Lo 
              stilnovismo toscano 
            
             
             
               
                
                   Lo stilnovismo toscano 
                
                Sul finire del XIII secolo, in Toscana si 
                afferma un gruppo di poeti che si pongono a un gradino superiore 
                rispetto al gruppo di poeti federiciani, anche se non siamo ancora 
                a esiti veramente alti: ma è il terreno su cui è 
                radicato uno dei maggiori poeti europei,  
                Dante Alighieri. Sono giovani intellettuali che sviluppano 
                gli spunti presenti nelle rime del bolognese  
                Guido Guinizelli  (1235/1276):  Guido 
                Cavalcanti  e il giovane Dante Alighieri. Alighieri (Purgatorio, 
                XXIV, vv.49-63) darà nome e caratteristiche di questo gruppo, 
                parlando di "dolce stil novo" [stile dolce e nuovo: da cui il 
                termine identificativo: "stilnovo", "dolce stil nuovo", "stilnovismo" 
                (il termine che abbiamo preferito), "dolcestilnovismo" ecc.], 
                ovvero mettendo in bocca al rimatore lucchese Bonagiunta Orbicciani 
                l'atto di consapevolezza critica con cui Alighieri distinse la 
                poesia di Iacopo da Lentini, di Guittone da Arezzo e degli altri 
                toscani (compreso Bonagiunta) dai nuovi poeti toscani. Con Alighieri 
                ci è giunto l'atto di consapevolezza con cui un gruppo 
                di poeti dichiara finalità e specificità , distinguendo 
                una tradizione e moduli poetici considerati sorpassati o non più 
                utilizzabili. Valore di manifesto ha la canzone  Al cor gentil 
                rempaira sempre Amore di Guinizelli: qui sono enunciate le 
                proposizioni canoniche del nuovo modo di poetare, in particolare 
                la definizione della nobiltà come virtù individuale 
                e non ereditaria, lo stabilirsi del nesso tra "gentilezza" e amore, 
                mentre si avvia il paragone tra donna e angelo. Gli stilnovisti 
                cercano di superare lo schematismo della rappresentazione amorosa 
                cortese, tentano l'approfondimento dell'analisi psicologica, linguisticamente 
                affinano ulteriormente la lingua.  Cino da 
                Pistoia  farà da tratto d'unione con il melodismo petrarcaiano. 
                 
                 
                 Quelli degli stilnovisti non erano tutto 
                sommato concetti totalmente nuovi, in qualche modo erano presenti 
                anche nei componimenti dei provenzali, dei federiciani e dei guittoniani. 
                Nuova è l'organica successione in cui sono sistemati, e 
                nuovo è il vigore morale che sta sotto questi componimenti. 
                Alla base della canzone guinizelliana, e di tutta la poesia stilnovistica, 
                c'è un entusiasmo morale per la creazione di schemi, immagini, 
                parole che esprimano i moti più profondi di un'anima totalmente 
                presa nella vicenda amorosa. Le parole (indicherà Alighieri 
                ne "L'eloquenza del volgare") devono essere prive di asprezza, 
                devono essere scelte secondo un criterio di chiarezza, gentilezza, 
                levità. La sintassi deve tendere a un dettato armonico 
                e composto. Gli schemi ideali e stilistici devono essere ricondotti 
                a una forte concentrazione delle immagini. La vita e i conflitti 
                dei sentimenti, ripresi nelle formulazioni e nelle movenze quasi 
                rituali (amore come rito sacro) di una progressiva simbolizzazione, 
                devono essere assorbiti in un processo di assoluta e rarefatta 
                tensione intellettuale: devono cioè tradursi in cifra stilistica, 
                priva di qualsiasi riferimento concreto a concrete situazioni 
                storiche o biografiche. Tali riferimenti sono ritenuti impuri, 
                indegni di essere accolte in una poesia di alto tono come quella 
                che si vuole ottenere. Lo stilnovismo volle contrapporsi a ogni 
                soluzione linguisticamente e culturalmente municipale (di qui 
                l'opposizione a Guittone).  
                 
                 Da Bologna lo stilnovismo passò presto 
                a Firenze. Qui, oltre a Cavalcanti e il giovane Alighieri, furono 
                anche  Lapo Gianni,  
                Gianni Alfani  e Dino Frescobaldi.  
                 
                 Si formò con essi una specie di cenacolo 
                ristretto, di 'spiriti eletti', legati da forti vincoli di amicizia 
                e affinità ideologiche, aperti agli influssi reciproci 
                anche senza rinunciare a soluzioni personali. Gli stilnovisti 
                nutrirono il sentimento orgoglioso di una superiorità intellettuale, 
                fatta di cultura sovramunicipale e contraria agli aspetti grossolani 
                dell'esistere.  
                Lo stilnovismo continuò a influenzare la cultura poetica 
                toscana a lungo. Al di là delle riprese manieristiche che 
                si hanno per tutto il XIV secolo, attraverso una serie di epigoni 
                come Sennuccio del Bene, Cino Rinuccini, Niccolò de' Rossi 
                ecc., fu il presupposto della soluzione petrarchesca.  
                 
                Contesto storico 
              
             
            
             [Up] Inizio pagina | [Send] 
  Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa 
  questa pagina | [Email] Mandaci 
  una email | [Indietro] 
Europa: Antenati - la storia della letteratura europea online 
  -   
  © Antenati 1984-2006, an open content
   project
 
           | 
         
       
     |