La
spy-story dopo il 1945
La spy-story dopo il 1945
Alla letteratura di spionaggio in cui predomina
l'avventura 'meravigliosa' fa parte l'inglese Peter Cheyney.
Negli anni '50 diventa popolarissimo il francese J. Bruce con
il suo agente segreto, nome in codice OSS 117. Grosso successo
ebbero negli anni '60 Rebecca West ("Gli
uccelli cadono" 1966), e L. Uris ("Topaz" 1967).
Il culmine del genere è rappresentato dal successo ottenuto
dalla serie dell'agente 007, il personaggio di James Bond creato
da Jan Fleming negli anni '60, e che
fu un vero caso letterario (e poi cinematografico).
Il secondo filone della spy-story è quello in cui l'agente
è presentato in un contesto altamente drammatico e problematico.
Dopo E. Ambler, l'iniziatore del genere, è
Len Deighton. E soprattutto John Le
Carré: nei suoi complessi e fini romanzi, soprattutto
"La spia che venne dal freddo" (1963) e "La talpa"
(1974), il protagonista esce da gelide vicende vincitore deluso
e stanco. Il clima della guerra fredda è pienamente rispecchiato
nella realtà disincantata.
La detective-story
Gli autori 'nati' intorno agli anni '30 continuano
a avere largo seguito anche nel dopoguerra. Ellery Queen, Rex
Stout, C. Woolrich, Agatha Christie ecc., ricevono nuovo impulso
anche grazie agli adattamenti cinematografici e televisivi che
vengono fatti dei loro romanzi e racconti.
Anche l'hard-boiled school ha vasti consensi,
con Dashiel Hammett divenuto un vero classico, e Raymond Chandler
il suo profeta. E' una influenza che si fa sentire su Earl
S. Gardner con il suo avvocato Perry Mason, e su K. Millar.
Un cenno merita Michey Spillane per
l'enorme successo avuto negli anni '50 con il suo detective-giustiziere
Mike Hammer. Il maggior epigono dell'hard-boiled school è
James H. Chase, a partire dal suo primo
romanzo "Niente orchidee per Miss Blandish" (1939).
Ma interessanti sono anche Ed McBain
e Patricia Highsmith.
Un certo successo hanno le detective-stories
ambientate in epoca medioevale. Caso letterario degli anni '80
è "Il nome della rosa" di Umberto
Eco, ma anche altri scrittori si dedicano a questo filone.
Così Ellis Peters con il personaggio
di Cafdael.
Un certo spazio riescono a ricavarsi anche
gli scrittori francesi, soprattutto grazie a Georges
Simenon che continua una prolifica produzione. Tra gli autori
francesi di classiche detective stories sono C. Aveline (ps di
C. Avtzin), Pierre Boileau (1906\) e Thomas Narcejac (1908\) che
hanno firmato in tandem vari gialli, da cui sono stati tratti
noti film polizieschi ("I diabolici" 1952 è stato
diretto nel 1955 da H.G. Clouzot, "La donna che visse due
volte" 1954 è stato invece trasposto nel 1958 con
la regia di Alfred Hitchcock). E gli scrittori di polizieschi
neri, quasi tutti ambientati nella malavita: tra i classici di
questo tipo è A. Simonin ("Grisbi" 1953) e A.
Le Breton ("Rififi" 1953).
In Italia il primo thriller di larga diffusione è stato
"Venere privata" (1966) di Giorgio
Scerbanenco. Negli anni Novanta un certo successo hanno avuto
i racconti di Lucarelli e di Camilleri.
In Italia, funzione di diffusione del genere
hanno alcune riviste e collane editoriali, che pubblicano soprattutto
romanzi in traduzione: si ricordano «I Classici del giallo» della
casa editrice Arnoldo Mondadori, che monopolizza in gran parte
le vendite con una tradizione che risale agli anni '30, mentre
un ruolo minore hanno altre case editrici (come Garzanti ecc.).
La detective-story negli anni post bellici diventa oggetto di
attenzione anche per autori di ambizioni intellettuali pił vaste.
Il genere viene sfruttato per la possibilità di permettere
variazioni di alto livello intellettuale e simbolico. Si pensi
a Dürrenmatt con "La promessa",
"Il giudice e il suo boia", A. Robbe-Grillet con "Le
gomme", Carlo E. Gadda con "Quel
pasticciaccio brutto di via Merulana", Jorge L. Borges con
"Il giardino dei sentieri che si biforcano", "La
morte e la bussola", lo stesso Umberto
Eco con "Il nome della rosa" ecc.
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