Luoghi comuni (un ricordo di Salvo Basso), di anna bucca


Luoghi comuni (un ricordo di Salvo Basso)

di anna bucca (pubblicato sul n. 90/2002 di Girodivite)

Un rischio in cui si incorre nel ricordare le persone care è quello di cadere, forse senza volerlo, in luoghi comuni e in considerazioni retoriche o di esprimersi in maniera confusa.
Credo di avere buone probabilità di incapparci anch'io.
Penso anche di avere un altro problema e cioè di non avere ancora ben digerito il fatto che Salvo sia morto. Pertanto di non riuscire a parlarne come vorrei. Di non riuscire a collegare quell'uomo in una bara con vestito e fascia tricolore con l'idea che Salvo non c'è.
E' più un problema di pancia che di testa.
Io non conoscevo Salvo da molto tempo; forse ci siamo incontrati per la prima volta 4 anni fa, di sicuro a Scordia. Ma non credo neanche che il dolore e le emozioni siano direttamente proporzionali agli anni di conoscenza.
Abbiamo trovato da subito dei percorsi comuni, probabilmente perché il nostro punto di contatto sono stati i ragazzi dell'Arci di Scordia, con cui lui aveva rapporti di amicizia, di collaborazione e di stima già consolidati.
Io però non ho mai avuto la sensazione di aver conosciuto l'ennesimo amministratore con cui dover cercare di mantenere rapporti politici cordiali, per ragioni di opportunità.
L'ho sentito da subito prima un amico e poi l'assessore, con cui litigare - e riappacificarsi- tutte le volte che è stato necessario. E con le conseguenti telefonate (più spesso sue, visto che mal sopportava di essere stato frainteso) che iniziavano con "ma t'a pigghiasti?, ma sicuru? Ma si' cretina? ", con eventuale mediazione di un amico comune che rassicurava sia me che lui che era tutto chiarito.
E l'unica volta che l'ho chiamato "poeta", lo scorso luglio, è stata la prima sera che lo sentivo leggere le sue poesie in pubblico e l'ultima sera in cui lui ci regalava una performance.
Mi sono rimproverata molte volte, dall'inizio della malattia, di non riuscire ad andarlo a trovare frequentemente, combattuta tra il non voler essere troppo invadente e la sensazione di non essere per niente presente; mi consola un po' il fatto che per lo meno l'ultima volta che ci siamo visti ho ritrovato il Salvo che conoscevo, -battuta tagliente e fine ironia- con cui ridere parecchio e rinfacciarsi reciprocamente alcuni "mostri" e situazioni poco sensate a cui avevamo dato vita nelle nostre collaborazioni.

Però di alcuni luoghi comuni che hanno caratterizzato questa nostra conoscenza vorrei parlare coscientemente: non luoghi comuni come "banalità", ma come luoghi, occasioni, percorsi che si provava a costruire insieme.
Salvo amava svisceratamente i libri, tutti i libri.
"Luoghi comuni. La città come laboratorio di progetti collettivi" è un libro dell'urbanista Giancarlo Paba, protagonista di una contesa tra noi due.
Io lo avevo trovato e l'avevo portato con me- anche un po' provocatoriamente- per farglielo vedere. Lui rivendicava il diritto di leggerlo per primo, anche a costo di sequestrare la mia copia, perché si sentiva ispiratore delle nostre- mie e di altri compagni- riflessioni sulla città e sulla progettazione partecipata. E in parte lo era.
Ovviamente, alla fine il libro l'ho portato via io ma il giorno dopo lui aveva già messo sottosopra le librerie di Catania per fare arrivare la "sua" copia, e poterla leggere prima di me.
Dopo un paio di mesi, ci siamo ritrovati insieme, in un dibattito pubblico a Catania. Senza che nessuno dei due fosse nel frattempo riuscito ad affermare la propria "prepotenza intellettuale" e a far venire in Sicilia il maestro Paba.….

Salvo per me, per molti di noi, è stata un amico con cui condividere i sogni, la possibilità di costruire un mondo diverso, in cui l'attenzione per le persone, per il loro sentire, per il loro essere, non fosse un fatto accessorio o comunque in secondo piano, rispetto a valutazioni di calcolo o di altro ordine;
Quando l'ho conosciuto, la cosa che mi aveva colpito molto era l'aver trovato finalmente in Sicilia un amministratore pienamente cosciente di come la cultura - a tutti i livelli- potesse essere un importante e efficace strumento di promozione sociale, di inclusione e interazione.
Salvo ha avuto il merito di avviare confronti di alto livello, di provare a coordinare il lavoro degli assessorati alle culture, di stimolare in continuazione le iniziative delle associazioni, magari a volte "rompendo" un po', ma sempre con quel suo modo affabile e attento agli altri e alla costruzione di relazioni sincere.
Dopo la sua morte ho girato un po' tra le mie carte alla ricerca di un suo articolo e alla fine ne ho trovato un altro. Così vorrei chiudere questo ricordo disarticolato e scomposto - come mi sento adesso io- con le sue parole:
"Ecco quello che immagino come ruolo positivo dell'assessore alla cultura (…). La possibilità di condividere, scambiarsi e aumentare le informazioni. Quale spazio? Lo spazio è lo spazio del sogno. Il sogno di una città piccola, nella quale si possa sognare insieme. Sognare insieme una città ideale come luogo in cui sia possibile isolarsi per pensare ma anche incontrare il proprio prossimo per pensare con lui. (…) Divertirsi, crescere, informarsi, leggere…guardare, fare delle cose, insomma vivere non di solo pane costa, costa magari caro, ma è un costo non effimero sul quale non possiamo permetterci di fare alcun risparmio" (Quaderni di Eupolis, numero 1, luglio 1999).

Contesto

Salvo Basso

 


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