Leonardo Sciascia


Leonardo Sciascia

1) notizie biografiche

Nato a Recalmuto (Agrigento) l'8 gennaio 1921. Iniziò presto a accostarsi alla letteratura e alla cutura, grazie alla biblioteca privata degli zii, maestri delle elementari. Durante il periodo di frequentazione delle magistrali a Caltanissetta - dove ebbe tra gli altri come maestro Vitaliano Brancati -, si avvicinò all'anti-fascismo e allargò le sue letture interessandosi agli autori nordamericani, specie Dos Passos, Caldwell, Steinbeck. Fece una breve esperienza nel 1943 come impiegato negli uffici per l'ammasso obbligatorio del grano, cosa che lo portò a dare uno sguardo alla realtà del mondo contadino. Iniziò subito dopo la sua attività a Racalmuto di insegnante elementare, che continuò fino al 1957. Dopo, entra nel mondo letterario a tempo pieno, come scrittore e come organizzatore culturale. Negli anni '70 divenne deputato al parlamento italiano e poi a quello europeo. Nel 1976 lascia il Consiglio Comunale di Palermo, dove era stato eletto nelle liste del PCI (come indipendente) per passare al Partito Radicale. E' morto nel 1989.

2) opere letterarie

La sua attività letteraria ha inizio con alcune raccolte poetiche: Favole della dittatura (1950), La Sicilia, il suo cuore (1952). E' un impegno poetico che cede presto a un altro tipo di scrittura, «una materia saggistica che assume i modi del racconto» come scrisse poi. Calvino gli pubblicò su "Nuovi argomenti" un testo intitolato "Cronache scolastiche". La pubblicazione sulla rivista permette a Sciascia di farsi conoscere presso l'editoria maggiore. Vito Laterza gli chiede di scrivere un intero libro su Racalmuto: di qui Le parrocchie di Regalpetra (1956) pubblicato da Laterza. Nella collana dei Gettoni diretta da Vittorini esce Gli zii di Sicilia (1958), raccolta di tre racconti lunghi, dove gli spunti di cronaca isolana si vestono di forme decisamente narrative ma senza attenuare una istanza polemica. Gli esempi letterariamente più compiuti in questa direzione sono dati da Il giorno della civetta (1961), e da A ciascuno il suo (1966), centrati sulla mafia e sui suoi delitti.
La lingua di Sciascia e il suo taglio narrativo, tutti tesi a una lucida comunicazione, sono gli stessi che troviamo nei racconti in cui mostra più chiaramente il carattere razionalistico della sua cultura: Il Consiglio d'Egitto (1963) ambientato nel periodo delle riforme del XVIII secolo, avente per protagonista la figura dell'illuminista-rivoluzionario Francesco Paolo Di Blasi capo di una cospirazione per la libertà nel 1783. Morte dell'Inquisitore (1964) sulla figura di un santo brigante del XVII secolo, Diego La Matina, possente figura di frate ribelle sociale più che eretico dottrinario. Recitazione della controversia lipariana dedicata ad A.D. (1969) redatta in forma teatrale, su un conflitto tra Stato e chiesa (cattolica) al principio del XVIII secolo. E soprattutto testo sugli sconfitti dalla politica ma vittoriosi nella storia. Perché Ingastone e i suoi amici che sostengono la sovranità dello Stato e del diritto, sono «individualmente» uno per uno, destino per destino, degli sconfitti. Ma, dice Ingastone, «siamo stati un gruppo, un'unità, una forza: mai vista una cosa simile in Sicilia... Oh no, non abbiamo vinto; questo è vero... Ma perdio, ci siamo stati! Abbiamo fatto, voglio dire, abbiamo operato, abbiamo aperto le finestre, abbiamo spazzato dalla Sicilia tante vecchie e ignobili cose...» «Che ora ritorneranno», interrompe Longo: «Ma abbiamo fatto vedere come si fa a spezzarle» insiste Ingastone, «Questo conta. Questo non sarà dimenticato». Non a caso la "Controversia" è dedicata a A.D., cioè Alexander Dubcek, uno sconfitto che peròaveva lottato.
Nel 1953 aveva dedicato un libro su "Pirandello e il pirandellismo". Nel 1961 tornò sull'argomento con "Pirandello e la Sicilia", definendo la «sicilianità» dello scrittore in senso sovra-regionale, come espressione del più vasto dramma esistenziale moderno. Su scrittori e cose della sua terra Sciascia scrisse anche "Feste religiose in Sicilia" (1965), "La corda pazza" (1970) una raccolta di interventi letterari, e "La Sicilia come metafora" (1979).
Negli anni '70 la presenza di Sciascia nella letteratura e nella societàitaliana si fa ancora più viva, anche per il suo diretto impegno politico. La sua produzione riflette questo accentuato impegno. Dopo i racconti de Il mare colore del vino (1971), e Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971), ha messo a fuoco i problemi della politica e della società contemporanea. Ne Il contesto (1971) e in Todo modo (1974), descrive il groviglio di connivenze che legano gli uomini di potere, soprattutto quelli di parte cattolica. Con "Il contesto" si consumano le prime rotture con l'ambiente politico del PCI: accusato di non riporre più fiducia nella forza liberatrice dell'impegno politico militante e anzi di considerare anche i partiti istituzionali di opposizione complici della degenerazione del "contesto" sociale e politico italiano: una polemica che scoppiò sulle pagine de «L'Unità» e su «Rinascita» tra il 1971 e il 1972, e che riletta oggi, nei primi anni '90 ci danno le ragioni di Sciascia più che quelle dei suoi, arroccati e miopi accusatori.
Ne I pugnalatori (1976), nel rievocare un complotto contro lo stato tramato a Palermo nel 1862, allude a possibili situazioni contemporanee. In Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia (1977) riprende il celebre racconto voltairreiano, trapiantando in tempi moderni la polemica contro le ideologie. Ne L'affaire Moro (1978) affronta il tragico episodio dell'uccisione del presidente della DC.; a esso seguì una Relazione sul caso Moro (1982). In Dalle parti degli infedeli (1979) denuncia l'invadenza elettorale della chiesa cattolica e la persecuzione di un retto vescovo siciliano.
Questa letteratura di impegno civile e politico non ha distratto lo scrittore dal racconto strutturato come un giallo, secondo una sua formula abbastanza consueta: La scomparsa di Majorana (1975), Il teatro della memoria (1981). Né di raccogliere il suo «diario in pubblico» che nel titolo stesso, Nero su nero (1979), intende assumere e ironizzare l'accusa di pietismo spesso rivoltagli.
Con Occhio di capra (1985) è tornato a registrare, attraverso un dizionario dei «modi di dire», aspetti magici e evocativi del mondo siciliano. Breve ma acuta ricostruzione, attraverso alcune lettere ritrovate, dei primi anni di Giuseppe Antonio Borgese è "Per un ritratto dello scrittore da giovane" (1985).
Sono seguiti La strega e il capitano (1986), fino all'ultima breve opera il racconto Una storia semplice (1989).
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© Antenati, 1995-8


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