Giovanni
Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco, di Antonio
Montanari
3.
La scuola di Planco
Nel
1720 (dopo aver conseguito il 7 luglio 1719 la laurea presso
la Facoltà di Medicina e Filosofia a Bologna), Planco aveva
aperto nella propria casa, come scrive proprio Amaduzzi, una
«pubblica gratuita scuola di Filosofia, Geometria, Medicina
[1] , Notomia, Botanica, Chirurgia, e Lingua Greca
in vantaggio, e profitto della studiosa gioventù paesana,
e forastiera» [2] . Una scuola che
Giovenardi definisce «pubblica Università»
[3] . Ad essa si affiancava «un Museo non meno
di cose naturali, che di Medaglie, d’Idoli, d’Iscrizioni,
e d’altre cose antiche copioso»
[4] , utile agli studi di Antiquaria a cui Bianchi
addestrava i discepoli. La Medicina era materia comune per
tutti gli allievi
[5] .
Nel
1751 Planco conta più di venticinque scolari, fra cui ci sono
«alcuni cospicui di ordine religioso, ed altri forestieri
delle circonvicine città, che sono venuti a studiare sotto
di lui» [6]
. In quel «catalogo degli scolari» non appaiono
ovviamente, per questioni anagrafiche, i nomi di Gaetano Marini
e di Giovanni Cristofano Amaduzzi che entrano successivamente
a far parte della «setta dei Bianchisti», per usare una definizione
che ricaviamo da lettere di ex alunni
[7] .
Quando Amaduzzi entra nel liceo planchiano nel 1755,
Bianchi è una celebrità in campo scientifico. Nel 1739 ha
pubblicato a Venezia uno studio sui foraminiferi, il De
Conchis minus notis [8] . Dal 1741 al 1744 ha insegnato
Anatomia umana all’Università di Siena, continuando nella
sua scuola privata [9] . La sua è stata
una fuga da Rimini, dovuta all’insoddisfazione per l’impegno
di medico, come risulta da una lettera al teatino padre Paolo
Paciaudi del 26 luglio dello stesso 1741: «Io come Filosofo
non mi sono mai affezionato a niuna cosa in particolare; ma
essendomi dilettato di varj studi, colà [a Siena, n.d.r.]
io attenderei a quelli che io potessi, dove qui io non posso
per così dire attendere ad alcuno, tutto il giorno essendo
occupato in cure tediose di malati senza alcun profitto. Questa
è una città che dà ai Medici il medesimo incomodo che Roma,
e ogni altra gran città, ma il premio è senza alcun paragone
infinitamente minore»
[10] .
Nel 1742 i Memorabilia Italorum eruditione præstantium [11] curati da Giovanni
Lami a Firenze, gli hanno pubblicato (anonima) un’autobiografia,
in cui è troppo fedele il ritratto rispetto all’originale
perché l’autore fosse altri dal personaggio presentato
[12] , sempre afflitto da un’ipertrofia dell’ego
che appare quasi in ogni pagina. Il 19 novembre 1745, nella
propria casa, Bianchi ha rifondato l’Accademia dei Lincei [13] , dopo averne
presentata la prima storia a stampa l’anno precedente
[14] . Nel 1749 ha pubblicato il De monstris
ac monstrosis quibusdam che documenta la sua scelta eretica
a favore della fisica di Gassendi: davanti allo scontro tra
l’Aristotelismo interpretato in una chiave esclusivamente
dogmatica, e la ventata rivoluzionaria portata dalla rilettura
di Epicuro attraverso Gassendi, Planco ha sposato la causa
delle innovazioni introdotte da quest’ultimo.
Nel
De monstris Bianchi dà per scontato che la perfezione
dell’ordine naturale (fatto coincidere dalla vecchia Filosofia
con il presupposto metafisico-teologico capace di spiegare
tutta la realtà), sia smentita dai cosiddetti «scherzi di
Natura». Questo scritto fa convogliare sul medico riminese
le prime avversioni romane, alle quali non furono certamente
estranei gli ambienti ecclesiastici riminesi. La fretta con
cui si giunse, tre anni dopo, nel 1752, alla sentenza dell’Indice
per il suo discorso In lode dell’Arte comica, recitato
ai Lincei la sera dell’11 febbraio (e poi subito stampato
a Venezia), non può spiegarsi soltanto in relazione al tema
controverso in esso trattato, al centro allora di durissime
polemiche
[15] .
