La
bussola e l'equatore. Salvo Basso, di otello urso
La bussola e l'equatore. Salvo Basso
di otello urso (pubblicato su Girodivite 90/2002)
Le persone non si conoscono mai interamente, al massimo
scambiano tra loro frammenti d'esperienza.
Qualche volta la mia vita si è incrociata con quella
di Salvo Basso e, naturalmente, sono rimaste attaccate delle
cose ad entrambi. Provo a dirne perché la scrittura,
si sa, è terapia, e serve innanzi tutto a me, e poi,
chissà, magari anche a qualcun'altro. La morte è
sempre cosa dura durissima e poi nulla. Forse sto scrivendo
solo per provare a riempire con un po' di ricordo tiepido
questo fottuto niente che mi svuota e mi allibisce quando
penso a lui.
Era due cose, Salvo: era il politico accorto e onesto che
tentava di strappare pezzi di realtà all'utopia,
ed era il poeta, il poeta che raccontava con la fatica del
voler essere vero la provincia siciliana.
Ora mi viene da pensare al vibrare, e allo scartare improvviso
dell'ago di una bussola. Se lo metti all'equatore, l'ago
impazzisce, attratto come è dalle forze contrapposte,
del nord e del sud. Allo stesso modo, lui oscillava schizofrenico
tra la lotta del politico e la poesia;
Tra la partita a scacchi infinita del potere, con le sue
strategie i suoi scontri cruenti e le sue mediazioni, e
la tenerezza ragazzina profonda e dolce con cui ti colpiva
all'improvviso, come un pugno alla bocca dello stomaco.
E tu restavi lì stordito di verità mentre
credevi di parlare con un assessore comunale e vicesindaco.
SCARTO n.1
Per me, era un amministratore pignolo e visionario. Pignolo
fino alla paranoia. Ma vero tribuno, con quella dose di
narcisismo che i politici e gli artisti posseggono, e la
capacità di rendere palpabili i sogni. Con un piacere
vero per la polemica ed un senso dell'ironia immediato e
coinvolgente.
Ricordo quando una sera, in pizzeria, raccontò
del viaggio a Roma di tre dirigenti politici della sinistra
catanese. La missione era:convincere i vertici del partito
a sostituire il candidato cittadino.
Ritenuto, secondo i sondaggi di cui erano in possesso, un
perdente. Imitava perfettamente i discorsi dei tre che,
in aereo, si preparavano, facendo calcoli complicatissimi,
all'incontro. Descrisse in modo esilarante l'ingresso concitato
e scomposto della delegazione nel grande palazzo sede del
partito, fino alla trepidante attesa in anticamera ed al
breve incontro con il responsabile nazionale dell'organizzazione.
Incontro terminato non appena i tre avevano ammesso candidamente
che il sondaggio si basava su "circa 50 telefonate
fatte di iddi stissi! A un pugno di amici!"
Ma nella mia percezione è stato anche un raffinato
intellettuale. Un uomo con un interesse sincero ed una grande
capacità di intuire con anni di anticipo la forza
dei nuovi movimenti per una democrazia dal basso.
SCARTO n.2
Per me è successo così. L'estate scorsa.
Ero convinto di intervistare il politico e tutto compunto
facevo le domande che mi ero coscenziosamente preparato.
Lui le ha riportate, con uno scarto improvviso, alle banalità
che erano, spostando il discorso sulla paura che aveva della
cecità, sull'impotenza della malattia e sulla morte.
Prima di andar via ha regalato a chi era in quella cucina
calda con la tenda rosa coi buchi e il canarino alla finestra,
un delirio poetico sull'angoscia del vorticare soli in una
deriva fatta di nulla.
Funerali
I funerali sono sempre una brutta cosa: l'addio, la fine,
il dolore che palpita concreto.
I funerali cattolici almeno hanno il merito di restituire
bene il senso della conclusione. Un buon rito, preciso e
immutabile. Reso perfetto da molti secoli di onesta applicazione.
I funerali cattolici poi, posseggono come ulteriore elemento
consolatorio un egualitarismo postumo.
Tutti i giusti sono uguali sotto il rullo del caterpillar
di Dio.
Io non ci credo. Io penso che tutti sono diversi. E tutti
sono diversi per i diversi pezzi di sè che lasciano
nell'immaginario di chi incontrano. E allora il rito con
cui voglio ricordare Salvo si è svolto prima, molto
prima.
Luglio 2001, Mercati Generali, Catania.
C'è aria di festa. Salvo scende dal palco, ha appena
finito di leggere le sue poesie con l'accompagnamento di
Steve Piccolo. E' contento. La gente lo circonda. Mi vede,
si avvicina e mi abbraccia. Non l'aveva mai fatto.
"T'e piaciutu, Otello? - Mi prende il braccio- Vieni
ti voglio presentare una persona… la mia ragazza."
Steve Piccolo sul palco stava ancora graffiando col sax
l'ultimo pezzo. So che a lui, sofisticato di un provinciale,
piaceva molto: "Self control".
Ora niente.
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