Sull'uso
del termine "letteratura"
Sull'uso del termine "letteratura"
Ciò che noi chiamiamo "letteratura"
in realtà è varie cose. Si tratta di uno di
quei termini a geometria variabile, buoni per un po' tutti
gli usi, nell'ambito però di una certa coerenza concettuale.
E' stato usato nel senso di "tutto
ciò che riguarda la cultura di un popolo, cultura
che ha avuto una materializzazione in forma di scrittura".
Una cosa piuttosto vasta, anche impegnativa, da cui rimaneva
esclusa tutta la cultura orale e il sistema della comunicazione
e dei significati non scritti - dunque gran parte delle
manifestazioni artistiche e tecniche di un sistema sociale.
Un uso più restrittivo ha riguardato
l'individuazione con i prodotti di contenuto "artistico"
ma scritti di un gruppo di individui. Così quei generi
che si sono canonizzati nell'Ottocento: lirica, narrativa
(romanzo, novella ecc.). Con punte riguardanti anche il
teatro, di cui si valorizzavano gli autori drammaturgici
(sceneggiatori). La connessione diretta tra letteratura
e quel sistema sociale particolare che veniva individuato
come "nazione", era proprio dell'inserirsi di tale operazione
culturale all'interno della nascita (ideologica) delle nazioni
europee tra Ottocento e Novecento. Il divenire la "letteratura"
una delle "materie" del corso di studi della formazione
scolastica all'interno delle nuove organizzazioni statali
(occidentali) ha permesso al concetto e al suo contenuto
ideologico di mantenere una certa identità nel corso
del secolo.
Alla fine del Novecento, il termine ha cominciato a subire
un processo di dilatazione. Si comincia a pensare di inserire
anche le manifestazioni culturali provenienti dall'intersezione
tra musica e lirica o tra musica e teatro (rispettivamente:
la canzone e l'opera lirica). Si comincia a guardare anche
al cinema come a un genere nei cui confronti è possibile
uno sconfinamento e un arricchimento fagocitatorio. Il fenomeno
dilatatorio riguarda soprattutto la fiction, che vede alla
fine del Novecento una preminenza quantitativa e diffusiva,
rispetto alla produzione lirica (che aveva avuto maggiore
importanza agli inizi dell'Ottocento). La "letteratura"
così tende sempre più a essere "fiction e
narrativa" nelle sue realizzazioni in forma scritta, cinematografica
o radiofonica, internettistica o multimediale ecc., mantenendo
come isole le realizzazioni e produzioni liriche.
L'esistenza dell'industria della cultura
crea problemi anche qui. Da una parte "il mercato" decreta
la marginalizzazione della produzione e della lettura della
lirica. Dall'altra la produzione e la vendita di narrativa
scritta mantiene una sua validità e consistenza;
mentre la produzione cinematografica diventa una industria
a sé stante. Gli altri media vivono ai margini, con
proprie nicchie di mercato e con peculiarità specifiche
(es. la radio che vive grazie al mecenatismo statale: sono
le radio di Stato che continuano a produrre "letteratura",
mentre le radio commerciali e private non sembra abbiano
finora prodotto alcunché).
(Gennaio 1999) |
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