Giovanni Cristofano Amaduzzi e gli abati filosofi del Settecento 
                    romagnolo 
                    1. Premessa 
                  
                  di Antonio Montanari
                  Nella seconda metà del Settecento, tre abati romagnoli 
                    s'impongono all'attenzione del mondo intellettuale italiano. 
                    In ordine di nascita sono Giovanni Antonio Battarra (1714-89), 
                    Giovanni Cristofano Amaduzzi (1740-92), e Aurelio de' Giorgi 
                    Bertola (1753-98). 
                  
                  Li unisce anzitutto la formazione culturale. Battarra ed 
                    Amaduzzi crescono alla scuola di Iano Planco. Bertola è 
                    guidato da un ex allievo di Planco (a Rimini e a Siena), monsignor 
                    Francesco Pasini, vescovo di Todi. (1) 
                    Li accomuna poi lo studio approfondito della Filosofia che, 
                    nell'esperienza dei tre abati, occupa un posto di primaria 
                    importanza, non sempre valutato adeguatamente in sede critica. 
                    Essi possono venir inseriti in quella vasta schiera di "illuministi 
                    cattolici" che caratterizzano l'ambiente italiano del 
                    Settecento, erroneamente definito "giansenista" 
                    secondo Codignola. (1 bis)  
                    Gli aspetti illuministici delle loro esperienze, non sono 
                    però simili tra loro. Battarra privilegia l'indagine 
                    della natura, Bertola quello della Storia, Amaduzzi lentamente 
                    perviene ad un concetto di Filosofia che sia comprensivo della 
                    storia, della natura e dell'arte. 
                  
                  Dal punto di vista anagrafico, i nostri abati appartengono 
                    a tre diverse generazioni. Nel 1755, quando Battarra pubblica 
                    la Fungorum agri ariminensis historia, ha 41 anni, contro 
                    i 15 di Amaduzzi, ed i due appena di Bertola. Altrettanto 
                    differenti sono le loro personalità. 
                  Battarra si rivela di "indole 
                    sdegnosa e cinica", scrive Carlo Tonini. (2) La bizzarria 
                    lo caratterizza, come suggerisce questo episodio: quando gli 
                    muore il cane Orione, Battarra dedica alla bestiola un funerale 
                    che, annota, "fu più splendido di quello del Vescovo 
                    Guiccioli morto pochi giorni prima". (3) 
                  
                  Amaduzzi ha carattere inquieto 
                    e sincero, che egli giustificava con la sua origine: la Romagna, 
                    scriveva infatti, è "produttrice di uomini vivaci 
                    e liberi". (4) Della sua personalità diceva poi 
                    che era "lieta, vigorosa, ed ingenua", come quella 
                    di tanti altri conterranei. Un teologo protestante danese, 
                    Federico Münter, che conosce Amaduzzi nel 1785, lo definisce 
                    dotato di una "sincerità veramente femminile", 
                    che lo fa parlare "senza ritegno e spesso senza ragione". 
                    (5) Il giovane scrittore siciliano Tommaso Maria Gargallo 
                    Montano, nella dedica di un proprio lavoro, chiamava Amaduzzi 
                    "sincero ma non impudente". (6) 
                  
                  Bertola soffrì per tutta 
                    la sua breve ma intensa esistenza (morì a 45 anni), 
                    a causa della scelta religiosa impostagli dalla famiglia, 
                    per motivi d'interesse. Nel '77, ad appena 24 anni, si definiva 
                    già un "solitario infelice" vicino alla morte. 
                    Non gli mancarono però amicizie e consolazioni femminili. 
                    Il catalogo dei suoi amori ha molte pagine, talune delle quali 
                    alquanto torbide. Lui stesso era consapevole della sua "continua 
                    ed orribile contraddizione", nella quale si dibatté 
                    sino alla fine dei suoi giorni. 
                  
                  Note:  
                    (1) Planco chiama Pasini "egregio Adolescente" nelle 
                    lettera pubblicata al cap. V della Fungorum agri ariminensis 
                    historia di Battarra.  
                    (1bis) Cfr. E. Codignola, Illuministi, giansenisti e giacobini 
                    nell'Italia del Settecento, La Nuova Italia, Firenze 1947, 
                    p. 51. 
                    (2) Cfr. C. Tonini, La Coltura letteraria e scientifica in 
                    Rimini, Danesi, Rimini 1884, vol. II, p. 593. 
                    (3) Ibidem, p. 594. 
                    (4) Cfr. in G. Gasperoni, Settecento italiano (Contributo 
                    alla Storia della Cultura), I, L'ab. Giovanni Cristofaro Amaduzzi, 
                    Cedam, Padova 1941, p. 325. Nella dedica del discorso La Filosofia 
                    alleata della Religione, p. 3, Amaduzzi parla di una "sincerità 
                    inerente alla mia indole". Nel discorso Dell'indole della 
                    verità, dice di esser stato modellato dalla natura 
                    per la verità, e quindi di aver odiato doppiezza e 
                    menzogna (p. 5). 
                    (5) Cfr. in G. Gasperoni, Settecento italiano, cit., p. 204. 
                    (6) Il testo (finora inedito) della dedica del volume di Gargallo 
                    Montano, apparso nel 1780 (Elegia del padre Francesco Murena
, 
                    tradotta in terza rima
), che si trova nella Biblioteca 
                    della Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano sul 
                    Rubicone, mi è stato segnalato da Carla Mazzotti, della 
                    stessa Biblioteca. 
                  
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