Wolfgang
Biermann
Wolfgang Biermann
Nato a Amburgo nel 1936, figlio di operai
comunisti trucidati dai nazisti (il padre Dagobert era membro
del Kpd e fu trucidato a Auschwitz). Nel 1953 si è trasferito
a Berlin est. Nella RDT perfezionò i suoi studi: dapprima
economia politica e filosofia presso l'Università Humboldt
di Berlin Est, poi assistente alla regia presso il Berliner Ensemble.
Studiò filosofia e matematica, fino alle fondamentali esperienze
musicali con il maestro Eisler. L'opera teatrale da lui scritta,
Berliner Brautgang, ebbe lo sfavore delle gerarchie politiche.
Diede poi vita, secondo le indicazioni di politica culturale del
tempo, a un piccolo teatro di lavoratori e studenti: il suo lavoro
però non venne messo in scena, il teatro non aprì
. Fu espulso dalla RDT nel 1976 al termine della tourné
e del novembre di quell'anno.
Ha avuto grandissimo successo come cantautore,
senza tuttavia poter pubblicare (nella RDT) le sue raccolte di
poesie e canzoni: iniziò questa attività fin dal
1960, ma solo raramente le sue poesie e ballate apparvero in riviste
e antologie. Nel 1965 fece una tourné e nella RFT dove
incise un disco con Wolfgang Neuss. Seguì poi la censura
del regime della RDT. Nel 1965 fu Erich
Honecker a attaccare Biermann in occasione dell'XI Plenum
del Comitato Centrale della SED , cui seguirono gli attacchi del
quotidiano di partito «Neues Deutschland» (a attaccarlo tra gli
altri, K. Hö pcke, A. Abusch, W. Girnus).
Critico graffiante sia del «grasso capitalismo» sia del «rachitico
socialismo» burocratico. Le sue ballate, cantate da Biermann con
la chitarra, rivelano uno stile pungente, secondo la tradizione
di Villon, Heine e del giovane Brecht. Biermann appartiene a una
generazione che crede nel comunismo e vuole stimolare un dibattito
al suo interno: non è la voce dissenziente di un filo-occidentale
né di un revisionista né di un filo- capitalista.
E le nuove generazioni si riconobbero appieno nel suo disagio,
nel costruttivo dissenso che pone domande al partito e non si
arresta alla demagogia delle parole d'ordine dell'antifascismo
e della democrazia, ma si confronta attivamente con la realtà
economica e sociale del paese.
Si ricordano: L'arpa di fil di ferro (Die Drahtharfe, 1965) pubblicato
presso l'editore extraparlamentare Klaus Wagenbach di Berlin
ovest, Con la lingua di Marx e di Engels (Mit Marx und Engelszungen,
1968), Per i miei compagni (Für meine Genossen, 1972), Germania
: un racconto d'inverno (Deutschland : ein Wintermärchen,
1972) che aveva iniziato nel 1965, Icaro prussiano (Preussischer
Ikarus, 1978). Biermann ha inciso anche una serie di dischi, contenenti
sue canzoni molto spesso da lui stesso musicate: dopo il disco
Wolf Biermann, Ost, zu Gast bei Wolfgang Neuss [Philips, 1965]
nato da una tourné e in Germania occidentale e dalla collaborazione
con il cabarettista e chansonnier politico W. Neuss, sono usciti
Vier neue Lieder [Wagenbach, 1968], Chaussenstrasse 131 [Wagenbach,
1969], Warte nicht auf bessre Zeiten [CBS, 1973], aah-ja [CBS,
1975], e il disco di poesie d'amore Liebeslieder [CBS, 1975].
Biermann ha anche pubblicato un'opera di teatro a sfondo politico,
Der Dra-Dra : die grosse Drachentö terschau in acht Akten
mit Musik [Wagenbach, 1970], e una favola dal titolo Das Märchen
vom kleinen Herrn Moritz [München : Parabel, 1972] illustrato
da K. Mühlenhaupt. Ha tradotto poesie del russo Julij Daniel
e pubblicate con il titolo Berichte aus dem sozialistischen Lager
[Hamburg : Hoffmann und Campe, 1972].
Le sue canzone e ballate migliori sono quelle
in cui si presenta a dare voce a uomini e donne che vivono la
quotidianità , l'esistenza dura e difficile al di fuori
dell'ufficialità di regime. E quelle in cui esprime un'idea
di comunismo alternativa alle "realizzazioni" di ciò che
allora veniva chiamato "socialismo reale". Si legga ad esempio
una canzone come Canto per i miei compagni (Gesang für
meine Genossen), presente nella raccolta "Per i miei compagni":
«Ora canto per tutti i miei compagni
| la canzone della tradita rivoluzione | per i miei compagni
traditi canto | e canto per i miei compagni traditori | La gran
canzone del tradimento canto | e la canzone più grande
della rivoluzione | E la mia chitarra geme di vergogna | e le
mie incredule labbra pregano ferventi | l'UOMO, il dio di tutta
la mia fede || [...] || E canto ancor sempre il mio amore |
alla mia vergine d'ogni notte | alla mia santa compagna | che
in battaglia mi conduce e mi salva | nella superiore giustizia
del suo sorriso | che dolcemente con un bacio cancellò
| dalla fronte tutte le ferite che le procurai | Sì ,
canto la lotta di classe anche dei sessi | la liberazione dal
patriarcale corpo a corpo | dalla servitù della gleba
dei nostri corpi || E canto tutto il mio scompiglio | e la mia
amarezza tra le battaglie | e non ti nascondo il mio silenzio
| - per quanto tempo tacqui in verbose notti | la mia paura
ebrea che sostengo | di avere - e che un giorno temo | mi possiederà,
questa paura | E canto a squarciagola nell'oscura foresta umana
| e batto il tempo con le mie ossa | sul tonante ventre della
chitarra || Canto la pace in mezzo alla guerra | Ma canto anche
la guerra in questa | trimaledetta assassina pace | che è
una pace di cimiteri | che è una pace dietro i reticolati
| che è una pace sotto il manganello | E perciò
canto la guerra rivoluzionaria | per i miei compagni tre volte
traditi | e anche per i miei compagni traditori: | In tenace
umiltà io canto la r i v o l t a»
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