Niente
tasse senza rappresentanza: la rivoluzione contro il copyright
Niente tasse senza rappresentanza: la rivoluzione
contro il copyright
di Wu Ming 1, dal sito http://wumingfoundation.com
Le reazioni delle multinazionali dell'entertainment
minacciate da quella che chiamano "pirateria" si fanno
sempre piu' isteriche e scomposte, tanto da somigliare a veri e
propri spasmi, irrefrenabili contrazioni dei muscoli.
Muscoli pieni di acido lattico, muscoli di scagnozzi reduci da troppi
pestaggi, muscoli a cui si e' voluto chiedere troppo, e chi troppo
vuole... stringe pugni pieni di mosche, e presto avra' le orbite
brulicanti di vermi.
Stiamo assistendo alla fine della "cultura di massa" come
l'abbiamo conosciuta, la "pirateria" e' la punta di lancia
del cambiamento. La "pirateria" e' il contrattacco dei
consumatori esasperati da prezzi irrealistici, da gabelle e balzelli
ingiustificabili, da vere e proprie estorsioni legalizzate, dalla
miope cupidigia di chi controlla il mercato. Se ai tempi di Napster
le major discografiche si fossero sforzate di comprendere le esigenze
reali da cui era nato il file sharing e fossero venute incontro
ai
consumatori (abbassando i prezzi, adottando politiche piu'
*elastiche* e ragionevoli in materia di riproduzione domestica),
forse ora sarebbero in grado di assorbire i colpi.
Hanno scelto tutt'altra strada: repressione, denunce, pressioni
lobbistiche sui legislatori per inasprire le leggi sul diritto d'autore.
Risultato: profitti in caduta libera. Se la sono voluta. Oggi e'
forse troppo tardi per rinsavire e dare retta a Craig Barrett, presidente
della Intel:
"[...] chi compra un cd deve avere la possibilita' di copiarlo
quando vuole, e di ascoltarlo su qualunque supporto, in ogni momento
in ogni luogo. Mentre le major vorrebbero che tu pagassi ogni volta
che ascolti una canzone. Pensino invece a risolvere i veri problemi
[...] Controllare lo scambio di files su Internet e' come aprire
una lettera privata di una persona. L'industria dell'entertainment
e' affetta da tecnofobia. Hanno proposto persino di mettere nuove
tasse sui prodotti high tech. Ma si ricordino
: 'No taxation without representation'. E loro non rappresentano
i consumatori. Anzi.' (L'Espresso, 17 ottobre 2002).
La "pirateria" e' un processo di riappropriazione delle
tecnologie digitali, degli odierni mezzi di (ri)produzione, per
costruire reti orizzontali, di condivisione, di autogestione. I
"pirati", i bandidos, i *cangaceiros* della cultura stanno
mettendo in ginocchio i potentati discografici e multimediali. Prima
di loro erano scesi i battipista, movimenti che hanno contestato
la proprieta' intellettuale a colpi di DIY, cut-up, sampling, culture
jamming, plunderphonics...
La calata dei barbari e' partita da lontano. Eppure gli odierni
padroni del vapore sono stati colti alla sprovvista, pensavano di
poter conservare i loro privilegi col minimo sforzo, ogni tanto
sguinzagliando i cani da guardia a mordere il culo di chi saltava
il muro di cinta. Ora siamo gia' nel cortile, loro cominciano a
patire l'assedio, i cani ringhiano ma ciascuno di noi ha in saccoccia
una polpetta avvelenata.
La "pirateria" e' un processo sociale, non e' soltanto
"trasgressione" e "violazione" dell'esistente,
ma annuncia che stiamo varcando i vecchi confini, preconizza e lascia
intravedere nuove relazioni sociali, nuove comunita', nuove forme
libere della cultura.
La proprieta' intellettuale come la conosciamo oggi e' un'imposizione
recentissima (non ha piu' di trecento anni) ma ha gia' fatto il
suo tempo, e' ormai vissuta come intollerabile. Si faranno strada
altre formulazioni, meno rigide e vincolanti, il copyleft del "software
libero" e' probabilmente la base piu' solida su cui costruire.
