Pietro
Metastasio
Pietro Metastasio
Il suo nome era Pietro Trapassi, nacque a Roma nel 1698. Figlio
di un modesto commerciante, fu enfant prodige rivelando fin da
fanciullo eccezionali doti di poeta improvvisatore. Nel 1712 Gravina
lo prese sotto la sua protezione sottraendolo alla vita mondana
dei salotti romani, portandolo con sé prima a Napoli e
poi a Scalea [Calabria], dove gli venne data una severa educazio
ne razionalistica e classicistica sotto la guida del cartesiano
G. Caloprese. Fu Gravina a grecizzargli il cognome in Metastasio.
Tornato a Roma nel 1714, prese gli ordini minori, e continuò
gli studi. Nel 1717 uscì a Napoli la prima raccolta di
Poesie , com prendente anche la tragedia Giustino . Nel 1718 Gravina
morì e gli lasciò una cospicua eredità. Trasferitosi
a Napoli si fece conoscere con alcuni componimenti d'occasione.
Anno decisivo per lui fu il 1721 con il successo della cantata
Gli orti esperidi, musicata da N. Porpora e interpretata dalla
cantante Marianna Bulgarelli, detta "la Romanina", con cui ebbe
una lunga relazione amorosa. Nel 1724 è il melodram ma
Didone abbandonata che gli dette vastissima popolarità.
Segui rono una nutrita serie di melodrammi. Nominato poeta cesareo,
nel 1730 si trasferisce a Vienna. Il decennio successivo è
la sua stagione aurea, scrive tra le sue cose migliori, fino in
pratica al suo canto del cigno, la canzonetta La partenza (1746)
che svolge il tema prediletto degli "addii". Dopo, nel 1745-1773,
scrive le sue prose di poetica teatrale, oltre a altre opere per
il teatro, ma in ribasso. Morì a Vienna nel 1782.
Musicati da quasi tutti i compositori del suo tempo, i libretti
di Metastasio hanno un ruolo determinante nella storia del melodramma.
Appartenente al periodo iniziale della sua fortuna, Didone abbandonata
(1724) è un melodramma in tre atti in versi. La vicenda
è quella narrata da Virgilius nell'"Eneide", ma con alcune
varianti: Metastasio attribuisce alla sorella di Didone, Selene
(Anna nell'"Eneide") una segreta passione per Enea a stento soffocata.
Colloca a fianco di Didone un confidente infedele, Osmida. Rende
più drammatica la catastrofe finale facendo incendiare
Carthago da Iarba re dei mori, pretendente respinto di Didone,
che aveva finto di accettarne la mano per ingelosire Enea. Dopo
"Didone" i melodrammi del periodo romano segnano un sicuro progresso:
l'elemento patetico e amoroso prevale sui velleitari momenti tragici,
la trama si fa più lineare, il linguaggio acquista una
maggiore elasticità, mantenendosi su un registro medio,
tra aulico e comune. E' una bravura che raggiunge l'apice nei
capolavori viennesi, soprattutto "Olimpiade" e Demofoonte , che
chiudono i personaggi in una sfera di moderate e sagge passioni,
usando l'elemento eroico con molta parsimonia.
Protagonista dei tre atti di Olimpiade (1733), è Aristea
fi glia di Clistene re di Sicione, promessa al vincitore dei giochi
olimpici benché ami riamata Megacle. Alla sua mano aspira
Licida ritenuto figlio del re di Creta che, inesperto dei giochi
prega Megacle di sostituirlo nella gara. Megacle accetta anche
se sa quale è il premio per il vincitore. Vince, disperato
pensa di morire, tenta di convincere Aristea a accettare Licida.
Argene innamorata di Licida svela a Clistene l'inganno. Licida
è condannato all'esilio, poi, avendo attentato alla vita
del re, a morte. Alla fine tutto si appiana, Licido è figlio
di Clistene e fratel lo di Aristea, sposa Argene mentre Aristea
sposa Megacle.
Dall' Attilio Regolo (1740) in poi invece l'esaltazione dell'eroismo
e la problematica dell'"anima bella" sclerotizzano la struttura
scenica con una tematica posticcia. Metastasio negli anni senili
darà il meglio di sé solo nelle pagine più
abbandona te dell'epistolario: così le lettere che esprimono
la pungente nostalgia della patria lontana, o che scoprono i suoi
angoli di amarezza e pessimismo nella meditazione sulle perfidie
e gli inganni del "gran teatro del mondo".
Al centro delle riflessioni di Metastasio sul teatro è
l'esigenza di nobilitare e semplificare il genere del melodramma
senza intaccarne le componenti essenziali, la musicalità
e la finzione favolosa. Metastasio possedeva un prodigioso senso
del mélos. Imposta con estrema lucidità il rapporto
tra musica e parola, intuendo che per ridare autonomia alla parola
occorre far scaturire la vibrazione melodica dall'interno del
tessuto poetico: di qui la levità aerea della versificazione,
e il meccanismo preciso che regola l'azione. Il favoloso è
recuperato all'immaginazione arca dica attraverso un processo
di alleggerimento e rarefazione. I nuclei sentimentali che sostengono
l'intreccio sono graduati in una gamma di emozioni morbide e ambigue.
Il nuovo melodramma metastasiano eredita da quello barocchista
tutti gli artifici, le agnizioni, le inverosimiglianze, ma assu
mendo anche nei momenti migliori un'apparenza di naturalezza.
Proprio nei momenti in cui la favola si fa più ardita e
improba bile, si insinua la coscienza dell'illusione e della finzione.
I personaggi metastasiani 'sanno' di agire come personaggi.
Opere di Pietro Metastasio
Poesie (1717)
Gli orti esperidi (cantata, 1721)
Didone abbandonata (1724)
Siroe (1726)
Catone in Utica (1727)
Ezio (1728)
Semiramide riconosciuta (1729)
Alessandro nelle Indie (1729)
Artaserse (1739)
Demetrio (1731)
Issipile (1732)
Adriano in Siria (1732)
Olimpiade (1733)
Demofoonte (1733)
La clemenza di Tito (1734)
Achille in Sciro (1736)
Ciro riconosciuto (1736)
Temistocle (1736)
Zenobia (1740)
Attilio Regolo (1740)
La libertà (canzonetta, 1733)
La partenza (canzonetta, 1746)
Il re pastore (1751)
L'eroe cinese (1752)
L'isola disabitata (1753)
Nitteti (1756)
Il trionfo di Clelia (1762)
Romolo ed Ersilia (1765)
Ruggiero (1771)
Annotazioni all'"Arte poetica" di Horatius
Estratto dell'"Arte poetica" di Aristotile e considerazioni su
la medesima
Osservazioni sul teatro greco
Testi
Sogni e favole,
di pietro metastasio (poesia)
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