi
gli raccomandò di prender contatto con mons. Giovanni Bottari,
considerato il capo degli antigesuiti. L’allievo ascoltò il
maestro. I rapporti fra Amaduzzi e Bottari furono frequenti
e cordiali. In casa Bottari, era spesso ospite mons. Scipione
de’ Ricci che nel 1780 fu nominato vescovo di Prato e Pistoia:
con lui, Amaduzzi entrò in una fitta corrispondenza [1] . Agli occhi di molti, lo rendevano
sospetto i rapporti che Amaduzzi intratteneva con questi ecclesiastici
accusati di essere Giansenisti
[2] . La propensione da lui dimostrata verso i
cambiamenti politici che in Francia erano sostenuti dagli
scrittori illuministi, ne faceva un personaggio pericoloso.
Lo accusarono infatti di essere indifferente ed eretico in
materia di Religione.
Planco, che era stato ex allievo irrequieto (e fuggiasco)
della Compagnia di Gesù al Collegio di Rimini, nel suo insegnamento
privato si era fermamente dimostrato avverso ai «Loyolisti»:
«nimico sempre del Probabilismo», lo definisce infatti Giovenardi [3] . Anche se Bianchi
non approfondì mai i temi della nuova corrente teologica ispirata
al teologo olandese Cornelio Janses (1585-1638), il suo atteggiamento
contrario ai seguaci di sant’Ignazio sembra aver lasciato
un segno sul giovane Amaduzzi e sulle sue scelte dell’età
matura.
Quando papa Ganganelli soppresse l'ordine dei Gesuiti
il 21 luglio 1773, Amaduzzi fu considerato l'ispiratore della
«bolla» Dominus, ac Redemptor con cui il provvedimento
fu sancito [4] . Ne scrisse entusiasta a Bianchi:
«Finalmente si comincia a veder chiaro». A Rimini, gli rispose
Planco, i Loyolisti hanno più proprietà che in ogni altro
luogo della Romagna, perché i suoi abitanti «non hanno voluto
esser meno sciocchi degli altri» [5] .
[2] L’ingresso nella Stamperia di Propaganda Fide, avvenne
contro il parere del suo Prefetto, cardinal Giuseppe Maria
Castelli (futuro Camerlengo del Sacro Collegio), che riteneva
Amaduzzi antigesuita. In base a tale opinione, Castelli
aveva già respinto un precedente intervento a favore del
savignanese fatto da papa Ganganelli.
[3] Cfr. la cit. Orazion funerale, p. XXVIII. Nell’Arte
comica Planco aveva mostrato un atteggiamento opposto
a quello manifestato in precedenza: difese dagli attacchi
dei Giansenisti la pedagogia dei Gesuiti, i quali usavano
nei loro collegi anche il palcoscenico per educare gli allievi.
Ed agli «schiamazzi de Giansenisti d’Italia» aveva attribuito
erroneamente la condanna all’Indice del suo trattatello:
cfr. il cit. mio saggio Tra erudizione e nuova scienza.
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Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco,
di Antonio Montanari
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