Storia della letteratura europea - Torna in homepage7. Amaduzzi e l'"elogio" di Planco


Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco, di Antonio Montanari

7. Amaduzzi e l'"elogio" di Planco

Il racconto amaduzziano sui rapporti fra la Cavallucci e Planco, si basa senza dubbio su quelle «illustrissime e reverendissime insolenze» che circolavano in città ed (inevitabilmente) pure nel Seminario che il savignanese frequentava nel 1752, al tempo dello scandalo per l’Arte comica. La presunta corte che il maturo medico avrebbe fatto alla graziosa romana (la quale, oltretutto, esercitava una professione considerata disonorevole [1] ), fa parte del repertorio di accuse più o meno fantasiose che su Bianchi si abbatterono di continuo, non soltanto a causa del suo temperamento ma anche per la gratuita invidia e perfidia dei «malevoli» i quali non perdevano occasione di attaccarlo.

A proposito del temperamento di Bianchi, merita di essere riportata questa parte, che è centrale nell’elogio inviato da Amaduzzi a Bertòla:

«Il raziocinio non fu in lui sempre il più retto, giacché sovente egli era inconseguente co’ suoi principi, e la prevenzione qualche volta prevaleva in lui alla ragione. Amò la bizzarria, e la singolarità, e questa lo portò a distinguersi anche nel nome, avendo cambiato quello del Battesimo nell’altro di Giano Planco per non andare confuso con altri, che del suo tempo gli erano sinonimi. Fu allegro, e vivace nella brigata, e soverchiamente amico del ridere. Il suo scherzo spizzicava talvolta di sarcasmo, e d’insulto. Spargeva la critica anche sù quelle cose, che non la meritavano, e cercava anche il nodo nel giunco per compiacere questa sua non plausibile inclinazione. Ma non sempre fu per questo conto dalla parte del torto: avea egli troppe cognizioni per scuoprire gli altrui veri difetti. La colera talvolta lo trasportava, ma non tardava molto a rasserenarsi. Era violento contro i suoi avversari, ed affrontava intrepidamente gli offensori; ma era subito disarmato, e dimenticava ogni ingiuria, se avea un picciolo compenso di officiosità. Castigava col disprezzo pur anche alcuni di que’ critici più abbietti, che insorgevano sovente contro di lui, e soleva porre tutte le satire contro di lui stampate in un sol mazzo, sù cui era segnato improborum hominum inanes conatus [2] . [...] Godette però, in mezzo a questi insulti, della stima, e dell’amicizia de’ più celebri letterati del suo tempo, tanto Italiani, quanto esteri. [...] Questi onori solleticavano moltissimo il suo amor proprio, ed era portatissimo alla lode, che gli era tributata dagli altri, e che si compartiva tanto volentieri anche da sé stesso. Era però scarso lodatore degli altri, e di quelli in ispecie, che non fossero stati di qualche suo partito, per quanto poi fosse stato grande il loro merito. Difficilmente egli si ricredeva su d’alcune sue opinioni; ma poi era anche sovente inconstante nel sostenere, o riprovare un qualch’altro assunto impegno, o sentimento. In somma egli fu un uomo vario e stravagante, onde e nel bene e nel male troppo si distingueva fra gli altri. Ma in mezzo a tante stranezze egli aveva le sode massime di religione, i buoni teoremi della morale, le cortesie della società, la schiettezza del suo presentaneo sentimento, l’onoratezza del procedere, l’inclinazione al beneficare, e lo spirito di carità verso i poveri. [...] Ecco il carattere, e la pittura veridica d’un uomo, che in mezzo ai naturali difetti di un fervido temperamento ha avuto il dono del più sublime ingegno, per cui ha potuto far epoca nella Storia naturale, e nella Notomia, e fare l’ornamento di Rimino, dell’Italia, e di tutta la letteraria Repubblica. Io ho perduto il Precettore, e l’Amico [...]».

L’elogio inviato a Bertòla è del 3 gennaio 1776. Il 9 dicembre 1775 (Planco era scomparso il giorno 3 dello stesso mese), Amaduzzi scrivendo al nipote di Bianchi, dottor Girolamo [3] , dichiarava del di lui zio: «Io non mi crederò mai dispensato dall’obbligo di rimostrargli anche dopo morte in tutte le occasioni la mia riconoscenza, e la mia venerazione». Riconoscenza e venerazione appaiono più espressioni intellettuali e morali che semplice atteggiamento sentimentale. I due termini ci portano a valutare come basilare nell’esperienza di Amaduzzi sia l’iniziale frequentazione della scuola planchiana, sia il successivo, ininterrotto magistero che continuò da parte di Bianchi per mezzo epistolare o negli incontri personali [4] . Già nel 1768 in una lettera diretta allo stesso Planco, e pubblicata nella Miscellanea di varia Letteratura di Lucca [5] , Amaduzzi ha ricordato «humanitas», «comitas», e «benevolentia» dimostrategli dal maestro. Nel 1770 ha confidato a Bianchi di restare affezionatissimo a lui, che dimostrava animo «cortese, ed amorevole» verso la sua persona [6] .



[1] Cfr. A. Montanari, Per soldi, non per passione. «Matrimonj disuguali» a Rimini (1763-92): tra egemonia nobiliare ed ascesa borghese, «Romagna, arte e storia», n. 52/1998, pp. 45-60. Qui si parte dal caso di una giovane «di bassa estrazione, e maggiormente avvilita dall’esercizio di Cantastorie sopra un pubblico teatro», che sposa un nobile riminese in «contravenzione della legge sopra i Matrimonj disuguali» (p. 46).

[2] Segue un elenco dei «principali suoi critici».

[3] Si tratta della lettera del 9 dicembre 1775 già cit. alla nota 57.

[4] Nel 1766 Bianchi compiendo un tour a Loreto, Assisi, Perugia, Todi, Napoli, Siena, Firenze e Bologna, si fermò a Roma dove conobbe l’abate Johann Joachim Winckelman, come Amaduzzi ricorda l’anno successivo nelle Novelle letterarie (cfr. tomo XXVIII, n. 34, 21 agosto 1767, coll. 531-534: Amaduzzi dal 1766 è assiduo collaboratore del foglio fiorentino, seguendo l’esempio del maestro). Su questo soggiorno romano di Planco, cfr i suoi citt. Viaggi 1740-1774, ad annum; ed uno scritto amaduzziano di archeologia, apparso in Miscellanea di varia Letteratura di Lucca, tomo VII, 1768 (p. 175).

[5] Cfr. il cit. tomo VII, p. 129.

[6] Cfr. lettera del 21 febbraio 1770, FGLB.

Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco, di Antonio Montanari

1. La formazione di Giovanni Amaduzzi: fanciullezza

2. Il Seminario di Rimini

3. La scuola di Planco

4. Amaduzzi alla scuola di Planco

5. Amaduzzi e i Lincei

6. L'insegnamento filosofico di Planco

7. Amaduzzi e l'"elogio" di Planco

8. Differenze generazionali

9. Amaduzzi e l'esperienza romana.

 


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