La
letteratura norvegese contemporanea: le nuove tendenze, di Janneken
Øverland
La letteratura norvegese contemporanea:
le nuove tendenze, di Janneken Øverland
Una letteratura effervescente
Quando l’insegnante norvegese Jostein Gaarder ha
pubblicato nel 1991 il libro Il Mondo
di Sofia, non aveva la più pallida idea del
successo che questo libro, scritto originariamente come
una introduzione, sotto forma di racconto, alla storia della
filosofia destinata ai giovani, avrebbe avuto su scala mondiale.
La storia comincia con la quattordicenne Sofia che riceve
un giorno una strana lettera con la domanda: “Chi
sei tu?” Succedono altre strane cose e Sofia sente
la necessità di capire. La aiuta un filosofo misterioso,
Alberto Knox, che a poco a poco inizia Sofia alle idee dei
filosofi europei.
Oggi "Il Mondo di Sofia" è stato pubblicato
in 44 lingue ed ha venduto più di 15 milioni di copie
a livello mondiale. Nel 1995 è stato il libro di
letteratura più venduto a livello mondiale. Fatto
significativo per la situazione attuale dei media è
che è stato seguito da un’edizione in CD-rom,
una commedia musicale, un gioco di società e che
nel 1999 è previsto anche un film ed una serie televisiva.
Senza dubbio l’interesse per Il Mondo di Sofia ha
aperto molte porte. In Norvegia vi è attualmente
una situazione favorevole che ci permette di inviare ogni
anno un numero crescente di opere all’estero per essere
tradotte in altre lingue. Quel che più sorprende
è che non sono più esclusivamente le opere
dei grandi classici nazionali come Henrik
Ibsen e Knut Hamsun
ad essere tradotte, ma anche un numero significativo di
opere di autori contemporanei e spesso giovani. E’
molto interessante osservare che oltre a Jostein Gaarder,
autori di letteratura per l’infanzia o destinata ai
ragazzi sono ugualmente ricercati. I libri di Tormod Haugen
e di Torill Thorstad Hauger hanno fatto felici bambini di
tutto il mondo.
Ma anche l’interesse per un’altra forma di
letteratura contemporanea norvegese è molto aumentato
nel corso dell’ultimo decennio e le caratteristiche
di apertura, caos creativo e fantasia che le sono attribuite
non sono sicuramente estranee a questa popolarità.
Tutte queste caratteristiche, interpretate in senso positivo,
denotano una letteratura effervescente e viva sebbene possa
essere più piena di talento che non perfetta. Contrariamente
ai decenni precedenti caratterizzati da una situazione di
calma, è più giusto dire della letteratura
norvegese che attualmente è alla ricerca di nuovi
orizzonti.
La letteratura norvegese ha sia un passato di tutto rispetto
che delle prospettive future molto promettenti per quanto
riguarda il nuovo millennio. Nello spazio di un secolo troviamo
nomi prestigiosi come Henrik Ibsen, Knut Hamsun e Sigrid
Undset. Se ci avviciniamo ai nostri giorni, notiamo
che anche la prima metà di questo secolo ci ha dato
autori che hanno lasciato il proprio nome nella storia della
letteratura. I segni concreti di questo passato prossimo
e dell’interesse di questo periodo letterario si sono
manifestati da dieci anni con la comparsa di numerose biografie
interessanti su questi autori, ad opera di scrittori attuali:
Kjartan Fløgstad si è interessato al poeta
Claes Gill, Espen Haavardsholm a Aksel Sandemose, Klaus
Hagerup a Inger Hagerup, Edvard Hoem allo scrittore e poeta
Nordahl Grieg, Tor Obrestad alla coppia Arne e Hulda Garborg
e ad Alexander Kielland, Liv Køltzow ad Amalie Skram,
per nominarne alcuni. Sigurd Hoel, Cora Sandel e Sigurd
Christiansen hanno anch’essi avuto le loro biografie.
L’enorme interesse suscitato da queste opere sia nell’ambiente
letterario che presso il grande pubblico mostra l’interesse
dei lettori per gli autori del passato. La produzione letteraria
attuale attira sia l’attenzione dei media che quella
del pubblico.
E’ difficile giudicare la letteratura della propria
epoca con il necessario distacco. E’ tuttavia possibile
intravedere alcune tendenze nel paesaggio letterario che
ci è vicino e relativamente confuso. Nonostante tutto
è da considerare promettente il fatto che il quadro
sia variopinto e vario. La letteratura degli anni 1990 riposa
sugli allori di tutta la storia della letteratura norvegese,
ma soprattutto sull’evoluzione letteraria dei due
decenni scorsi. Qualcuno affermerà che la rottura,
nella letteratura norvegese, è stata brutale tra
le opere “dogmatiche”, “politiche”
e “radicali” degli anni 1970 e quelle molto
più varie ma anche meno impegnate del decennio successivo.
Altri sosterranno che non vi è stata alcuna rottura,
ma un processo naturale di evoluzione di quelli che sono
gli elementi più vitali della letteratura norvegese
da un decennio all’altro. E’ in ogni caso paradossale
che la vita letteraria e le opere pubblicate nel corso degli
anni 1990 siano state fatte da autori che si sono già
distinti negli anni 1970 e 1980 per la loro attività
e produttività.
Gli storici ed i critici letterari sono spesso alla ricerca
di “rotture” che permettano loro di scoprire
nuove tendenze o nuovi decenni o di analizzare le nuove
generazioni, le nuove idee che caratterizzano gruppi di
nuovi scrittori. Quasi alla pari con i giornalisti più
accaniti alla ricerca di “storie”, essi cercano
quei concetti o elementi che possono utilizzare per differenziare
un’epoca da un’altra. Succede che cercano invano,
ma succede anche che trovano delle tracce di qualcosa che
si rivela essere “una novità”.
