La
ricerca storiografica e critica tra le due guerre
La ricerca storiografica e critica tra le due guerre
Caratteristiche generali
Tra le due guerre grossa influenza hanno una serie di filoni
estetici, che traggono le loro origini dagli sviluppi delle correnti
estetiche dei decenni precedenti: il simbolismo aveva elaborato
una modalità di approccio al testo come enfatizzazione
delle sue capacità di evocare valori nascosti della realtà
quotidiana. Si valorizza la centralità del linguaggio e
la pluralità di significato che esso, in un testo letterario,
si trova a organizzare. E' in questa nuova sensibilità
formale, parallela alle esperienze delle avanguardie in tutta
europa, che maturano:
- la riflessione critica dell'Inghilterra degli anni '20,
da T.S. Eliot a J.A. Richards;
a partire dal 1916 è la riflessione del formalismo
russo, con la decisa affermazione dell'autonomia del sistema
significante della letteratura, descrivibile secondo la logica
delle combinazioni formali.
Con una più marcata esigenza di scientificità
il Circolo linguistico di Praga nel 1929 elabora nelle
sue Tesi un modello organico di letteratura come sistema
di diverse funzioni linguistiche, arricchimento teorico alle formulazioni
dei formalisti russi. Tale arricchimento sarà ripreso dal
new criticism americano degli anni '40-50, e dallo strutturalismo
francese degli anni '50-60.
Sia nel new criticism che nel formalismo agiscono forti istanze
culturali provenienti dal tecnicismo e dallo scientismo proprie
del mondo industriale e moderno: non a caso i due filoni si sviluppano
da due aree culturali così attente, in diverso modo, alla
nuova civiltà industriale di massa.
In questo periodo esistono altri filoni, che si sviluppano da
altre esigenze e da altri filoni culturali, e che alternano aspetti
moderni a sviluppi di elementi già presenti dalla fine
del secolo precedente:
- l'idealismo croceiano, importante
quasi esclusivamente per la regione italiana;
- la critica stilistica;
- la critica sociologista interessante la cultura vicina alla
sinistra intellettuale (marxista e non).
L'idealismo crociano fornisce in Italia supporto filosofico
al moralismo dei critici della «Voce»; apparve dissonante rispetto
alla poetica vociana del frammentismo, all'impressionismo di R.
Serra, al costruttivismo di G.A. Borgese;
mentre ebbe concordanze estetiche (l'"intuizione lirica") con
la critica ermetica di Carlo Bo e P. Bigongiari. Oggi tutte queste
correnti critiche ci appaiono come sviluppi di elementi impliciti
della posizione, in fondo filo-simbolista di Croce.
L'attenzione alla società
Altro filone è quello sociologico: in questa prospettiva
le cose più nuove e migliori vengono dagli scritti di Brecht
e Walter Benjamin negli anni '20 in
Germania: arricchiti di sensibilità formale in Brecht,
di intensa lettura allegorica in Benjamin: per lui il testo rappresenta
il momento iniziale di un processo conoscitivo capace di abbracciare
tutti i risvolti di un'epoca storica.
Al filone sociologico marxista appartiene anche G. Lukács
che definì negli anni '30-50 una teoria hegeliana del realismo.
E Antonio Gramsci, su un fronte più socio-economico e in
odor di eresia presso gli stalinisti ortodossi, che però
avrà influenza solo negli anni postbellici (i suoi Quaderni
del carcere sono stati pubblicati nel 1948-50 e poi in edizione
critica solo nel 1975).
In Lukács è l'esigenza della cultura di derivazione
marxista dell'epoca di porsi come "superamento" della cultura
borghese; il superamento come introiezione di quella cultura,
o almeno dei suoi momenti di punta (il realismo ottocentesco):
superamento come sintesi hegeliana. Il realismo auspicato come
momento demistificatorio e svelatore della realtà dello
sfruttamento capitalistico all'interno della società borghese,
viene usato dal nuovo potere russo come arma propagandistica:
il realismo socialista diviene così una poetica di falsificazione
e non di demistificazione. D'altra parte l'evento 1917 si pone
come problema per la cultura borghese occidentale, che cerca di
elaborare sistemi alternativi e reattivi alla minaccia rappresentata
da quella cultura. L'elaborazione di uno scudo che ponga al riparo
dalla sovversione di classe significa il guardare con sospetto
tutti quei sistemi d'analisi elaborate su matrice sociologica
e, in parte, storicista. Si approntano sistemi d'analisi che fanno
leva su fattori "tecnici": di qui lo sviluppo della stilistica,
e l'uso che è possibile fare del formalismo (soprattutto
nel dopoguerra) per l'aspetto "neutro" (e dunque fruibile da chiunque)
che la tecnica sembra possedere (ma, di contro, il sospetto che
sotto l'aspetto neutro possa celarsi un orientamento contrario
a quello del sistema dominante, ciò che pose fine al formalismo
russo criticato dal marxismo al potere, mentre negli anni '50-60
fatto proprio dagli ambienti culturali della sinistra guardato
con altrettanto sospetto dagli ambienti conservatori borghesi
al potere).
