Storia della letteratura europea - Torna in homepageLucio Piccolo


Lucio Piccolo

Lucio Piccolo è nato a Palermo il 27 ottobre 1903 (morì a Capo-d'Orlando [Messina] nel 1969). Aristocratico (barone di Calanovella), cugino di Giovanni Tomasi di Lampedusa, condusse una vita appartata nella sua villa di Capo- d'Orlando; fu musicista, studioso di filosofia, matematico, conoscitore di poesia antica e moderna nei testi originali. Solo in età matura pubblicò i Canti barocchi e altre liriche (1956) con prefazione di Eugenio Montale e editi da Mondadori. Montale ricorda nella prefazione come fu invogliato a leggere le poesie di Piccolo, tra i tanti manoscritti che riceveva giornalmente, quando l'autore gli inviò un libricino intitolato "9 liriche" stampato in una veste tipografica vecchia e poco leggibile: il pacchetto gli era arrivato con affrancatura insufficiente per cui dovette pagare la tassa e per appurare se il libricino valesse le 180 lire di tassa fu invogliato a leggerlo; in seguito l'incontro con il personaggio-Piccolo, eccentrico rispetto alla tipologia degli intellettuali del tempo. I "Canti barocchi" furono poi ristampati nel successivo Gioco a nascondere (1960). Un'altra raccolta, Plumelia (1967). Nel 1993 una seconda raccolta postuma di inediti è stata pubblicata con il titolo Il raggio verde e altre poesie inedite a cura di Giovanna Musolino, edita da Vanni Scheiwiller.
I suoi versi, densissimi, sembrano essere il frutto di una costante tensione metafisica, di una sofferta interiorizzazione dei miti del paesaggio siciliano sentito come parte decisiva dell'anima e prossimo alla rovina. Il canto, modulato su una lingua preziosa, è una continua fluttuazione tra il protagonista lirico e la realtà circostante.
Sia in Montale sia in Lucio Piccolo, cifra e metafora ricorrente è l'«ombra», la coscienza del negativo, della fine. Mentre la poesia di Montale cerca una frattura dove si rapportino congiuntura biografica e destino («se un'ombra scorgete, non è | un'ombra - ma quella io sono. | Potessi spiccarla da me, | offrirvela in dono»), il disincanto di Piccolo rimane iscritto nell'ordine inflessibile di una necessità cosmica. C'è una intemporale assolutezza del cielo e del mare contro le maschere del giorno e della notte. C'è un dato di raziocinio fantastico che si sigilla in «figure d'enigma», in presagio di mito. Il senso dell'ombra non è che l'ultimo sguardo del sole che si inabissa nel mare. Brucia il tempo, le ore, la vita «nel fermo vespro perenne».

Testi

Se noi siamo figure..., di Lucio Piccolo

Contesto

Contesto storico: poesia italica dopo il 1945


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