Alla fine degli anni 1970 uno dei principali editori norvegesi
ha affermato che nel decennio successivo vi sarebbe stato
un ritorno “al mare, alla morte, all’amore”.
All’epoca questa previsione poteva sembrare ai “militanti”
degli anni 1970 come una destituzione. Come minimo questi
termini suonavano bene, come uno slogan, ed erano inoltre
sufficientemente superficiali da poter essere utilizzati
come un’etichetta. In effetti gli anni 1980 diedero
spazio in misura molto maggiore rispetto al decennio precedente
a descrizioni di amore, di morte e di altri avvenimenti
umani, ma non sono solo questi temi a caratterizzare questo
decennio. Quanto agli anni 1990, ancora nessuno ha osato
etichettarli, neanche adesso che sono arrivati alla fine.
Di conseguenza la prudenza non è mai troppa.
La nuova popolarità della poesia
La poesia ha attraversato gli anni 1980 e 1990 sviluppando
una forma di espressione di stile modernistico secondo i
modelli formatisi nei primi tre decenni del dopo guerra.
Anche se un numero relativamente consistente di raccolte
di poesie sono state pubblicate ogni anno, qualcosa che
era dovuto in parte al sistema d’acquisto della produzione
letteraria norvegese da parte dello Stato, a parte poche
eccezioni, pochi poeti raggiungeranno il grande pubblico.
Vecchi maestri come Olav H. Hauge (1908 - 1994) vi è
riuscito con una raccolta di poesie dal titolo “Dikt
i samling” (Collezione di poesie). Rolf Jacobsen (1907
- 1994), uno dei primi autori norvegesi d’avanguardia
del periodo tra le due guerre, si è fatto notare
per la raccolta “Nattåpent” (Aperto di
notte) apparsa nel 1985. Le poesie dedicate alla donna della
sua vita, morta di recente, hanno toccato profondamente
il cuore dei lettori di tutte le generazioni. Sia Hauge
che Jacobsen sono riusciti mentre erano ancora in vita ad
essere “profeti” in patria, privilegio che solo
pochi autori hanno conosciuto. Paal Helge Haugen e Eldrid
Lunden sono tra quelli che sono stati letti e premiati.
Jan Erik Vold ha raggiunto numerosi lettori attraverso varie
raccolte di poesie pubblicate durante gli anni 1980, e le
sue poesie prettamente liriche hanno avuto lo stesso successo
di quelle impegnate, con una forte connotazione politica.
Negli anni 1990 è una figura centrale della poesia
norvegese contemporanea ed ha anche contribuito a far conoscere
al pubblico i testi ed i pensieri di altri autori.
Questi pochi autori insieme a non molti altri hanno raggiunto
lo status dei poeti delle generazioni precedenti. Lars Saabye
Christensen è riuscito ad imporsi grazie ad una raccolta
di poesie ed una antologia intitolata “Hvor er det
blitt av alle gutta” (Cosa è accaduto a tutti
i ragazzi) del 1991 e grazie a delle poesie che sono state
messe in musica. Arild Nyquist ha conosciuto lo stesso destino.
Questi due autori, insieme a Jan Erik Vold, meritano di
essere qualificati artisti polivalenti. Tutti e tre hanno
contribuito con successo a modificare l’attitudine
del pubblico norvegese nei confronti della poesia: si registra
il tutto esaurito quando questi autori norvegesi leggono
in pubblico le loro poesie. E nuovi poeti si aggiungono
a questi: il giovane Bertrand Besigye ha debuttato nel 1993
con “Og du dør så langsomt at du tror
du lever” (E la morte è così lenta che
credi di vivere), opera che deriva dalla tradizione orale,
una tradizione che collega il giovane debuttante ad un Jan
Erik Vold o ad un Allen Ginsberg. La raccolta di Cathrine
Grøndahl “Riv ruskende rytmer” (Ritmi
pazzi) del 1994 dà prova della stessa energia ritmica,
oltre al fatto che le poesie sono sostenute dalla voce di
una nuova generazione di poeti.
Lo stesso si può dire per la maggior parte delle
esuberanti raccolte di Gro Dahle, tra queste il libro con
cui ha debuttato nel 1987, intitolato “Audiens”
(Udienza).
Con le sue opere in prosa e le sue composizioni poetiche
“oscure”, Tor Ulven, che ci ha putroppo lasciati
troppo presto, ha ottenuto grandi consensi, soprattutto
negli ambienti letterari. “Nella vita reale la sofferenza
è informe. Nella buona letteratura prende forma”,
ha dichiarato Tor Ulven in una intervista, e nella sua produzione
letteraria sono proprio i dispiaceri dell’esistenza
a prendere forma.
Alcuni veterani
La produzione letteraria degli anni 1980 non è
stata più omogenea di quella degli anni 1970. Accanto
al trend dominante realistico degli anni 1970, fiorirono
le descrizioni psicologiche tradizionali, i tentativi sperimentali
e le composizioni più moderniste, tutte profondamente
ancorate anche esse alla tradizione letteraria norvegese.
Gli anni 1980 furono un prolungamento di quello che ha caratterizzato
il decennio precedente, ma anche un ricoltivare alcune tendenze
decisamente più nuove.
Scrittori come Knut Faldbakken, Karsten Alnæs e
Ketil Bjørnstad scrissero negli anni 1970 romanzi
psicologici moderni dove i conflitti del nostro tempo sono
oggetto di studio approfondito. Nel corso dei due decenni
successivi, tutti continueranno a perfezionare ed a modernizzare
il loro stile e la lingua, all’interno dello stesso
genere letterario.
Altri scrittori come Bjørg Vik e Gerd Brantenberg
hanno continuato a produrre racconti psicologici realisti,
con ritratti di donne convincenti e di temi sociali.
