La
fine della Repubblica romana
Il I secolo (-) è nelle regioni italiche dominate da
Roma un periodo di crisi istituzionale e di grande trasformazione
sociale e culturale, secolo di guerre civili ma anche di ristrutturazione
del sistema ormai imperiale di dominio sul mediterraneo e sulle
regioni di tutto il sud dell'Europa. Roma è metropoli di
una stato sovranazionale, cambia il ruolo degli intellettuali
che sempre di pił guarda da spettatore agli eventi politici. Si
teorizza l' "otium" letterario come attività
seria quanto quella politica. L'ellenismo fa penetrare posizioni
individualistiche, la cultura è aristocratica e sono autori
in numero crescente latini e romani e non pił solo "intellettuali
importati". Declina l'arte drammatica e l'epopea nazionale
neviana ed enniana. Si verifica la rottura tra lingua scritta
e lingua popolare, dalla lingua scritta sono eliminate le forme
dialettali e plebee: il latino in questo modo diventa lingua capace
di tradurre il pensiero greco, ma nello stesso tempo subisce un
processo di canonizzazione lessicale. La lingua e la cultura di
questo periodo si iniziano a dire "classici", termine
di riferimento per i secoli successivi.
In campo sociale, a Roma entra in crisi anche la religione tradizionale;
cominciano a penetrare culti orientali e dottrine mistiche, accanto
ad atteggiamenti razionalistici. Alla filosofia si chiede la risposta
al problema della felicità individuale.
In letteratura due grosse tendenze: da una parte gli intellettuali
impegnati a riaffermare la tradizione, anche riveduta e corretta.
Dall'altra i giovani rampanti filo ellenistici dei neòteroi.
Si tratta di posizioni che all'interno dei singoli vengono in
vario modo mediati e sfumati. Può essere indicativo il
dibattito e le prese di posizioni, teoriche e pratiche, nel campo
dell'eloquenza, genere che per i romani aveva immediate applicazioni
pratiche nella vita politica e nella giustizia: cioè nel
campo cruciale per qualsiasi realtà statale democratica
del consenso ottenuto tramite la parola, e della giustizia sociale.
Ci si riferisce alla contrapposizione tra atticisti e asianisti.
Eloquenza: atticismo contro asianesimo
A Roma l'atticismo si sviluppò ai tempi di Cicero, ed ebbe
come maggior rappresentante Brutus. Il fenomeno, che coinvolse
le due aree culturali, quella romana e quella greca, si fondava
sulla teoria dell'imitazione dei retori attici del IV secolo (-),
in particolare di Lysia. Lo stile era scarno e geometrico, teso
pił alla espressione nitida dei concetti che alla forma e all'armonia
del tutto. L'atticismo trovò appoggio nei presupposti degli
analogisti che sostenevano l'osservanza delle regole e dei modelli
nelle nuove formazioni linguistiche.
Gli analogisti sostenevano che il linguaggio è una convenzione,
una struttura ordinata dall'uomo ed è quindi possibile
organizzare in un sistema le parole, nomi e verbi in declinazioni
e coniugazioni, in base alla somiglianza della forma (analogia):
sul piano stilistico gli analogisti tendevano al purismo. Sostenitori
dell'analogia furono i grammatici alessandrini (Aristofanes
da Bisanzio, Aristarkos da Samotracia). A Roma, il
Circolo degli Scipioni e Caesar, autore di un "De analogia".
Agli analogisti si opponevano gli anomalisti che sostenevano che
il linguaggio è un prodotto della natura, osservabile ma
non spiegabile con una teoria razionale, come dimostravano le
numerose irregolarità della lingua, legittimate dall'uso.
Gli anomalisti valorizzavano quindi la "consuetudine",
unico criterio logico che spieghi come oggetti simili siano indicati
con parole diverse ecc. Sostenitori dell'anomalia furono gli stoici
(ad es. Krisippos) e gli eruditi di Pergamo, tra cui
Kratetes da Mallo che introdusse a Roma lo studio della grammatica.
Contrapposto agli atticisti era l'asianesimo, che si fondava sull'anomalismo.
L'asianesimo fu promossa nel secolo III (-) da Egesia da Magnesia.
prediligeva lo stile irregolare, basato su frasi brevi e spezzate,
ricco di figure retoriche e ricercati effetti ritmici e fonetici.
Amava il nuovo, il concettoso, il raro. Nel II-I secolo (-) prevalse
il gusto della parola poetica e dell'espressione ampollosa. A
Roma penetrò a partire dalla fine del II secolo (-) come
gusto antitradizionale e dunque di rottura. Cicero e i suoi contemporanei
parlarono di "stile asiano" perché l'iniziatore
e i maggiori rappresentanti di queste tendenza provenivano dall'Asiaminore.