Formalismo russo
Intorno al 1914 si presentò al campo delle attività
critiche letterarie, una nuova corrente, designata poi (prima
con accezione negativa) formalismo. Essa fu attiva fino al 1930
circa. P. Bogatyrëv, Roman Jakobson, G.O. Vinokur, Osip
Brik, Boris Tomasevskij riunitisi
nel Circolo linguistico di Mosca (1915), e L. Jakubinskij, L.
Polivanov, Viktor Sklovskij, Boris Ejchenbaum,
fondatori nel 1916 dell'OPOJAZ (Società per lo
studio della teoria della lingua poetica) di Pietroburgo, cui
si avvicinò anche Viktor Zirmunskij, formularono una prestigiosa
e anticipatrice teoria in cui, mettendo in rilievo il principio
dell'automatismo della percezione nella lettura delle forme, concentravano
tutta l'attenzione critica sui procedimenti volti a rompere tale
automatismo, procedimenti attraverso i quali si esprime e prende
consistenza la forma letteraria. Essi rifiutavano ogni approccio
psicologico o sociologico all'opera d'arte, di cui ribadivano
la natura esclusiva di "convenzione" e "finzione": in questo senso
si poteva indagare l'espressione artistica non come prodotto di
un'ideologia sociale, ma come meccanismo dotato di sue leggi autonome.
Quasi un manifesto fu il saggio di Sklovskij,
L'arte come artificio apparso sul primo numero dell'almanacco
«Poetica» (1919).
In seguito i formalisti approfondirono la ricerca: sulla tipologia
della forma narrativa (Sklovskij, Teoria della prosa); sul rapporto
tra lingua emozionale e lingua poetica (Jakobson, La poesia contemporanea
russa, e Sul verso ceco); sulla funzione della norma metrica nel
verso e nella prosa (Tomasevskij, Sul verso); sulla struttura
delle favole Vladimir Jakovlevic Propp scrisse un fondamentale
Morfologia della fiaba (1928), in cui si cerca un sistema di classificazione
che permetta di stabilire in che cosa consista la fiaba prima
di indagarne le origini: il saggio fu nel dopoguerra oggetto di
ampia discussione e stimolo, nella cultura euroccidentale.
Rilevanti le applicazioni della teoria a singoli momenti della
storia letteraria: così i lavori di Tynjanov
su Gogol' e Dostoevskij; Zirmunskij
su Byron e Puskin; Sklovskij su Puskin e Sterne; Ejchenbaum sul
giovane Tolstoj, Gogol', Blok. Alla fine degli anni '20, dopo
un violento dibattito che l'oppose al nascente ma già imperioso
monopolio del realismo socialista, il formalismo cessò
di esistere. La sua ricerca fu ripresa e continuata dal Circolo
di Praga, nel cui ambito nacque lo strutturalismo.
Circolo di Praga
Nel 1916 è pubblicato dai suoi allievi il Corso di
linguistica generale di Ferdinand de Saussurre, con cui è
il rifiuto dell'atomismo positivista e la descrizione della lingua
come strumento di comunicazione. La lingua è struttura,
insieme di sistemi interrelati; gli elementi linguistici (suoni,
parole ecc.) non hanno alcuna realtà indipendentemente
dalla loro relazione col tutto, e dalle relazioni di equivalenza
e contrasto che esistono tra di loro.
Si sviluppò da qui la tendenza a distinguere tra uso
della lingua e lingua in sé stessa; la tendenza a interessarsi
poco dell'uso della lingua, dunque anche del suo uso storico:
l'impostazione diacronica su sottomessa a quella sincronica.
