Italia
nel XV secolo: Produzione in volgare
Italia nel XV secolo: Produzione in volgare
Il petrarchismo
Già nei poeti contemporanei o di poco
posteriori Petrarca si impose come un maestro. Si vedano Sennuccio
del Bene, Buonaccorso da Montemagno il Vecchio, ma anche Cino
Rinuccini e tutta una folla di altri rimatori minori. E' una influenza
tutto sommato limitata nell'ambito delle riprese lessicali, di
particolari immagini e situazioni, nell'ambito di contesti in
cui coesistono eredità alighieriane, stilnovistiche, popolareggianti.
Con l'umanesimo si ha un rilancio di
Petrarca, mediatore Coluccio Salutati,
ma soprattutto del Petrarca latino.
A ricomporre l'immagine unitaria di Petrarca e di tutta la cultura
volgare, come esce dai "Dialoghi con Petrus Paulus da Istria"
di Leonardo Bruni, contribuì la
concreta e pił esclusiva imitazione da parte di un poeta come
Giusto de' Conti e dei suoi seguaci. I 150 testi della Bella mano
(1440) restauravano lessico, strutture metriche e temi dei "Frammenti
di cose in volgare", e svolgevano le premesse indispensabili per
il riuso organico del canzoniere petrarchiano che caratterizzò
massicciamente la produzione del secondo XV secolo, specie fuori
dalla Toscana.
A Firenze il petrarchismo, per quanto presente, non si impone
come modello globale. Le esperienze poetiche di Lorenzo Medici
o di Poliziano testimoniano una posizione non egemonica del petrarchismo.
E' con le raccolte poetiche di G. Visconti, Niccolò da
Correggio e con i rappresentanti della produzione cortigiana,
di cui fanno parte Tebaldeo, Panfilo
Sasso, A. Braccesi, M. Malatesti ecc., che si fissano le caratteristiche
di una produzione che diventa di maniera, pił aderente al modello.
Dal modello petrarchesco, ridotto a repertorio, sono ripresi gli
aspetti pił vistosamente concettistici e epigrammatici. Si costruiscono
sonetti, strambotti, capitoli gremiti di complicatissime metafore
barocche. Lo stesso tipo di espressione, esasperata da un eccezionale
virtuosismo nell'improvvisazione poetica e musicale, impose alle
maggiori corti italiche e a una rinomanza europea Serafino
Aquilano.
Una maniera pił facile, sorretta da un sensualismo elegiaco di
derivazione pontaniana, caratterizza i rimatori napoletano aragonesi:
Pier Iacopo De Jennaro, Francesco Galeota,
Giovan Francesco Caracciolo, Giovanni
Petrucci, il Cariteo.
Le cose migliori del petrarchismo del XV secolo restano i Libri
di amori (Amorum libri) di M.M. Boiardo, e i Sonetti e canzoni
di Iacopo Sannazaro: in essi il petrarchismo raggiunge i risultati
pił aristocratici e raffinati.
Produzione in volgare: La produzione fiorentina
In campo poetico gli italici a nord e centro
sono in gran parte petrarcheschi, ma non mancano poeti indipendenti,
a testimonianza della policentricità dell'Italia del XV
secolo, e poeti non petrarcheschi. Si continua a produrre in campo
religioso: laudi, sacre rappresentazioni. E in campo popolareggiante
non religioso: cantari, canzonette, ballate amorose. In gran parte
autori anonimi, o di cui non è possibile ricostruire una
biografia o una personalità definita; ma non necessariamente
autori di basso profilo o di livello culturale zero. A Firenze
funzione centrale all'interno della poesia non petrarchesca ha
nella prima metà del secolo Burchiello,
originale per invenzione e gusto espressivo realistico-burlesco.
