Giorgio
Caproni
Giorgio Caproni
Giorgio Caproni, nato a Livorno nel 1921 (morto il 22 gennaio
1990 a Roma). Il padre Attilio era ragioniere, la madre Anna Picchi
sarta. Studiò a Genova, poi al magistero di Torino dove
seguì le lezioni del filosofo antifascista Alfredo Poggi.
Dovette interrompere la sua frequenza, dedicandosi solo agli studi
di violino. Nel 1935 inizia la sua attività di insegnante
a Rovegno [alta Val Trebbia], proseguita poi in provincia di Padova
e a Roma (1938). Nel 1939 fu richiamato alle armi. L'8 settembre
1943 era in Val Trebbia, e vi rimase fino alla fine della guerra
civile affiancandosi ai partigiani. Dopo la guerra si stabilì
a Roma, con la moglie Rina, e i figli Attilio Mauro e Silvana,
continuando a fare il maestro elementare.
Fondamentale per Caproni fu la lettura nel 1930 di "Ossi di seppia"
di Montale. Importanti per la sua formazione prima della guerra
furono le letture dei poeti francesi e spagnoli, Apollinaire e
Machado, e dei filosofi antichi e moderni (tra cui Schopenhauer,
Nietzsche, Kierkegaard de "Il concetto dell'angoscia"). Solo nel
1933 fu pubblicata la sua prima poesia, Prima
luce sulla rivista ĞEsperoğ, poi compresa nella sua prima
raccolta poetica. Ha pubblicato i volumi di versi Come
un'allegoria (1936), Ballo a Fontanigorda
(1938), Cronistoria (1943). Dopo la guerra
sono Stanze della funicolare (1952),
Il passaggio di Enea (1956), Il
seme del piangere (1959), Il muro della
terra (1975), Il franco cacciatore
(1982). Collabora a varie riviste e quotidiani (L'Unità,
Avanti!, Paragone), per molti anni curò la pagina culturale
di ĞMondo operaioğ, e tenne una rubrica su ĞLa fiera letterariağ.
Nel 1983 è l'edizione di Tutte le poesie
edito da Garzanti. Seguirono Il conte di Kevenhuller
(1986) e, postumo, Res amissa (1991).
Caproni mescola lingua popolare e lingua colta, con una sintassi
strappata, ansiosa, in una musica dissonante ma anche squisita.
Esprime un attaccamento sofferto alla realtà quotidiana,
sublimando la sua matrice di pena in una suggestiva epica casalinga.
Gli accenti di aspra solitudine delle ultime raccolte approdano
a una religiosità senza fede, senza la possibilità
di dio. Il mondo poetico di Caproni ha consumato ogni illusione,
è sceso al silenzio, ha varcato in modo conseguenziale
la frontiera di un mondo definitivamente senza 'grazia'. La sua
poesia affonda in una memoria corrosa, in un vissuto che muore
a ogni istante: egli è uno scrittore del disincanto.
Caproni è stato anche un ottimo traduttore: iniziò
nel 1951 quando Natalia Ginzburg gli commissionò la traduzione
de "Il tempo ritrovato" di Proust per Einaudi; ha poi tradotto
Maupassant ("Bel Ami", 1965), Cé line ("Morte a credito"
1964), Apollinaire ("Poesie" 1979), Jean Genet ("4 romanzi", 1975).
Volume di racconti sono L'ultimo borgo (1980) e Il labirinto (1984).
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