Produzione
culturale ebraica
Produzione culturale ebraica
Nell'ambito delle popolazioni ashkenazite ebraiche di cultura
e lingua jiddish, fenomeno importante, accanto all'illuminismo
del'haskalah, lo chassidismo, che produsse una serie ricchissima
di parabole, leggende, meditazioni, di cui Martin Buber (1878\1965)
si fece interprete in tedesco.
L'illuminismo, dopo un'ostilità iniziale verso lo jiddish,
visto come lingua dell'alienazione ebraica, se ne servì
per farsi leggere dalle masse ashkenazite, producendo sia opere
di cultura popolare, sia romanzi racconti e poesie a sfondo sociale
o satirico. E' in questo periodo che la letteratura jiddish esce
dall'anonimato e acquista un'autocoscienza sia etica che formale.
Fioriscono feuilleton, racconti romanzeschi ricalcati su modelli
della letteratura europea, di tipo realistico o sentimentale:
è il campo della versione ebraica dei romanzi popolari
europei.
La critica allo chassidismo è predominante in Poylish yingl
di I. Linetsky, che fu pubblicato come feuilleton in «Kol mevasser»
(1867-1868) ed ebbe una immensa popolarità; racconto autobiografico,
sugli anni di formazione di un adolescente che subisce l'educazione
tradizionalista, il matrimonio combinato, l'ambiente corrotto
dello chassidismo, fino alla conversione dell'eroe. Dos shterntikhl
di I. Axenfeld, non trovando una tipografia in Russia, fu pubblicato
a Lipsia (1861): nel romanzo gli eroi negativi sono i chassidim
descritti come dei corrotti, mentre personaggi positivi sono mercanti
e commercianti volti verso il mondo esterno e l'azione; la vita
dei villaggi, gli shtetlekh, è vista come sinonimo di immobilismo,
mentre la vita delle città è il luogo del progresso
dove prospera una borghesia ebraica intraprendente e in via di
assimilazione: il romanzo riflette il processo di urbanizzazione
e industrializzazione, e dipinge la nuova borghesia ebraica emergente
a Tarnapol, Brody, Odessa, Leopoli.
I.M. Dick, autore di più di trecento novelle e racconti
apparsi in feuilleton, e di cui molti furono diffusi dai venditori
ambulanti, è rappresentante tipico di questo genere populista:
suo scopo era di contribuire all'educazione e all'elevazione delle
masse ebraiche per mezzo di racconti moralistici e di romanzi
sentimentali. Con S. Ettinger cominciamo a muoverci con altre
prospettive: egli sceglie di usare lo jiddish non per diffondere
il "lumi" ma con la convinzione che lo jiddish è una lingua
letteraria a pieno titolo; la sua vicinanza al romanticismo (Lessing)
lo portò ad allargare il campo espressivo della letteratura
jiddish, arricchendo il lessico, affinando la sintassi, creando
un nuovo stile lirico ed elegiaco; le sue allegorie ballate o
epigrammi, mettevano l'accento sulle emozioni individuali, sulle
impressioni soggettive più che sui problemi sociali; egli
scrisse anche una commedia intitolata Serkele, ritratto di una
donna ambiziosa, prototipo del teatro jiddish (influenzò
J. Gordin e l'opera di A. Goldfaden).
Il primo narratore di valore, importante anche come modello dell'avvenuto
passaggio da dialetto a lingua è
Mendele Mokher Sefarim. Egli insieme a
Jzchaq Leib Perez, e a Shalom Aleichem
, forma la triade dei narratori del ghetto, i primi e ultimi
testimoni dell'ebraismo jiddish nelle sue sedi, tutti e tre autori
notevoli anche in ebraico. A loro risale in gran parte quello
che sarà considerato lo spirito degli scrittori jiddish:
la simbiosi di ironia e patetico, di commedia e strazio.
Produzione teatrale jiddish
Nel secondo ottocento, comincia ad acquistare maturità
anche il teatro jiddish. Con Der ester yidisher rekrut (1861)
di I. Axenfeld, Di hefqer welt (1867) di I.B. Levinsohn, Der dektukh
di A. Gottlober, Die takse di Mendele
Mokher Sefarim , siamo nell'ambito della critica sociale dell'haskalà.
A partire da A. Goldfaden, il teatro diventò un fenomeno
sociale di ampiezza fino ad allora sconosciuta; egli debuttò
nella sua giovinezza come attore di purim shpil; nel 1862 interpretò
la commedia, di S. Ettinger, Serkele (1861) messa in scena secondo
i canoni del purim shpil: in seguito a questo egli abbandonò
il rabbinato e si consacrò al teatro; fu autore drammatico,
regista, produttore, compositore, direttore di teatro, impresario
e organizzatore di tourné . L'incontro nel 1876 con i "Broder
zingers", prima compagnia organizzata di folkzingers che improvvisavano
scenette canzoni e mimi nelle taverne e negli alberghi della Galizia
e della Romania, decise l'orientamento del teatro ebraico nell'europa
orientale: Goldfaden li ingaggiò nel suo teatro dove ebbero
una popolarità immensa. Nelle sue commedia Goldfaden combinò
registri multipli, creò una versione ebraica dei melodrammi
borghesi, dei drammi storici e delle operette in cui dominano
satira sociale e pathos; la combinazione di teatro canto e danza
è all'origine di un genere di spettacolo che perdurò
fino alla seconda guerra mondiale. In commedie satiriche come
Shmendrik (1877) o Der fanatik oder di zwey kuni lemels (1880,
ispirata alle "Preziose ridicole" di Molière), dipinse
in maniera feroce la vita quotidiana e i costumi della famiglia
ebraica. Attraverso il melodramma diffuse l'ideologia dell'haskalà,
utilizzò il dramma storico come piattaforma politica: in
Bar Kochba (1887) sono le idee del movimento "hovevei zion"; Ben
Ami (1907) rappresentata dopo la morte di Theodor Herzl, ha come
protagonisti i sopravvissuti a un pogrom andati a vivere in terra
di Sion.
A partire dalla fine del XIX secolo il teatro jiddish si sviluppò
nei grandi centri della vita ebraica. Nel 1883 un editto zarista
proibì tutte le rappresentazioni teatrali in jiddish: molti
attori ed autori emigrarono così a London e New York.
Alla fine del XIX secolo, esauritosi l'illuminismo, i fermenti
politici del socialismo russo e del sionismo, l'influsso stilistico
del naturalismo e poi dell'espressionismo diedero avvio alla letteratura
jiddish più recente sempre più concentrata in USA
e URSS, mentre nella jiddshkeit polacca, ancor prima del massacro
nazista, si presentiva un certo declino dovuto anche ai mutamenti
di contesto sociale.
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