Capo della scuola asianista a Roma fu
Quintus Hortensius Hortalus .
Attività culturale
Marcus Tullius Cicero nel momento del
tramonto della Repubblica si impegna politicamente e culturalmente
elaborando un nuovo ideale di "humanitas" in cui la
politica è ancora momento culminante ma compenetrato di
valori letterari e filosofici; Cicero esalta il ruolo della parola,
costituisce un nuovo modello per l'oratoria. Con lui il latino
raggiunge le capacità espressive del greco.
Su altro piano rispetto a Cicero è
Marcus Terentius Varro autore di una summa erudita e antiquaria
della civiltà romana; un divulgatore è Cornelius
Nepos.
Poesia
Nell'arco abbastanza ristretto di un cinquantennio, sboccia e
si esaurisce la punta pił alta della poesia latina: Lucretius,
Catullus, Vergilius, Horatius, Ovidius. Tra il declino della repubblica
e l'affermarsi dell'idea imperiale, la cultura latina esprime
il massimo di sé . Perché ciò sia avvenuto
proprio in quel periodo e per così poco tempo, è
un tema possibile di discussione. E' come se dall'urto di una
estrema instabilità con il presagio di un'era nuova si
sia sprigionata una energia creativa che ha rivendicato all'invenzione
artistica la funzione di indagare e proclamare quei significati
del vivere che il travaglio dei tempi rischiava di ottundere.
E' un programma che la "Quarta Ecloga" di Vergilius
esprimerà in termini espliciti. Ma il senso di una indispensabile
interpretazione dell'uomo e del mondo permea anche il poema di
Lucretius, e le "Metamorfosi" ovidiane, e l'accanita
introspezione di Catullus e la sublime simbiosi di pensiero e
forma di Horatius.
Per due secoli i romani guardaro alla Grecia per conquistare non
solo gli strumenti ma soprattutto la consapevolezza dell'universo
letterario. Temi, forme, generi: i romani derivarono tutto dal
mondo greco e ellenistico, ma conquistando anche una propria 'voce',
un tono inconfondibile e autonomo. Al flessibile coloritismo e
all'analitica flessibilità greca opposero un carattere
'monumentale'. L'autore greco, anche il pił letterato, scrive
pur sempre per un ascoltatore: si pensi agli "Inni"
di Kallimakhos e alla sua calcolata colloquialità . Il
testo scritto, per i greci, fissa un segmento temporale, rimanda
al fondamentale momento dell'atto creativo cui il eventuale lettore
volta per volta è invitato a ritornare. Il poeta romano
parla invece sempre per un lettore, la scrittura è diventata
l'unica possibilità di espressione.
Dopo questa breve stagione saranno secoli di epigoni, con qualche
buon poeta. Soprattutto Iovenalis e Martialis. L'interpretazione
dei tempi sarà affidata soprattutto alla critica dei costumi:
satira e epigramma. L'impero garantirà l'apparenza dell'ordine
ma nel caos delle coscienze, come lucidamente allegorizzerà
Petronius. In una società senza altre norme che non siano
quelle del potere, l'arte fronteggerà una alternativa fatale:
piegarsi alla convenzione della maniera o appropriarsi del disordine
della realtà , riflettere la sua decomposizione. Dopo Iovenalis
prevalse la prima tendenza, e la poesia latina si avviò
a un lungo, innocuo, decadimento.
Il momento pił alto della poesia nel momento finale della Repubblica
romana la si ha grazie ai neòteroi.
Gli autori pił importanti di questa scuola senz'altro risultano
Publius Terentius Varro Atacinus,
Gaius Valerius Catullus e Titus Lucretius
Carus .
Storiografia
Nel periodo delle guerre civili, le opere storiografiche cercano
di comprendere quanto accade ma spesso sconfinano con la propaganda
politica di partito o personale. Caius
Iulius Caesar con i "Commentarii de bello gallico"
e "de bello civili" si pone apparentemente neutro rispetto
alle cose che descrive, ma in realtà documenta meriti e
dà giustificazione dell'operato di un uomo di parte qual
era. E tuttavia se anche intento propagandistico esiste, si tratta
pur sempre di una grande opera storiografica.
Intelligenza penetrante e abilità narrativa è in
Gaius Sallustius Crispus , autore
di pamflè politici, di due monografie su Catilina e sulla
guerra contro Iugurta, e di "Storie", con cui individua
negli aristocratici le cause della decadenza di Roma.
Con le guerre civili e la fine della Repubblica, si entra in altra
epoca, la costruzione dell'Impero con
Augustus.
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