Ma, come sempre e' successo nella storia, il cambiamento fatichera'
a imporsi se manchera' l'alleanza (anche informale) tra "democratici"
e "ribelli", tra riformatori e bandido
s, tra copyleft e "pirateria".
Il file sharing, la masterizzazione di CD, il cracking di software
proprietario sono gia' atti politici, azioni contro la tirannide,
anche oltra l'effettiva consapevolezza di chi li compie. Sono la
guerriglia partigiana che combatte sulla Linea Gotica del copyright,
e prepara il terreno per la risalita degli Alleati.
Come le forze dell'Asse sull'Appennino, le multinazionali e gli
enti amministrativi al loro soldo hanno perso la testa, e collezionano
figure di merda:
- da due anni provano a mettere in commercio CD presuntamente "anti-copia",
creando disagi agli acquirenti, con l'unico esito di stimolare l'intelligenza
collettiva a trovare il modo di crackarli;
- la famigerata RIAA (Record Industries Association of America)
vorrebbe rastrellamenti di massa, esige che gli Internet Providers
stilino e rendano pubbliche le liste di chi scarica MP3;
- alcune major, convinte che siano i giornalisti musicali a "rippare"
i promo cd e diffondere le canzoni prima della loro uscita nei negozi,
stanno fornendo ai recensori lettori portatili *sigillati con la
colla*, per impedire l'estrazione del cd. Ma in questo modo i lettori
non saranno riutilizzabili, andranno buttati nella rumenta. Una
mossa ridicola e anti-economica, di puro sperpero, dettata dalla
disperazione. Non ci credete? La notizia e' qui: <http://www.newscientist.com/news/news.jsp?id=ns99992804>
Se credono di poter frenare un epocale processo di cambiamento con
questi mezzucci...
Non dovrebbe impressionarci la campagna di allarmismo che precede
il lancio in pompa magna da parte di Intel & Microsoft di TCPA/Palladium
(implementazione dell'hardware che dovrebbe bloccare l'esecuzione
e la riproduzione di ogni materiale "protetto"): per come
si presenta il panorama, quest'innovazione potrebbe creare problemi
inimmaginabili a chi l'ha inventata, acuendo ogni contraddizione
gia' esistente in materia di privacy, copyright e diritti dei consumatori;
ad esempio, c'e' una contraddizione tra
le sopracitate dichiarazioni di Barrett e uno degli effetti che
in teoria produrra' Palladium: inibire la masterizzazione per uso
privato. C'e' da attendersi una rivolta da parte degli utenti.
Insomma, in un modo o nell'altro Palladium finira' per produrre
dialetticamente il proprio contrario, l'innovazione dal basso che
costringera' le corporations a escogitare qualcos'altro, e cosi'
via, ogni volta salendo di livello come in un videogioco spara-spara.
E' successo in ogni fase del progresso mediologico, succedera' ancora,
a dispetto dei tentativi capitalistici di produrre *in vitro* la
"fine della Storia".
Come collettivo di scrittori veterani delle battaglie contro le
attuali leggi sulla proprieta' intellettuale, e tra i pochissimi
ad adottare una "licenza di pubblicazione aperta" in letteratura
(una dicitura copyleft che permette la riproduzione dell'opera),
Wu Ming e' attento a ogni sviluppo di questo processo.
L'aurora e' appena cominciata, e gli uccelli riprendono a cantare.
Dalle major, prima che il sole sia alto, ci attendiamo altre azioni
involontariamente dadaiste. Dalla societa' civile, organizzata nelle
forme che riterra' piu' adeguate, possiamo attenderci la cacciata
dei capi, capetti e crumiri dell'industria culturale. Vorwaerts,
kamaraden!3--------
E' gia' disponibile on line il reportage di WM1 sul software libero
in Brasile, pubblicato su L'Unita' l'1 dicembre col titolo "La
terra degli hackers". Crediamo sia necessario essere consapevoli
di cosa sta succedendo laggiu': e' il maremoto, con epicentro a
Porto Alegre. La lotta contro la proprieta' intellettuale e' *immediatamente*
lotta contro l'esclusione, la poverta' e le differenze di classe.
WM1 - e non solo lui - continuera' a seguire gli sviluppi.
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/portoalegre_os.html
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