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Cinematografia giapponese


Cinematografia giapponese


A volte si ha la sensazione che si ascriva come "cinematografia giapponese" da parte della critica (quasi sempre euroccidentale) una produzione che non esattamente è propria del Giappone. E' il caso di Akira Kurosawa che ha diretto e scritto la maggior parte dei suoi films in USA e che in patria è stato, in vita, poco visto, e che invece il pubblico e la critica euroccidentale identificano spesso quasi esclusivamente come "prodotto giapponese". Akira Kurosawa è un regista importante di un genere: è il genere esotico, extraeuropeo, di films in costume. Ciò che evita che questi films siano solo "viaggi di Simbad", è il contenuto e il rigore con cui sono girati e soprattutto la capacità di porsi come mythoi.
Dietro il 'caso Kurosawa' vi è una realtà industriale che nel XX secolo pone il Giappone tra i paesi più avanzati. E una pratica con l'industria del cinema che non è occasionale né sprovveduto. L'industria cinematografica giapponese è anzi tra le industria cinematografiche di più lunga tradizione. Anche se sottoposta all'influenza della produzione cinematografica USA. Già negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, la produzione giapponese vantava filoni autonomi non indegni di stare alla pari con le altre cinematografie occidentali. Così un regista come Yasujiro Ozu (morto nel 1963) che negli anni '30 ha diretto alcuni film di 'commedia sociale', un filone ancora in parte influenzato dalla commedia hollywoodiana ma già nel solco dello shomingeki, il genere di spettacolo con la 'gente comune' come protagonista. Tra i suoi films di quegli anni sono da ricordare: Il coro di Tokio (1931), Sono nato ma... (Umarete Wa Mita Keredo..., 1932), Donna di Tokio (1933), Storie di erbe fluttuanti (1934). Intrisi di umori amari, si tratta di stralunate messinscene del rapporto adulti/bambini o di quello adulti/istituzioni. Durante il corso della sua carriera Ozu ha diretto 53 films. Tra quelli diretti nel dopoguerra ve ne sono alcuni fondamentali: Fiori d'equinozio (1958), Tardo autunno (1960). Il suo ultimo film fu Il gusto del sakè, una semplice storia familiare con un vecchio padre timoroso che la figlia, sposandosi, lo lasci solo: inquadrature fisse, nessun movimento di macchina, macchie di colore (soprattutto il rosso) che impreziosiscono ogni fotogramma.


Dopo il 1945, la produzione cinematografica giapponese riprende, forte di un mercato interno sostanzialmente autonomo, anche se sottoposto all'influsso statunitense. In Europa, grazie ai festival cinematografici, il pubblico ha la possibilità di conoscere i nuovi autori di questa cinematografia di altissimo livello. Raggiungono fama internazionale i registi H. Gosho, K. Mizoguchi, Ozu, Kurosawa, K. Kinoshita; e ancora, K. Ichikawa, T. Uchida, K. Yoshimura, T. Imai, H. Inagaki, S. Yamamoto, Juzo Itami.


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