| Noi, drappello di superstiti  
                    
                    Noi, drappello di superstiti, inerpicati 
                    oltre 
                    la duna resa piatta dalla voce: un fremito, 
                    il treno, buca il bagliore del giorno, 
                    la visione stessa della fanciullezza, 
                    il grido angosciato della vita trascorsa. 
                    La piccola stazione di Gioiosa, 
                    la vetta e la torre saracena di Piraino, 
                    l'onda del sangue verde brillante di Gliaca, 
                    le isole non visibili dell'arcipelago disperso, 
                    il rombo bilioso del vulcano, 
                    tracciano, inequivocabilmente, le nostre strade: 
                    Così io e gli altri assenti: 
                    Tucci e la sua giovinezza trascorsa e intatta 
                    ancor negli occhi marini, 
                    e le figlie: giovani donne reggono 
 
                    che batte il tempo del nostro dolore. 
                    Eppure le erose figure femminili (mogli e quant'altro) 
                    vivono con noi il dolore del giorno (del mondo) 
                    inconsapevolmente, 
                    pestano col piede il lungo tragitto degli artropodi 
                    l'involucro chitinoso del granchio, 
                    la buccia contorta dell'ulivo, 
                    il bianco elettrico del giglio di mare. 
                    E l'onda, così, si abbatte sulle carcasse 
                    sugli ami dei pescatori improvvisati 
                    sulle nostre mani già irrimediabilmente vecchie 
                    esperte del nulla, sepolte, per gioco premonitore, 
                    nella sabbia fredda d'una sera lunare 
                    senza più tremito, inerte tra dischiusi bivalvi. 
                  
                  Aldo Gerbino 
                     
                   
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