Firenze, soprattutto grazie alla direzione politica e culturale
di largo respiro di Lorenzo Medici, cerca di porsi al centro della
cultura, non solo attirando umanisti ma anche svolgendo un'attività
di promozione delle attività poetiche in volgare. Per rivitalizzare
le attività poetiche in "volgare" (toscano) si tenta anche
la via del concorso pubblico: è il "Certame coronario"
indetto a Firenze nel 1441, sotto la direzione di Alberti. La
gara poetica si svolse a Firenze, a Santa Maria del Fiore, il
22 ottobre 1441. Il tema su cui i vari poeti dovevano poetare
era quello dell'amicizia. Vi presero parte rimatori popolani come
Anselmo Calderoni, Mariotto Davanzati, Antonio Agli, e umanisti
come Ciriaco Pizzicolli, Leonardo Dati, Benedetto Accolti e lo
stesso Alberti. Di Accolti (1415\1466) sappiamo che, proveniente
da una nobile e illustre famiglia, fu giurista e cancelliere della
repubblica, storico della prima crociata e autore di un importante
dialogo in latino (Eccellenza degli uomini del suo tempo, De praestantia
virorum sui aevi) in cui esaltò la civiltà moderna
e tracciò un profilo culturale dell'epoca. Leonardo Dati
presentò al certame una scena in volgare L'amicizia (De
amicitia): fu così tra i primi a adattare versi classico-latini
alla poesia volgare. Egli (che era nato a Firenze nel 1408 e morì
a Roma nel 1472), fu vescovo di Massa e segretario pontificio;
scrisse durante la sua vita epistole, poemetti, eleganti poesie
in latino oltre che in volgare, e una tragedia di modello senechiano,
Hiempsal. Ciriaco Pizzicolli era un anconetano, per questo fu
noto anche con il nome di Ciriaco d'Ancona. Nato nel 1391 (morì
nel 1455) fu poeta, viaggiatore, collezionista di arte antica,
di epigrafi e di codici. Come umanista le cose migliori sono l'Itinerario
(Itinerarium) e le Lettere, pubblicate postume (1742 e 1896),
in cui esprime il suo entusiasmo per l'antichità classica
greca e latina, le cui tracce andava riscoprendo in tutto il mediterraneo
orientale. La giuria, composta da dieci segretari apostolici,
non aggiudicò il premio, che consisteva in una corona di
lauro d'argento, suscitando il risentimento di Alberti. L'iniziativa
ebbe un notevole significato storico, perché fu la prima
affermazione del volgare nell'ambito della cultura ufficiale:
segnò il risorgere dell'uso letterario del toscano, contro
gli entusiasmi latinisti dei primi umanisti.
Altra iniziativa importante dal punto di
vista storico per l'affermazione del volgare e, all'interno di
questo, per l'affermazione del toscano quale lingua poetica comune
per la penisola, fu la Raccolta aragonese. Si trattava
di una antologia di rime toscane ordinata nel 1476-1477 da Lorenzo
Medici e dai suoi collaboratori, e da lui inviata in dono a Federico
d'Aragona, figlio di Ferdinando re di Napoli. Se ne è perduto
l'originale, ma ne possediamo tre copie diverse , da cui è
stata fatta una ricostruzione grazie a *M. Barbi. All'interno
dell'antologia posto di rilievo aveva Alighieri con la "Vita nuova"
e un'ampia scelta delle "Rime", preceduta dalla biografia del
poeta scritta da Boccaccio. Erano presenti inoltre Guinizelli,
Guittone da Arezzo, Cavalcanti, Cino da Pistoia e alcuni poeti
minori dal XIII secolo fino ai contemporanei di Lorenzo Medici:
lui stesso chiudeva la rassegna con alcuni suoi componimenti (nove
sonetti, due canzoni e cinque ballate). Mancavano le rime di Petrarca
perché la sua raccolta aveva già ampia circolazione
autonoma. Dopo il certame del 1441 è una ulteriore tappa
del processo di rivalutazione del volgare rispetto al latino.
Il confronto tra le due tradizioni era stato oggetto di dotta
conversazione tra Lorenzo Medici e Federico d'Aragona, durante
un incontro avvenuto a Pisa nel 1476. Criteri e finalità
di scelta sono esposti nell'epistola accompagnatoria, attribuita
a Poliziano: facendo un organico campionario di testi antichi
e recenti si vuole dimostrare la continuità e nobiltà
della tradizione poetica toscana, le capacità espressive
della lingua toscana che, come il latino, può esprimere
tutti gli stili, dal leggiadro al sottile e ingegnoso al sonoro.
Intorno a Lorenzo Medici (1449/1492),
mecenate di poeti ma anch'egli poeta si assiste a una eccezionale
fioritura poetica. Si affronta il genere rusticale, si recupera
lo stilnovismo sotto gli influssi del neoplatonismo di Ficino.
Riesce a avere un suo spazio un poeta realista e corposo come
Luigi Pulci (1432/1484). Importante è
il caso culturale e politico posto da Gerolamo Savonarola
la cui vicenda è tra le gli avvenimenti centrali della
storia della fine del secolo in Italia.
Produzione in volgare: Città del nord
italia e Napoli
In nord Italia e a Napoli operano altri poeti
che usano il toscano divenuto lingua poetica comune. Si ricordano
Antonio Cammelli detto Il Pistoia, Giusto
Conti. Anche G.B. Refrigerio, e Niccolò
da Correggio si impegnarono in canzonieri aulici. A Ferrara
opera anche Matteo Boiardo che mischia
eros ed epos riproponendo un ideale feudale-cavalleresco.
In Veneto si producono esperimenti mistilingui,
maccheroniche, pedantesche. A Padova è la tradizione delle
"frottole" e dei "mariazi". A Venezia è Leonardo Giustinian,
un autore colto che usa forme e contenuti popolareschi, e il romanzo
di Francesco Colonna.
A Napoli, sotto gli aragonesi operano: il
toscanofilo Masuccio da Salerno (1410/1475);
Pontano, umanista antiretorico e naturalista;
Sannazaro (1455/1530), un esteta che produce "in vitro" modelli
di prosa e poesia profana e sacra, in latino e in toscano, che
servirono all'imitazione letteraria europea.
[1997]
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