Le Tesi del Circolo linguistico di Praga (1929) testimoniano
l'esigenza di includere la lingua poetica nel dominio della nuova
linguistica, definendola come il luogo in cui i procedimenti usati
automaticamente nella lingua di comunicazione vengono "desautomatizzati"
e sostenendo che "al posto della mistica dei rapporti di causalità
tra sistemi eterogenei, bisogna studiare la lingua poetica in
se stessa". Massimo protagonista di questo indirizzo fu Roman
Jakobson. Le attività del Circolo di Praga confluirono
nel dopoguerra nel più vasto movimento strutturalista,
con le ricerche di L. Hjelmslev ecc..
New Criticism
Il termine fu ripreso dal titolo di un volume di John
C. Ransom La nuova critica (The new criticism, 1939)
per designare la corrente letteraria sviluppatasi a partire dagli
anni '30 in USA e Inghilterra, e che durerà fino agli anni
'50, in opposizione ai rigori ortodossi della critica marxista
e ai toni moralistici del neoumanesimo. Il new criticism ebbe
un'origine 'sudista', con Ransom e Tate provenienti dai gruppi
intellettuali antindustrialisti e antirooseveltiani di «The agrarians»
e di «The fugitives», tesi a contrastare il dominio critico e
ideologico della Nuova Inghilterra.
Dei "nuovi critici" fecero parte: M. Beardsley; Cleanth Brooks
autore de La poesia moderna e la tradizione (Modern poetry and
tradition, 1939); Richard P. Blackmur autore del saggio Dalla
gioia del Giordano (From Jordan's delight, 1937); Robert
P. Warren; Allen J.O. Tate; René
Wellek nato a Vienna, studioso a Praga, naturalizzato americano
nel 1946; Y. Winters; W.K. Wimsatt. T.S. Eliot; la "scuola di
Cambridge" con Ivor A. Richards e in parte W. Empson in Gran Bretagna.
Essi negavano al testo referenzialità e contesto storico,
biografico o psicologico, per dare alla critica una base oggettiva,
autonoma rispetto alle intenzionalità dell'autore. Grande
fama ebbe l'antologia Capire la poesia (Understanding poetry,
1938) di Brooks e Warren, e, nel dopoguerra, la Teoria della
letteratura (Theory of literature, 1949) di Wellek e Warren.
Non fece parte del new criticism, ma ebbe un aimportanza fondamentale
quale critico letterario, Edmund Wilson.
Scuola di Cambridge
Di essa fecero parte Ivor A. Richards, Frank R. Leavis, William
Empson. Essa realizzò negli anni '20-30 in Gran Bretagna
l'auspicata partecipazione diretta del mondo accademico all'evolversi
della situazione letteraria. La nuova critica nasceva come reazione
all'impressionismo della critica di fine secolo (rappresentata
principalmente da W. Pater). Ivor A. Richards ne fu il principale
animatore, docente di letteratura inglese a Cambridge e poi alla
Harvard University. Scrisse insieme allo storico J. Wood e allo
psicologo C.K. Ogden Fondamenti dell'estetica (Foundations of
aesthetics, 1922), con Ogden Il significato del significato
(The meaning of meaning, 1923), e soprattutto I fondamenti della
critica letteraria (Principles of literary criticism, 1924) e
La critica in atto (Pratical criticism, 1929) che hanno grande
rilievo nella storia della critica letteraria moderna per le teorie
sulla funzione della poesia e per il metodo di lettura dei testi,
poco più tardi sviluppati dal new criticism. Fu oppositore
del romanticismo e dell'idealismo, fautore di un positivismo logico
che considera il fatto artistico come mero dato dell'esperienza.
William Empson autore di saggi come Sette tipi di ambiguità
(Seven types of ambiguity, 1930), Alcune versioni di pastoral
(Some version of pastoral, 1935), La struttura delle parole complesse
(The structure of complex words, 1951), in cui esplorò
i molteplici significati simultanei impressi alle parole dai poeti,
e alle strutture letterarie da un'epoca di crisi o da una metamorfosi
dei valori sociali. Frank R. Leavis condusse una battaglia contro
la letteratura di mero consumo, contro le mode non sorrette da
adeguato impegno etico. Nel saggio di esordio, Civiltà
di massa e cultura minoritaria (Mass civilization and minority
culture, 1930) richiamava la minoranza depositaria della cultura
al dovere di conservare e rinnovare i valori della tradizione.