L’11
febbraio 1752 è l’ultimo venerdì di Carnovale. Bianchi fa
precedere la lettura dell’Arte comica dall’esibizione
di una giovane cantante ed attrice romana, Antonia Cavallucci.
In città nasce un pubblico scandalo. L’artista è costretta
da Planco ad andarsene in tutta fretta da Rimini. Il vescovo
Alessandro Guiccioli lo denuncia a Roma, da dove un amico
comunica a Bianchi che contro di lui si sono fatte «illustrissime
e reverendissime insolenze». Inizialmente Planco è attaccato
soltanto per l’ospitalità concessa alla cantante; poi è denunciato
al Sant’Uffizio per il contenuto della dissertazione
[16] . I due momenti si tengono strettamente tra
loro: entrambi sembrano aver origine in un atteggiamento pregiudiziale
nei confronti dell’attività e dei comportamenti scientifici
di Bianchi, per rendergli sempre più difficile l’attività
accademica. Lo scandalo che avvolge la radunanza «di carnovale»,
ha le sue radici, più che nell’esibizione della bella romana,
nelle ardite opinioni del «Restitutore» dei Lincei. Sostenendo
retoricamente la nobiltà dell’arte comica, Bianchi finisce
per proclamare in modo non troppo sottinteso il bisogno di
libertà per cultura e Scienza.
Ad
attirare l’attenzione, in senso negativo, su Bianchi, era
stato forse anche un suo scritto minore apparso nel 1744,
la Breve storia della vita di Catterina Vizzani Romana
che per ott’anni vestì abito da uomo in qualità di Servidore
la quale dopo varj casi essendo in fine stata uccisa fu trovata
Pulcella nella sezzione del suo cadavero. Gli appetiti
d’Amore, osserva Bianchi, spesso sono «strani veramente e
incredibili oltremodo», al punto che non conoscono ostacoli
o condizionamenti pur di «giugnere in fine al possedimento
della disiata cosa». Commentando che ciò non deve destar meraviglia,
Bianchi dimostra di considerare lecito ogni comportamento
erotico, compreso quello della giovane romana, seguace di
Saffo e delle altre «Donzelle di Lesbo», in contrasto con
i dettami della Religione
[17] .
I
fulmini dell’Indice per l’Arte comica si abbattono
su Bianchi con il decreto del 4 luglio 1752. Egli però ottiene
da Benedetto XIV (1740-1758), con il quale può vantare un’antica
amicizia, che nel decreto sia taciuto il suo nome e sia inserito
soltanto il titolo dello scritto, come avviene effettivamente
nell’Index del 1758 (p. 80). La condanna non ha conseguenze
nella successiva carriera pubblica di Bianchi: nel 1755 egli
è nominato Consultore dell’Inquisizione e Medico del Sant’Uffizio,
prima di diventare nel 1769 «Archiatro Segreto Onorario»,
per volere del nuovo papa Clemente XIV (Lorenzo Ganganelli,
1769-1774), suo allievo della prima ora
[18] , che sarà il grande protettore del giovane
Amaduzzi, oltre che dell’antico, venerato maestro.
Quando
Bianchi gli invia le proprie felicitazioni per l’elezione
al soglio di Pietro, Ganganelli gli risponde con una lettera
su cui il medico riminese annota nei propri diari: Clemente
XIV «mi stimola a seguitare a promuovere li buoni studi di
Filosofia, e di Lingua Greca nella Gioventù» [19] . Planco ne riparla nel primo
tomo delle nuove Novelle fiorentine (27 luglio 1770,
n. 30, coll. 471-474), ricordando la benevolenza usatagli
dal papa: «Nostro Signore oltre ad avermi dichiarato suo Archiatro
Segreto Onorario, mi ha fatto duplicare lo stipendio, che
mi dava la mia Patria, acciocché possa tirare avanti i miei
studi, e le mie stampe, raccomandandomi nelle sue lettere,
che io seguiti a promuovere nella gioventù i buoni studi della
filosofia tutta, e della lingua Greca spezialmente».
[1] Amaduzzi raccoglierà molti opuscoli che trattano di Medicina
(Biblioteca Amaduzziana, Accademia dei Filopatridi [BFSA]).
Sull’attività di Bianchi come medico e sulla sua produzione
scientifica, rimando al saggio curato da Stefano De Carolis
in questo stesso volume.
[2] Cfr. G. C. Amaduzzi, Elogio di Monsig. Giovanni Bianchi di Rimino,
apparso anonimo sull’Antologia romana, tomo II, 1776,
pp. 227-229, 235-239. (Il titolo di monsignore spettava
a Bianchi quale archiatro segreto onorario pontificio.)