Bjørg Vik, scrittrice di successo, ha scritto negli
anni 1980 e 1990 nuove novelle meno impegnate ed incisive
rispetto al passato, dando prova di una maggiore maturità
e di una profonda conoscenza della natura umana, in particolare
nella trilogia sull’infanzia e l’adolescenza
della giovane Elsie Lund nata ad Oslo. Andando a cercare
in un tesoro di ricordi personali, ella prende come punto
di partenza dei suoi nuovi romanzi alcune delle sue vecchie
novelle. Nel 1998 ritorna nelle librerie con un romanzo
di carattere autobiografico “Roser i et sprukket krus”
(Rose in un boccale incrinato). Oltre al vasto pubblico
di cui Bjørg Vik gode in Norvegia, le sue opere sono
state tradotte in più di 30 lingue, tra cui il russo
ed il cinese.
Gerd Brantenberg ha il merito di presentare un messaggio
chiaro: il diritto degli omosessuali all’amore ed
al rispetto, un tema che non ha più abbandonato dopo
il successo del suo romanzo satirico “Egalias døtre”
(Le Figlie di Egalia), pubblicato nel 1977.
Tra i romanzieri di stampo provocatorio e modernista,
Cecilie Løveid e Kjartan Fløgstad continuarono
la loro produzione letteraria caratterizzata da critica
sociale e atteggiamento modernistico. E’ più
fruttuoso cercare e studiare presso questi autori l’evoluzione
della loro produzione letteraria attraverso i loro trenta
anni di notorietà cercando di stabilire dei rapporti
e delle linee comuni piuttosto che sforzarsi di trovare
delle rotture.
Cecilie Løveid è una delle rare scrittrici
norvegesi ad aver scelto l’arte drammatica. E’
stata paragonata a Botho Strauss e si è fatta notare
all’estero per delle opere teatrali che vengono messe
in scena nel mondo intero. L’opera radiofonica Måkespisere
(I mangiatori di gabbiani) del 1984 ha vinto il Premio Italia.
Nel 1994, il Teatro Nazionale della Norvegia ha messo in
scena Maria Q, opera sulla vita di Maria, la moglie di Vidkun
Quisling, il capo del governo norvegese pro nazista durante
l’ultima guerra. Sia per la base documentaristica
che per la forma poetica, ha suscitato un vivo dibattito.
Quest’opera non manca di revisionismo storico ed ha
il merito di aggiungere allo stesso tempo un complemento
di informazione. Østerrike (Austria) del 1998, nona
opera drammatica di Cecilie Løveid, che occupa tutta
una serata teatrale, è una conferenza sulla vita
e sull’evoluzione del pensiero del filosofo Ludwig
Wittgenstein in rapporto a Brand di Ibsen. Entrambi hanno
un rapporto passionale inespresso e quasi fanatico con loro
stessi ed il loro ambiente. Sono dei seduttori, persone
che vogliono costringere gli altri a condividere la loro
visione del mondo. Nell’opera Løveid fa incontrare
l’Agnes di Brand con il Wittgenstein. L’opera
Østerrike è stata ordinata dal Teatro Nazionale
dove è stata presentata in occasione del Festival
di Ibsen nel 1998.
Kjartan Fløgstad ha iniziato scrivendo poesie negli
anni 1960, e si è rivelato un critico acerbo della
società nel corso degli anni 1970, senza essere mai
preso dal realismo sociale. Quello che caratterizza la sua
opera in prosa è il piacere che prova a giocare con
le parole, a scoprire i doppi sensi ed i giochi di parole
rendendo questo esercizio ludico una parte integrante dell’azione.
Nell’opera Det 7. klima (Il Settimo Clima), del 1986,
immagina una biografia fittizia del poeta Salim Mahmood,
che trascorre una parte della sua vita in Norvegia, o Ultima
Thule.
Vi appaiono numerosi personaggi storici reali o quasi
reali. In questa satira burlesca della Norvegia, in particolare
del mondo dei media, l’autore ride degli usi e costumi
dei suoi compatrioti. Fløgstad aveva da lungo tempo
carezzato il progetto di scrivere un opera critica contraria
al gusto popolare. Con quest’opera ci è riuscito
in quanto ha suscitato un vivo dibattito. E questo libro
è stato inoltre pubblicato dalla maggiore casa editrice
in Norvegia. Come nelle sue opere precedenti, ivi compreso,
Dalen Portland (La Valle di Portland) del 1977, a cui è
stato attribuito anche un premio, fa delle riflessioni sulle
caratteristiche del modo di vivere norvegese, contribuendo
a delineare il ritratto del norvegese socialdemocratico.
Nei due libri successivi Kniven på strupen (Il coltello
sulla gola) del 1991 e Fimbul” del 1994, utilizza
la forma del romanzo poliziesco e del thriller per raggiungere
lo stesso scopo.
Il magnifico romanzo Kron og mynt. Eit veddemål
(Testa e croce. Una scommessa), del 1998, assomiglia di
più a quelle opere a cui Fløgstad ci aveva
abituati negli anni 1970. Ci da un quadro clinico delle
metamorfosi economiche, politiche e culturali che sono sia
irreversibili che di dimensione mondiale. Il mondo moderno
è un mondo incoerente, governato dal caso. In questo
romanzo, Fløgstad si domanda. “Che significato
può avere ai giorni nostri l’arte del romanzo
e l’arte in generale?” Ci da una risposta attraverso
l’immersione sottile, sotto forma di saggio, nel XVII
secolo e nell’epoca barocca. Molto di più che
non nelle opere precedenti, Kron og Mynt abbonda di personaggi
e di racconti ambientati principalmente nella regione di
Rogaland, di cui Fløgstad è originario e che
rappresenta il substrato di quello che c’è
di meglio nella sua produzione letteraria.
La maggior parte degli autori più attivi negli
anni 1970 ha scritto i libri migliori negli anni 1980 e
1990. Per la maggior parte di questi autori questo può
essere interpretato come un segno che per divenire un buon
scrittore bisogna aver prodotto molti libri, nel corso di
molti anni, spesso decenni.
