Storia della letteratura europea - Torna in homepageTitus Lucretius Carus


Titus Lucretius Carus

Di Titus Lucretius Carus non si sa quasi nulla. Gli si attribuiscono come data di nascita il c.99- e quella di morte il c.55-. Ovunque fosse nato, deve aver vissuto a Roma. Cicero che ne pubblicò il poema lo nomina appena in una lettera; Cornelius Nepos lo loda; tutti gli altri tacciono, anche quelli che dovettero averlo conosciuto (i neòteroi?) o che avrebbero motivo per citarlo (Virgilius, Horatius). Strano silenzio. Ierolamus porta la notizia della pazzia, procuratagli dall'aver bevuto un filtro d'amore procuratogli da una donna: nei momenti di lucidità avrebbe scritto la sua opera, prima di suicidarsi. Non si sa se è un tentativo di screditarlo oppure di spiegarsi in qualche modo la sua opera. Segno comunque del disagio di trovarsi davanti ad un autore inquietante e scomodo.
Di Lucretius abbiamo una sola opera, La natura delle cose (De rerum natura), pubblicato postumo da Cicero nello stato in cui era, compiuto ma non rivisto. Cicero era forse colpito dal tentativo di Lucretius di tradurre in versi latini una dottrina filosofica greca, quella materialistica epicurea, a lui sgradita per ragioni politiche e culturali. Nella crisi di trasformazione dello stato romano da città-stato a capitale di un impero, l'epicureismo assunse i caratteri di una rivoluzione spirituale contro i valori tradizionali. Lucretius conosceva gli scritti della scuola epicurea e la sua viva tradizione: nella sua opera tratta dei fondamenti della cosmologia materialistica, toccando solo indirettamente i problemi etici e sociali. Sul piano filosofico la fedeltà di Lucretius a Epikouros è rigorosa, il suo razionalismo è integrale, anche se si fonde con una coscienza dolente della tragedia umana: con il "De Rerum Natura" Lucretius denuncia i timori, le angosce, le illusioni che rendono l'uomo alieno da sé stesso e infelice.
I sei libri del poema sono disposti a coppie. I primi riguardano la fisica atomistica; III e IV la psicologia, strettamente connessa ai suoi fondamenti fisici; gli ultimi due sono dedicati alla storia del cosmo e dell'umanità. Ogni coppia si chiude con un quadro impressionante di dissoluzione.
Breve trama de La natura delle cose
Nella celebrazione di Epikouros, del suo coraggio intellettuale e del suo ruolo storico, è l'allusione anche alla propria posizione nel mondo latino contemporaneo, contraria agli accomodamenti evasivi delle mode recenti. Lucretius propone agli individui del suo tempo una strenua lotta contro le passioni e contro ogni forma di superstizione. Primo ostacolo sulla strada della salvezza individuale è la religiosità ufficiale, incapace di rinnovarsi. La scoperta del vero si fonde con la coscienza della fragilità dell'uomo. Lucretius usa tutta la sua dottrina per guardare a fondo nell'esistenza e sottopone la materia filosofica a una forte tensione emotiva e immaginativa, specchio della sua solitudine di scrittore. La posizione di Lucretius è unica nell'intera letteratura latina.
Anche il suo linguaggio possiede un realismo vigoroso e corposo, riflette l'adesione impulsiva, appassionata alla realtà. Lucretius si esprime per grandi linee, con una forza quasi primitiva, ma anche con un senso sorvegliato e scrupoloso della parola.
In età augustea l'influenza di Lucretius fu vasta, specie su Virgilius. Fu molto letto nel primo secolo (+), ma la vittoria del classicismo collocò Lucretius, fortemente arcaicizzante, tra gli autori invecchiati. La sua fortuna risalì con l'arcaismo del secondo secolo (+) anche se in forma superficiale. Nella tarda antichità non era un autore raro: ne fecero uso eruditi e grammatici, specie Nonius e Priscianus, ma l'avversione del cristianesimo ne fece declinare la lettura. Nel medioevo rischiò la scomparsa. Si salvò grazie a pochissimi manoscritti, di cui si sono conservati solo due: scoperti da *Poggio Bracciolini nel 1417, restò ancora poco noto nella prima metà del XV secolo: neanche *Lorenzo Valla ad esempio lo conosceva direttamente. Una sua più ampia diffusione si ebbe nella seconda metà del XV secolo: il neoplatonico *Marsilius Ficinus lo lesse e combattè, Michele Marullos, umanista di origine greca, ne fu editore acuto e imitatore. Nel XVI secolo la sua influenza e lettura coinvolge tutta la grande cultura europea occidentale; come fonte essenziale per la conoscenza dell'epicureismo, influì sulla concezione della natura. Presente in Giordano Bruno per il concetto di pluralità e infinità dei mondi, fu alla base dell'atomismo (da P. Gassendi in poi); una sua influenza è anche sul materialismo settecentesco e della seconda metà del XIX secolo. Una notevole fortuna ebbe il quadro tracciato nel Libro V sull'umanità ferina: suscitò forti reazioni nei difensori della tradizione biblica; la sua influenza è chiara in Vico.
Maestro di morale edonistica epicurea, fu letto anche come esaltatore della libertà della ragione contro il fanatismo religioso. La sua influenza come poeta comunque andò sempre al di là del suo messaggio filosofico. La sua poesia fu apprezzata ad es. da Milton (Paradiso perduto), poche le voci negative (Lessing lo considerava un semplice verseggiatore) sempre connesse ad aree culturali classiciste.

Contesto

Contesto: l'impero di Augustus
Contesto: i neoteroi

[1996]

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