Nell’esemplare personale in BFSA, Amaduzzi appose, in fondo
alla prima parte, la firma autografa col solo cognome. In
C. Casanova, Note sulla cultura a Ravenna
nel Settecento, estratto degli «Atti della Accademia
delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze
Morali. Anno 73. Rendiconti. Vol. LXVII, 1978-1979», Bologna
1979, al cap. 2., «Giovanni Cristofano Amaduzzi. Un allievo
della scuola riminese di Giovanni Bianchi a Roma», si legge
(p. 12) che «il rilievo che molti degli scolari di Giovanni
Bianchi assunsero nella seconda metà del ’700 [...] conferma
la necessità di uno studio approfondito sull’ambiente riminese,
in gran parte ancora da fare, che consentirebbe di motivare
meglio una valutazione della cultura locale altrimenti generica
e approssimativa».
[3] Cfr. Giovenardi, op. cit., p. XXVII. Giovenardi si adopera,
alla morte di Planco, per la riapertura della sua scuola
privata, assieme al di lui nipote, dottor Girolamo Bianchi,
e a don Filippo Zambelli: cfr. la lettera di G. P. Giovenardi
a Girolamo Bianchi del 14 dicembre 1775, con allegati il
testo ms. di un volantino e la relativa edizione a stampa
(FGMR, BGR, Giovenardi, don G.). Il volantino, diretto
«a’ Studiosi Giovani Riminesi, ed amanti della soda letteratura»,
annunciava l’apertura di una «pubblica Scuola di Medicina,
e lingua Greca» dotata dell’«ereditata sceltissima, e copiosissima
Libreria in ogni genere di Scibile», e con «il comodo di
potere fare le sezioni Anatomiche in quest’Ospedale», di
cui Girolamo Bianchi era medico. (Nel 1779 Girolamo Bianchi
sposa la vedova Bonadrata: «Vedete che miserie di nuove
dà la città dell’Arco e del Ponte», scrive Amaduzzi a Bertòla
il 7 settembre dello stesso 1779, Fondo Piancastelli,
Biblioteca Saffi di Forlì, n. 8.323.)
[4] Cfr. Novelle letterarie, tomo VIII, n. 41, 13 ottobre
1747, col. 652: è la recensione ad un trattato sui fulmini
di S. Maffei, nella quale è citato Bianchi che «ad una perfetta
cognizione delle cose della Natura accoppia una vasta intelligenza
di lingue erudite, e una piena notizia di tutte le cose
di antichità».
[5] Da una lettera di Stefano Galli a Bianchi si ricava che
una serie di notizie sulla Medicina era materia comune per
tutti gli allievi della scuola planchiana («di medicina
non ne mostro per niente, e ne ho solo qualche idea per
quello che ho sentito dire da lei, quando avevo l’onore
ed il vantaggio d’esserLe scolaro», Roma 6 aprile 1754,
Fondo Gambetti, Lettere autografe al dottor G. Bianchi
[FGLB], ad vocem, BGR). Sulla figura di Stefano Galli,
cfr. A. Montanari,
Il contino Garampi ed il chierico Galli alla «Libreria
Gambalunga». Documenti inediti, «Romagna, arte e storia»,
n. 49/1997, pp. 57-74. Bianchi definisce Galli «uomo erudito
specialmente nelle lingue de’ dotti, Greca e Latina»: cfr.
Novelle letterarie, tomo X, n. 29, 18 luglio 1749,
col. 461.
[6] Cfr. nei citt. Recapiti, p. IV. I nomi dei venticique
allievi presenti nel 1751 sono in un foglio ms. di Bianchi
(cfr. Fondo Gambetti, Miscellanea Manoscritta Riminese,
Bianchi, G. [FGMB], fasc. 310). Sedici frequentano
le lezioni di Logica, tre di Greco e sei di Medicina. Ecco
i loro nomi (da noi ordinati in ordine alfabetico): 1. Aldini
Gioseffanton (Cesena, Logica); 2. Almeri Michele (Rimini,
Logica); 3. Baldini, dottore in teologia (abate, Rimini,
Greco); 4. Bartolucci Antonio («cirusico del Pubblico»,
Rimini, Medicina); 5. Bedinelli Francesco Paolo (Pesaro,
Medicina); 6. Brunelli Cesare (Rimini, Logica); 7. Brunelli
dottor Giambattista (Rimini, Medicina, già cit. in Recapiti);
8. Fabbri Luigi (abate, Rimini, Greco); 9. Ferri (abate,
Montescudo, Logica); 10. Franciolini Curio (Iesi, Logica);
11. Gaspari (abate, Montescudo, Logica); 12. Genghini Giuseppe
(Rimini, Logica); 13. Gervasi, padre («maestro di studi
agostiniano di Napoli», Greco); 14. Gori (abate, Santarcangelo,
Logica); 15. Graziosi ([Ubaldo, già cit. in Recapiti],
abate, Montescudo, Logica); 16. Maltagliati Gaetano (Rimini,
Medicina); 17. Melli Paolo (abate, Rimini, Medicina); 18.