Dag Solstad è stato uno scrittore contestato ma
già riconosciuto negli anni 1970. E’ stato
anche uno degli autori che ha sollevato le più grandi
polemiche negli anni 1980. Il Premio per la Letteratura
del Consiglio Nordico, attribuitogli nel 1992 per il romanzo
Ellevte roman, bok atten, (Undicesimo romanzo, libro diciotto),
ci fa pensare che è solo una questione di tempo prima
che le case editrici straniere si accorgano del suo talento
particolare. Con Genanse og verdighet (Timidezza e dignità)
del 1994, si è rivelato il più eminente degli
scrittori norvegesi quando si è trattato di interpretare
la coscienza contemporanea. Nessuno come lui può
descrivere i sentimenti di emarginazione dell’intellettuale.
Agli occhi dei suoi personaggi principali - un finanziere,
un insegnante, un professore - la società diventa
sempre più superficiale ed incomprensibile. Le storie
di questi uomini di mezza età severi e melancolici,
come per esempio nel romanzo Professor Andersens natt (la
Notte del Professor Andersen) del 1996, trattano degli aspetti
tragici della vita quotidiana e sono una critica fondamentale
della nostra civiltà. Allo stesso tempo, paradossalmente,
queste opere sono ricche di un senso dell’umorismo
malizioso che redime e libera. Solstad continua a scrivere
in questo stile prolisso che ricorda Proust, che è
divenuto una sua caratteristica. In alcuni passaggi di molti
dei suoi romanzi, redatti in forma di saggio, ha approfondito
il rapporto d’amore e di odio che intrattiene con
le opere di Ibsen. Nell’ultimo romanzo numerosi critici
hanno creduto di aver scoperto una dimensione religiosa
da parte di questo marxista-leninista pentito.
Criminalità e letteratura
La questione se sono gli autori ad essere influenzati
dalla loro epoca o se invece accade l’inverso può
essere discussa. A partire dagli anni 1980 molti giovani
scrittori hanno tentato di avvicinarsi alla letteratura
poliziesca. Gli anni 1990 sono il decennio delle scrittrici
femminili ad eccellere in questo genere letterario. Questa
tendenza è forse più importante di quanto
ce ne rendiamo conto oggi? Forse potrà influenzare
la nostra percezione degli anni 1980 e 1990?
Verso la metà degli anni 1970, Jon Michelet ha
introdotto in Norvegia il romanzo poliziesco, ambientato
nelle città e trattante temi politici. Vilhelm Thygesen,
un poliziotto di Oslo e (anti) eroe di Michelet, deve affrontare
le peggiori manifestazioni della criminalità politica
ed economica. Durante lo stesso periodo anche Kjartan Fløgstad
ha pubblicato due romanzi polizieschi ispirati alla polizia
americana. Nativo di Bergen, Varg Veum, il detective privato
di Gunnar Staalesen è un po' più sentimentale
rispetto ai suoi predecessori americani. Nell’attesa
di nuovi clienti, beve dell’acquavite, al posto del
whiskey, mentre piove a dirotto a Bergen. Nel corso degli
anni 1980, la letteratura poliziesca riesce a conquistare
“l’ambiente letterario raffinato” ed i
club seri di bibliofili. Numerosi giovani scrittori si affermano
come autori di romanzi polizieschi e di romanzi “ordinari”,
tra questi, Ingvar Ambjørnsen, Lars Saabye Christensen,
Roy Jacobsen e Jo Nesbø, tanto per citarne alcuni.
Si riscontrano chiaramente dei tratti comuni tra i romanzi
polizieschi di questi autori e l’intrigo dei molteplici
romanzi di Jan Kjærstad, ambientati ad Oslo, per esempio
“Homo Falsus”, del 1984 e “Rand”,
del 1990.
La prima donna ad unirsi a questo gruppo fu Kim Småge
che fece il suo debutto nel 1983 con Nattdykk (Immersione
notturna), la cui prospettiva è volutamente femminile
sia per quanto riguarda il soggetto che lo stile. Kim Småge
continua a pubblicare storie ambientate a Trondheim o nella
regione centrale della Norvegia. Ma è solamente negli
anni 1990 che le donne iniziano ad impegnarsi nella letteratura
poliziesca. Altre scrittrici come Anne Holt, Pernille Rygg
e Kjersti Scheen utilizzano abilmente un artificio che è
divenuto molto alla moda nella prosa poliziesca all’estero:
la donna nel ruolo dell’eroina o dell’investigatrice.
Unni Lindell e Karin Fossum hanno optato per protagonisti
maschili. I tre romanzi di Karin Fossum aventi come protagonista
l’ispettore di polizia Konrad Sejer sono stati oggetto
di molti elogi e l’autrice è stata paragonata
dai critici alle regine britanniche del romanzo poliziesco.
Alcuni affermano che i romanzi polizieschi norvegesi più
recenti devono essere letti e considerati come delle “opere
letterarie regionali”, proprio in virtù del
loro rapporto con il luogo dove si svolge l’azione,
in particolare con le principali città di Oslo, Bergen
e Trondheim. Il colore locale di cui sono impregnate ha
fatto di questo genere letterario d’importazione un
prodotto norvegese. Le condizioni economiche degli anni
1980 costituiscono lo scenario d’intrighi credibili
ma particolarmente drammatici. Diversi autori manifestano
tuttavia la loro intenzione di piantare in questo scenario
“d’importazione” una forma di romanzo
più ambiziosa. Nel dibattito contemporaneo sulle
forme moderniste o tradizionali del romanzo, il romanzo
poliziesco è servito come momento di pausa.