In Rivalutazione: tradizione e sviluppo nella poesia inglese (Revaluation:
tradition and development in english poetry, 1936), testo fondamentale
della nuova critica, corresse e estese il concetto eliotiano di
tradizione. esemplificò poi il concetto di tradizione attraverso
l'analisi dei romanzi visti come "poemi drammatici" (La grande
tradizione: George Eliot, Henry James, Joseph Conrad, 1948).
Stilistica idealistica
La stilistica, tesa a studiare lo stile di un autore o di un
periodo, e considerante il prodotto letterario come fatto essenzialmente
linguistico, conosce nel XX secolo due scuole: quella di Ginevra
con De Saussure e Bally; e quella idealistica tedesca con Schuchardt,
Vossler e Leo Spitzer. Spitzer, viennese, in seguito alle persecuzioni
contro gli ebrei dovette rifugiarsi in Turchia e poi negli stati
Uniti, di formazione positivista, si inserì nella corrente
idealista di Croce e Vossler. Formulò un metodo critico
basato sull'unità tra critica letteraria e analisi stilistica,
attraverso una attenta lettura dei testi nelle loro caratteristiche
formali, stilistiche e linguistiche, fino all'intuizione capace
di isolarne il nucleo originario e giungere a una interpretazione
globale dell'autore. Le teorie di Spitzer si sviluppano da questa
premessa: "A qualsiasi emozione, ossia a qualsiasi allontanamento
dal nostro stato psichico normale, corrisponde, nel campo espressivo,
un allontanamento dall'uso linguistico normale. Viceversa, un
allontanamento dal linguaggio usuale è indizio di uno stato
psichico inconsueto. Una particolare espressione linguistica è,
insomma, il riflesso e lo specchio di una particolare condizione
dello spirito". In questa prima formulazione Spitzer collega stile
del testo e psiche dell'autore, guardando con interesse alla sua
visione del mondo. In seguito l'attenzione di S. riguarderà
solo il sistema dei procedimenti stilistici interni al testo.
Egli lo analizza cercando delle relazioni tra parola e opera:
"Le osservazioni fatte sulla parola si possono estendere a tutta
l'opera: se ne deduce che tra l'espressione verbale e il complesso
dell'opera deve esistere, nell'autore, una armonia prestabilita,
una misteriosa coordinazione tra volontà creativa e forma
verbale" Numerose le opere di Spitzer, tra esse: Studi stilistici
(Stilstudien, 1928), Studi di stile e di letteratura romanza (Romanische
Stil- und Literaturstudien, 1931), Racine e Goethe (1933), Linguistica
e storia letteraria (Linguistics and literary history, 1948).
Alla scuola tedesca appartengono anche Erich Auerbach e E.R.
Curtius che, avvalendosi di un agguerrito e complesso metodo filologico
e stilistico, hanno reperito costanti formali nei vasti periodi
letterari presi in esame.
Auerbach era succeduto a Spitzer alla cattedra di filologia
romanza all'Università di Marburgo: l'avvento del nazismo
lo costrinse a lasciare la Germania: nel 1936- 47 fu profe di
filologia romanza all'Università di Istanbul, poi fu alla
Yale University. In lui la formazione di filologo si arricchisce
di una preparazione storica e sociologica, l'indagine stilistica
si avvale di ogni altro fattore utile a chiarire il pensiero dell'autore.
Fondamentale è il suo Mimesis: il realismo nella letteratura
occidentale (Mimesis: Dargestelle Wirklichkeit in der abendländischen
Literatur, 1946).
Ernst Robert Curtius insegnò a Marburgo (1920), Heidelberg
(1921), Bonn (1929-51), studiò la cultura francese e il
suo influsso in europa: saggi su Proust, Balzac, Barrès
ecc., e La letteratura europea e il medioevo latino (Europäische
Literatur und lateinisches Mittelalter, 1948) in cui individua
nel medioevo latino le fonti di un nuovo umanesimo.
L'attività critica francese
Le cose più importanti provengono forse più che
dal mondo universitario e accademico, dal mondo delle riviste
e della critica militante. Sono essi che influenzano direttamente
tutta l'europa letteraria del tempo. Oltre a una nutrita serie
di autori-critici, da Gide a Valéry ecc., ricordiamo qui
almeno Jean Paulhan e Gaston
Bachelard.
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