Menghi (abate, Santarcangelo, Logica); 19. Morelli (abate,
Rimini, Logica); 20. Preti (abate, S. Giovanni in Marignano,
Logica); 21. Tassini Andrea (abate, Pesaro, Logica); 22.
Tononi (abate, Coriano, Logica); 23. Vasconi Girolamo (abate,
Coriano, Medicina); 24. Zangari Giovanni (Rimini, Logica);
25. Zavagli Antonio (Rimini, Logica). Circa la loro provenienza
geografica, tredici sono di Rimini, uno di Iesi, due di
Santarcangelo di Romagna, tre di Montescudo, due di Coriano,
uno di San Giovanni in Marignano, due di Pesaro ed uno di
Cesena. Il documento reca in IV ed ultima facciata: «1751.
Prehensationes Inutiles Pro Cathedra Logicae». Esso rimanda a quando Bianchi fu proposto, ma non nominato,
«Lettore pubblico di Logica» a Rimini, perché non rispondeva
ai requisiti richiesti dalle disposizioni testamentarie
che finanziavano quella Cattedra, cioè «non era prete».
La scelta cadde su G. A. Battarra (su cui v. alla nota 39).
[7] Come ho scritto in Due maestri riminesi
al Seminario di Bertinoro. Lettere inedite (1745-51) a Giovanni
Bianchi (Iano Planco), «Studi Romagnoli» XLVII (1996,
ma 1999), pp. 195-208, il cit. G. P. Giovenardi parla di
«quelli della nostra setta», mentre L. Cenni cita i «Bianchisti»
(p. 195, nota 2). Da fuori, si accusa questa «Scuola
di Rimino» di segnare le proprie pagine con «velenoso inchiostro»,
«quando per essa vuolsi a qualchuno stringer adosso il giubbone,
o quando si pretende avilirlo» (p. 195, nota 3). Su G. Bianchi,
cfr. questi miei altri lavori: La Spetiaria del Sole,
Iano Planco giovane tra debiti e buffonerie, Raffaelli,
Rimini 1994; Giovanni Bianchi (Iano Planco) studente
di Medicina a Bologna (1717-19) in un epistolario inedito,
«Studi Romagnoli» XLVI (1995, ma 1998), pp. 379-394; «Lamore
al studio et anco il timor di Dio», Precetti pedagogici
di Francesco Bontadini commesso della «Spetiaria del Sole»
per Iano Planco, suo padrone, «Quaderno di Storia n.
2», Rimini 1995.
[8] Circa l’importanza europea di questo testo, cfr. Novelle
letterarie, tomo IV, n. 15, 12 aprile 1743, col. 229:
qui leggiamo che Bianchi, per le sue scoperte in questo
campo, venne definito «Linceo» da Gian Filippo Breynio,
professore di Storia Naturale in Danzica.
[9] Nel «catalogo degli scolari» (v. nota 17), Bianchi avverte
di tralasciare «di mentovare quegli scolari, ch’ebbe in
Siena, e che si distinguono»: tra questi c’era anche il
riminese Francesco Maria Pasini (1720-1773), futuro vescovo
di Todi ed educatore di Aurelio Bertòla (1753-1798).
[10] Cfr. G. Bianchi, Minute di lettere dal 1739 al 1745, MS-SC. 969,
BGR.
[11] Cfr. tomo I, pp. 353-407.
[12] Cfr. A. Montanari, Modelli letterari dell’autobiografia latina di
Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775), «Studi Romagnoli»
XLV (1994, ma 1997), pp. 277-299. Il fondamentale (e segreto)
significato di quel testo, non è mai stato ovviamente colto
dai suoi numerosi, saccenti (e non disinteressati) avversari.
Costoro seppero soltanto accusare Bianchi in modo fin troppo
facile, di millanterie da doctor gloriosus, da medico
vantone, per quanto egli vi narra.