Per quanto si possano giudicare gli anni 1990, questa
tendenza sembra che al presente si sia accentuata : la letteratura
poliziesca riceve ancora più attenzione in quanto
anche gli autori “seri” utilizzano questo genere
come forma d’espressione sia trattandola con tutta
la serietà che s’impone sia - come Torgeir
Schjerven in Omvei til Venus (Deviazione per Venere) del
1994, accolto molto favorevolmente dalla critica -adottando
la derisione, il pasticcio burlesco alla maniera di Paul
Auster o di David Lynch nella serie televisiva Twin Peaks.
D’altro canto è sorprendente constatare il
numero di autori che hanno scelto di allontanarsi dallo
stile epico, realistico e psicologico che ha caratterizzato
il romanzo tradizionale norvegese, per avventurarsi nel
fantastico e nell’irreale.
Fantasia e letteratura
Due tratti dominanti caratterizzano la produzione letteraria
di questi dieci ultimi anni la cui evoluzione si è
avuta in due direzioni: verso una espressione più
immaginativa che utilizza largamente il fantastico e fa
degli adepti, e verso una maggiore cura per la lingua da
parte di numerosi autori.
Tor Åge Bringsværd e Mari Osmundsen, per esempio,
sono particolarmente rappresentativi a questo riguardo.
Quì si potrebbero fare molti nomi, un veterano
come Arild Nyquist, oppure uno di quelli che si è
imposto negli anni 80, come Ragnar Hovland. Dobbiamo a quest’ultimo
i racconti più surrealistici, ambientati nel nord-ovest
della Norvegia o in un ambiente internazionale, come in
Professor Moreaus løyndom (il Segreto del Professor
Moreaus) del 1985, o in Ein motorsykkel i natta (Una Motocicletta
nella Notte) del 1992, romanzo destinato ai ragazzi e che
gli ha fatto vincere un premio letterario.
Anche Lisbet Hiide merita di essere menzionata. Con i
suoi libri intitolati Alices særegne opplevelse av
natt (Le Singolari Avventure Notturne di Alice) del 1985
e Dame med nebb (La Dama con il Becco) del 1988, fa ancora
un passo avanti nella forma di espressione di racconti fantastici
ed onirici. Questa tendenza è marcata soprattutto
nella seconda opera citata, abitata da personaggi grotteschi,
dove le figure femminili appaiono in corpi d’uccello
e manifestano dei bisogni stravaganti.
Citiamo ancora Marianne Fastvold che ha fatto il suo debutto
nel 1991 con novelle sensuali. Nel suo romanzo Død
som en dronte (Morto come un dronte) del 1994, persiste
con un racconto molto realistico che racconta la storia
di una donna esuberante che, in un periodo critico della
sua vita, e priva di denaro, va a vivere in un centro commerciale
moderno e vive delle ore prese in prestito e con una carta
di credito scoperta. Il romanzo Tristan kommer (La Venuta
di Tristano) del 1998, è una ricerca sui grandi miti
amorosi del mondo occidentale. Il parallelo con la leggenda
di Tristano e Isotta è utilizzato con grande licenza
poetica. Nella descrizione dei folli incontri passionali
di una coppia di mezza età alla ricerca di una seconda
giovinezza, l’autore conferma che la sua ricerca tende
a capovolgere il mito. Gli insegnanti sociali dell’inizio
degli anni 1990 che popolano i racconti di Dag Solstad sono
innegabilmente lontani mille miglia dall’insegnante
grassottello di Fastvold che riceve dalla sua sposa la conferma
che il maglione verde che indossa gli dona un aspetto virile
e sportivo. Le sue parole sono come una musica ed è
un amante virile e passionale.
Nel settore dei racconti fantastici, Tor Åge Bringsværd
si impone come il decano norvegese del genere. Ed ha almeno
cento opere al suo attivo a partire dal suo debutto nel
1967. Ma non si è veramente rivelato al grande pubblico
che con l’apparizione dei cinque volumi della serie
dei Gobi: Gobi, Barndommens måne, (Gobi, la Luna dell’Infanzia),
del 1985, sulle crociate dell’infanzia, Gobi II, Djengis
Khan (Gengis Kahn) del 1987, sulle grandi conquiste mongole
e, Djevelens skinn og ben (la Pelle e le Ossa del Diavolo)
del 1989, dove associa con audacia i miti dell’Europa
medievale, la mitologia norrena ed i racconti delle Mille
e Una notte. Min prins (il Mio Principe), del 1994 e Baghdad
del 1997 terminano il racconto su Wolfgang di Godesberg.
Questi romanzi appartengono alla letteratura fantastica
per adulti in tutti i sensi del termine, e si rifanno ai
miti classici, alle epopee classiche, ai racconti sulle
grandi invasioni, alle fiabe ed alle leggende d’Europa
e del mondo arabo. Si è tentati di dire che Bringsværd
è un modello per molti nuovi giovani autori, quando
cerca semplicemente di raccontare una storia, non necessariamente
in modo lineare dalla A alla Z, e non necessariamente solo
una storia. L’idea fondamentale di questi libri e
che le storie valgono la pena di essere raccontate e questo
mantiene il protagonista in vita. Bringsværd si serve
del romanzo per rimettere in discussione la vita, l’amore,
l’effimero; la sua tecnica narrativa, a volte piena
di immaginazione ed erudita, rappresenta una novità
nella letteratura norvegese recente. Bringsværd è
anche un ricercatore letterario e le sue opere estetico-filosofiche
su A.A. Milnes Ole Brumm (Winnie Pooh), danno prova di una
grande originalità.
Mari Osmundsen si è affermata descrivendo quello
che noi possiamo definire “le superstizioni della
vita quotidiana”. I suoi racconti crudeli e vibranti
di indignazione centrati sugli abusi contro le donne, l’oppressione
e la violenza, si lasciano bruscamente sfuggire racconti
appartenenti al soprannaturale.
Una letteratura consapevole della lingua
Nel tentativo di rompere contro il realismo letterario,
altri autori hanno intrapreso delle strade differenti.