[13] Una storia completa dei Lincei planchiani è nella mia
comunicazione, di prossima pubblicazione, svolta al Convegno
forlivese (maggio 2000) su Le Accademie in Romagna dal
’600 al ’900, organizzato dalla Società di Studi Romagnoli,
ed intitolata Tra erudizione e nuova scienza. I Lincei
riminesi di Giovanni Bianchi (1745). Il testo è parzialmente
anticipato in Riministoria, <http://digilander.libero.it/monari>,
novembre 2000, <http://digilander.libero.it/monari/lincei/lincei.00.html>
[14] Cfr. A. Montanari L’anello di Galileo. E’ di Iano Planco la prima
storia a stampa dei Lincei, «Il Ponte», Settimanale
cattolico riminese, XXVII (2002), 25, p. 17: questa «Lynceorum
Notitia» è premessa alla ristampa del Fitobasano
di F. Colonna
pubblicato a Firenze nel 1744, a cura dello stesso Bianchi.
(Cfr. pure P. Delbianco, scheda su Colonna, F., Phytobasanos, in
Le Belle Forme della Natura. La pittura di Bartolomeo
Bimbi (1648-1730) tra scienza e ‘maraviglia’, Modena,
Abacus, 2001, pp. 146-147.)
[15] Cfr. Id, Nei «ripostigli della buona Filosofia». Nuovo pensiero
scientifico e censure ecclesiastiche nella Rimini del sec.
XVIII, «Romagna arte e storia», 64/2002, pp. 35-54.
[16] Planco s’avventura in un terreno pericoloso. Con elegante
sottigliezza, rimette in discussione il trattamento riservato
dalla Chiesa agli «istrioni», che in Francia erano ancora
privati dalle leggi canoniche «fino de’ Sagramenti, e dell’Ecclesiastica
Sepoltura». E cita san Tommaso, il quale ritiene che «l’Officio
dell’Arte degli istrioni […] è ordinato per sollevar l’animo
degli uomini, e che coloro che l’esercitano dentro de’ debiti
modi, non sono mai in istato alcuno di peccato; e che a
loro si conviene una giusta mercede per le loro fatiche».
Bianchi si domanda: se la Chiesa permette la lettura delle
commedie di Plauto e Terenzio, non si dovrebbe permettere
anche la loro rappresentazione? Perché debbono essere considerati
«infami» quei comici che «le rappresentano venalmente»,
mentre «diventano onesti quei che le rappresentano gratis»?
[17] Di A. Cavallucci e di C. Vizzani, oltre che in Tra
erudizione e nuova scienza, cit., mi occupo nella comunicazione
tenuta al Convegno degli «Studi Romagnoli» del 2001, di
prossima pubblicazione, intitolata «Contro il volere
del padre». Diamante Garampi, il suo matrimonio, ed altre
vicende riguardanti la condizione femminile nel secolo XVIII.
[18] Nel cit. Tonini, La coltura letteraria, II, p. 219, si legge che
Ganganelli, nato nel 1705, si trattenne a Rimini «secondo
alcuni» sino al diciottesimo anno, cioè sino al 1723 circa:
la scuola di Bianchi, come s’è detto, inizia nel 1720. Tonini riporta (pp. 220-221) una missiva
inviata da Ganganelli il 30 settembre 1759 (dopo la sua
nomina a Cardinale), a Bianchi, che cito però dall’ed. veneziana
del tipografo Garbo (Lettere interessanti, 1778,
pp. 115-116): «Ora conosco, che voi avevate ragione a sgridarmi,
quando io non voleva studiare; adesso vi ringrazierei di
quanto allora faceste per me [...]». Il 7 giugno 1758 (ibid.,
p. 112) a Planco, Ganganelli aveva ricordato con «affetto»
la città di Rimini («sono uno de’ suoi abitanti»), mentre
il 15 settembre 1763 gli scrive: «non passa forestiere a
Rimini, che non chiegga di vedere il Dottor Bianchi, e che
non abbia il vostro nome registrato nel suo taccuino» (ibid.,
p. 119). In altre edd. delle Lettere interessanti,
al posto della parola «taccuino», leggiamo: «con delle carte»
(Losanna 1777, III tomo, p. 125), oppure «tra i suoi ricordi»
(Firenze 1829, II tomo, p. 146).
[19] Cfr. G. Bianchi, Viaggi 1740-1774 (o Libri Odeporici), SC-MS. 973, BGR, c. 569v, 25 settembre
1769.
|
Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Iano Planco,
di Antonio Montanari
|