Jan Kjærstad si è fatto conoscere nel 1979
per una raccolta di novelle intitolata Kloden dreier stille
rundt (La Terra gira lentamente). Per molti aspetti, è
considerato come il prototipo degli scrittori degli anni
1980, per la sua erudizione, la critica dei nuovi mezzi
di comunicazione e la cura della lingua.
Anche presso Jan Kjærstad si ritrova il desiderio
di donare una immagine completa degli usi e dei costumi
del suo paese. E’ soprattutto nei romanzi Speil (Specchio)
del 1982 e Det store eventyret (La Grande Avventura) del
1987 che appare questa visione globale d’insieme del
nostro secolo e del modo di vivere europeo. E’ il
motivo per il quale è spesso associato a Kjartan
Fløgstad. Entrambi hanno scritto romanzi caleidoscopici
, una rottura con tutta la convenzione realista, ma i più
recenti si avvicinano ai racconti tradizionali. In Det store
eventyret fa una concessione alla necessità di raccontare
una storia. Il romanzo racconta la storia d’amore
tra Peter Beauvoir, celebre autore norvegese, e la bella
vedette della televisione Shoshana che egli scopre un giorno
sul piccolo schermo. L’intrigo è intessuto
in una serie di racconti delle Mille e una Notte, e di riflessioni
sullo stato della nostra civiltà. Il mondo è
al rovescio: la Norvegia è divenuta un’isola
tropicale e i suoi abitanti per la maggior parte hanno la
pelle nera. In questo miscuglio di fiabe e distorsioni della
realtà nasce una incredibile storia che suscita l’immaginario.
I due romanzi successivi di Kjærstad, Forføreren
(il Seduttore) del 1993 e Erobreren (il Conquistatore) del
1996, hanno molti aspetti in comune. La prospettiva mediatica
è conservata attraverso il protagonista Jonas Wergeland,
eroe e celebrità della televisione, e un ambiente
globale costituisce il quadro di tutti i suoi racconti fantastici.
Anche Kjærstad gode di un pubblico numeroso all’estero,
che gli è valso nel 1998 l’attribuzione del
premio Henrik Steffen. Questa ricompensa prestigiosa è
un premio attribuito a degli Scandinavi che hanno contribuito,
in maniera eccellente ad arricchire le arti e le lettere
in Europa. La commissione ha motivato la nomina indicando
che Jan Kjærstad è uno degli scrittori più
importanti della Norvegia e che per tale motivo ha meritato
che un omaggio particolare sia reso all’importanza
dei suoi romanzi, delle sue novelle e dei suoi saggi.
Nei suoi romanzi Jon Fosse, nativo della Norvegia dell’Ovest,
si addentra così profondamente nella realtà
quotidiana da creare una specie di superrealismo. Insistendo
sui ritmi ed il potere incantatore della sua prosa, imita
il carattere ripetitivo e persistente delle funzioni della
coscienza umana. Nell’opera Bly og vatn (il Piombo
e l’Acqua), del 1992, le parole seguenti -“ma
lui pensa?”- si ritrovano più di dieci volte
per pagina, una tecnica che perfeziona nei due romanzi su
Lars Hertevig - pittore per eccellenza della regione ovest
della Norvegia -initolati Melancholie (Melancolia) e Melancholie
II (Melancolia II) del 1996. Negli anni 1990, Jon Fosse
ha anche acquisito una solida reputazione d’autore
drammatico e numerose delle sue opere sono state messe in
scena sia in Norvegia che all’estero.
Kjell Adskildsen (che ha debuttato nel 1953) e Øystein
Lønn (che ha debuttato nel 1966), hanno sviluppato
individualmente un’arte narrativa di grande sobrietà,
quasi minimalista, ed entrambi sono stati debitamente ricompensati
con diversi premi per le loro opere magistrali. Gli uomini
anziani vengono descritti da Askildsen con un umorismo nero
e con la più grande serietà, per esempio in
En plutselig frigjørende tanke (Un pensiero improvvisamente
liberatorio) del 1989 e Et stort øde landskap (Un
Paesaggio Immenso e Desolato) del 1991. Nella raccolta intitolata
Hundene i Tessaloniki (I Cani di Tessalonika) del 1996,
prosegue la sua prosa spoglia e libera da riflessioni.
La produzione letteraria di Øystein Lønn
è vasta, ma in questi ultimi anni sono le novelle
che hanno attirato l’attenzione dei lettori molto
più dei romanzi. Per i temi che esse trattano ed
il loro stile, le novelle raccolte sotto al titolo Thranes
metode ( Il Metodo Thrane) del 1993 assomigliano alla raccolta
Hva skal vi gjøre i dag og andre noveller (Che facciamo
oggi ed altre novelle) del 1995, per le quali ha ricevuto
il premio letterario del Consiglio Nordico.
Tra le giovani scrittrici femminili, Vigdis Hjorth, che
ha scritto sia libri per bambini che per adulti, sembra
molto promettente. Nel suo libro Fransk åpning (Overture
alla francese) del 1992, che sul piano morale ed estetico
ha provocato più di un lettore, ci lascia il suo
messaggio sulla mancanza di comunicazione tra gli uomini
e le donne, e sull’inibizione sessuale. Un’
altra giovane autrice, Hanne Ørstadvik, trova le
parole giuste per parlare dell’assenza di contatto
tra la madre ed il figlio in un’opera, non meno provocante
intitolata Kjærlighet (Amore), del 1997. Nella storia
sulla mancanza d’attenzione e di cure, proprie della
nostra vita moderna, l’autrice stigmatizza anche la
vacuità della prosa pubblicitaria superficiale prodotta
dai media.
Sissel Lie, che ha ricevuto una formazione accademica
ed ha preso ispirazione dalla cultura francofona, merita
di essere menzionata. Molti dei suoi romanzi come Reise
gjennom brent sukker (Viaggio atrtraverso lo zucchero candito).
del 1992, Rød svane (Il Cigno Rosso), del 1994 e
Svart due (la Colomba nera) del 1997, sono di una fattura
moderna ma allo stesso tempo altamente poetica, ispirati
alle fiabe ed alle leggende, un genere dove la tecnica narrativa
è almeno altrettanto importante che la storia di
per se. L’autore giunge a fare un passo in più
verso quella che, in mancanza di un’espressione più
originale, viene chiamata “la differenza tra le donne
e gli uomini”. Le opere di Sisel Lie sono state tradotte
in tedesco, danese, francese e rumeno. Nel 1991, è
stata una delle undici scrittrici norvegesi scelte per rappresentare
a Parigi la letteratura norvegese contemporanea con il motto:
“Norvège. Les Belles Etrangeres”, un
programma destinato a far conoscere al pubblico francofono
la letteratura straniera, creato su iniziativa di Jacques
Lang, ex Ministro francese della Cultura.
L’arte eterna della narrazione
Nelle opere di Fløgstad, Kjærstad, Fosse
e Lie ed in quelle di numerosi altri autori giovani ed eruditi,
risiede la promessa che la Norvegia è sul punto di
stabilire una tradizione romanzesca che non ha mai preso
il volo se non dopo gli anni 1970: una tradizione che non
è caratterizzata da realismo psicologico.
D’altro lato, nel corso degli anni 1980, molti sono
gli autori famosi che si sono spostati dalle tendenze sperimentali
tanto in voga per dirigersi verso il romanzo epico, peraltro
con molto successo.
Al momento del debutto, un autore come Herbjørg
Wassmo si è rivelato al pubblico con le sue poesie,
ma ha poi fatto del romanzo, più tardi, il suo genere
preferito. Liv Køltzow, romanziere modernista negli
anni 1960, femminista polemica negli anni 1970 ed autrice
di romanzi e novelle psicologiche ricche di sfumature, ha
trovato la propria collocazione malgrado una produzione
letteraria relativamente limitata. Per l’originalità
della sua opera su Den unge Amalie Skram (La Giovane Amalie
Skram), del 1992, Liv Køltzow ha contribuito in modo
interessante al genere biografico ed alla rinasciata del
grande romanzo naturalista che fu di Amalie Skram. Attraverso
questa opera biografica, ha raggiunto un pubblico vasto
e riconoscente. Questo stesso pubblico ha ugualmente saputo
apprezzare nel modo giusto il romanzo di questa virtuosa,
esigente in fatto di stile, che è la Køltzow,
intitolato Verden forsvinner (Il Mondo sparisce), del 1997,
che descrive una donna nella sua maturità, alle prese
con una crisi esistenziale di mezza età.
Gli anni 1970-1980 sono gli anni del femminismo, dei cortei
e delle polemiche; una pleiade di scrittrici hanno scritto
il loro nome sul grande libro della storia della lettaratura
norvegese. Paradossalmente, gli anni 1990 saranno il decennio
letterario durante il quale la presenza di scrittrici donne
nel mondo della lettaratura sarà stato più
visibile.
Herbjørg Wassmo, che ha ricevuto diversi premi
ed è stata tradotta in molte lingue, è sicuramente
divenuta la scrittrice più letta e più apprezzata
in Norvegia. La Trilogia di Tora, figlia illeggittima di
una madre norvegese e di un padre tedesco ai tempi dell’occupazione
Huset med den blinde glassveranda (La Casa con la Veranda
Cieca) del 1981, Det Stumme rommet (La Camera Silenziosa)
del 1983, Hudløs himmel (Cielo crudele) del 1986,
associa un solido talento narrativo, benchè desueto,
ad una penetrazione psicologica solida, dell’animo
femminile in particolare. Tora è una bambina che
non ha il suo posto nella società e che è
condannata a soffrire, essendo il mondo che la circonda
privo di calore umano. Sia dal punto di vista tematico che
per lo stile, la trilogia successiva della Wassmo, Dinas
bok (Il Libro di Dina) del 1989, Lykkens sønn (Il
Figlio della Gioia) del 1992 e Karnas arv (L’Eredità
di Karna) del 1997, ricchi di quadri sontuosi e melodrammatici
e di descrizioni di forze quasi sovrannaturali, è
molto differente da La trilogia di Tora. Le due opere hanno
comunque in comune il fatto di trattare il tema dell’infanzia
martoriata. Nei libri su Dina, la Wassmo amplia considerevolmente
questa prospettiva anche per quanto concerne le fonti di
ispirazione utilizzate: Omero e la Bibbia, le saghe nordiche,
le dinastie familiari, la storia romanzata, tra cui Amtmandens
Døtre (Le Figlie del Prefetto) del 1854 di Camilla
Collet, uno dei primi romanzi in assoluto norvegesi dell’epoca
contemporanea. Non esita allo stesso tempo a prendere in
prestito dalle tecniche della letteratura di evasione moderna,
al romanzo d’appendice, al melodramma ed anche alle
soap-opera, e lo fa con eleganza. Nel 1995 ha pubblicato
una raccolta di novelle intitolate Reiser (Viaggi).
Anne Karin Elstad ha seguito il passo di Sigrid Undset,
premio Nobel per la Letteratura norvegese nel 1928. Nei
suoi romanzi storici della fine del secolo scorso e dell’inizio
di questo secolo descrive, tra i temi letterari, la mancanza
di armonia nella vita delle donne, con delicatezza e dando
prova della sua profonda conoscenza della storia. Bergljot
Hobæk Haff, che ha debuttato nel 1956, ha raggiunto
l’apice della sua carriera letteraria negli anni 1990
pubblicando molte opere risonanti come Skammen (l’Onta)
del 1996, riscrivendo in modo burlesco tutta la storia della
Norvegia del XXesimo secolo. Quest’opera è
in via di traduzione in molte lingue.
La letteratura norvegese contemporanea conta numerosi
narratori di talento e molto apprezzati dal pubblico come
Erik Fosnes Hansen e Roy Jacobsen tra i più giovani
o Ebba Haslund e Finn Carling tra i veterani. Il romanzo-catastrofe
europeo di Erik Fosnes Hansen Salme ved reisens slutt (Corale
alla fine del viaggio) del 1990, centrato sull’orchestra
del Titanic, è stato un successo letterario mondiale.
La sua ultima opera, apparsa nell’autunno del 1998,
è intitolata Beretninger om beskyttelse (Cronache
sulla protezione).
Poco prima della fine degli anni 1990, la voce di una
nuova generazione d’autori comincia a farsi sentire
nella letteratrura in prosa, rappresentata da Erlend Loe.
Con un tono leggermente naif, noncurante, a volte ferito,
ma che sa ugualmente essere allegro, lascia il suo protagonista,
un uomo giovane, descriverci la “donna” in Tatt
av kvinnen (Stregato dalla donna) del 1993, e successivamente
“l’esistenza” in Naiv Super del 1996.
Tore Renberg si è fatto notare come uno dei giovani
scrittori che scrivono sulla famiglia in Matriarkat (Matriarcato)
del 1996 e in Mamma, pappa, barn (Mamma, papà e figlio)
del 1997, ma si lancia anche nel fanatismo religioso con
Renselse (Purificazione) del 1998. Nikolaj Frobenius ha
scelto di trattare nei suoi libri della storia delle idee
e della letteratura sotto il profilo filosofico, oltrepassando
le frontiere della Norvegia con l’opera intitolata
Latours katalog (Il Catalogo di Latour) del 1995. Merethe
Lindstrøm descrive in uno stile commovente la sua
visione spaventosa delle relazioni umane, e tratta in particolare
di bambini, della perdita di qualcuno caro e del dolore.
L’avvenire della letteratura norvegese
Le prospettive di rinnovamento della letteratura norvegese
nel corso del prossimo decennio, secolo o millennio si annunciano
promettenti ed il fatto che né gli autori né
le loro opere si lasciano ridurre a delle formule lapidarie
è uno dei segni più promettenti. E’
interessante constatare che attraverso un certo numero di
giovani autori possiamo intravedere i germi di una tradizione
romanzesca che non si fonda necessariamente o esclusivamente
sul realismo psicologico norvegese che ha pesato così
gravemente sulla letteratura del XXesimo secolo. L’esempio
di alcuni autori mostra ugualmente che è possibile
vitalizzare questa forma letteraria le cui risorse non sono
state tutte “utilizzate” ma che, al contrario,
sono in piena fiorescenza.
Ed è tra questi due estremi che oggi si è
stabilito l’equilibrio tra un certo ordine creativo
(“il realismo”) ed un certo caos creativo (“la
fantasia”): una rottura fruttuosa. Non si tratta solamente
di scegliere l’una o l’altra forma letteraria,
ma ugualmente di rispondere ad una domanda essenziale: E’
possibile comprendere il mondo ora che ci stiamo avvicinando
alla fine degli annai 1990? E al passaggio del XXIesimo
secolo? E in un secondo tempo: Si lascerà descrivere?
E a che dovrà assomigliare la letteratura per descrivere
il mondo così come è? O ancora: A cosa dovrà
assomigliare la letteratura che saprà cambiare il
mondo ed aprirci dei nuovi orizzonti? E’ agli scrittori
di domani che spetta il compito di rispondere a questi quesiti,
ed allo stesso tempo di contribuire a decidere del ruolo
che sarà riservato alla letteratura ed ai libri nella
nuova situazione dei media. Sarà un ruolo marginale
o centrale? Si servirà dello schermo o della carta?
“Finchè c’è scrittura c’è
speranza”, fa dire Jan Kjærstad al suo norvegese
dalla pelle scura nel romanzo Det store eventyret (la Grande
Scrittura). Ed è evidente che gli autori norvegesi
ancora credono nella scrittura.
Non dobbiamo neppure dimenticare che la storia moderna
del romanzo norvegese non ha più di centocinquanta
anni di esistenza. Durante tutto questo periodo, la letteratura
norvegese ha mantenuto un’ispirazione tipicamente
nazionale, sia al meglio che al peggio. Allo stesso tempo,
la Norvegia è considerevolmente più aperta,
più internazionale che non sia mai stata da un secolo
e mezzo, ed è lei stessa divenuta multiculturale.
E di questo dobbiamo essere contenti. Il particolarismo
della maggior parte dele opere letterarie norvegesi fa sì
che solo poche opere si prestano alla traduzione in altre
lingue. D’altro lato è proprio questa caratteristica
singolare che incita a tradurre le migliori opere norvegesi.
E’ molto importante che ci poniamo la stessa domanda
di Sofia: “Chi siamo noi?” Ma nell’era
della mondializzazione possiamo arrivare molto più
lontano restando fedeli al nostro particolarismo norvegese,
ma allo stesso tempo cercando di non isolarci dietro un
sentimento di autocompiacimento. Dobbiamo continuare a coltivare
le nostre caratteristiche nazionali rimanendo però
aperti alle altre culture.
L’autrice di questo articolo, Janneken Øverland,
dopo la laurea in Lettere è stata redattrice della
rivista Vinduet e capo redattrice del club del libro Dagens
bok. Capo redattrice, incaricata della traduzione delle
opere letterarie presso la Casa Editrice norvegese Gyldendal
Norsk Forlag. Ha scritto vari libri sulla letteratura, tra
cui “Cora Sandel. Una biografia” nel 1995.
Prodotto da Nytt for Norge per il Ministero degli Affari
Esteri norvegese.
Traduttore: Viviana La Cava Eriksen. Testo prodotto nel
novembre 1998.
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