Thomas
Bernhard
Thomas Bernhard
Nato
a Heerlen [Olanda] nel 1931. Ha vissuto nell'odiata Austria. Ha
fatto il giornalista.
Fin dal suo primo romanzo, Gelo (Frost, 1963),
tema centrale della sua narrativa è la disperata lotta
di un uomo contro il processo di decomposizione che tutto inghiotte.
Parlare diventa, per i personaggi di Bernhard, una ossessione,
sintomo del più assoluto solipsismo e del fallimento del
loro tentativo di afferrare la realtà. Il protagonista
del romanzo Perturbamento (Verstörung, 1967), il principe
Saurau, nel suo interminabile monologo esprime una feroce critica
politica dell'Austria contemporanea. Di fatto la sua esistenza
è quella di un paranoico. Neppure la dedizione all'arte
o alla scienza riesce a aprire una breccia verso la realtà,
come mostrano La fabbrica di calce (Das Kalkwerk, 1970), e Correzione
(Korrektur, 1975). Quella di Bernhard è una scrittura ossessiva,
la stessa frase viene ripetuta più volte ma sempre con
piccole e significative variazioni, una fissità nella variazione.
Si veda un testo dal titolo emblematico come Variazioni Goldberg,
dedicato da Bernhard al pianista Glenn Gould. Anche Antichi maestri
: commedia è una colata di parole, un magma che si dilata
nella forma dell'invettiva, senza un attimo di tregua. L'oggetto
è continuamente diverso: l'arte, la scuola, il museo, i
critici, i gabinetti di Vienna, gli austriaci, la musica, Stifter,
Heidegger, Klimt. Il personaggio principale, Reger, è un
critico musicale autore di recensioni sul «Times» di London, ottantaduenne
da poco vedovo, frequenta da più di un trentennio il Kunsthistorisches
Museum di Vienna: sempre nella stessa sala, stessa panca, stesso
quadro: l'"Uomo dalla barba bianca" di Tintoretto. A narrare è
Atzbacher, scrittore filosofo che non ha mai pubblicato nulla,
amico e confidente del protagonista. Fa da terzo polo Irrsigler,
custode del museo. E' lui che tiene libera la panca nella sala
del museo, permette a Reger di sedere a leggere per tre ore. Tutti
i discorsi di Reger si svolgono nell'arco di queste tre ore. Tre
personaggi dunque: una voce, un portavoce, una controfigura. Tutti
schermi dell'autore, calchi della sua ossessione. Anche in questo
testo, come in tutta la produzione di B. è la critica virulenta
del carattere austriaco («l'austriaco è sempre un essere
umano fallito»). Qui si sviluppa in particolare la critica della
pretesa assolutezza dell'arte: ogni capolavoro contiene sempre
un «errore palese», che basta trovare. B. critica la mediocrità
umana, l'ammirazione («solo l'idiota ammira»), ma attenzione:
lo fa ponendosi nel personaggio di Reger. Ebbene, Reger non è
un personaggio sublime né ultraintelligente, le sue sparate
contro i "grandi maestri" sono contornate da prese di posizioni,
atteggiamenti quotidiani che ne fanno un piccolo uomo. L'operazione
di B. è duplice: da una parte la foga contro gli osanna
e gli osannati; ma dall'altra la smitizzazione anche di coloro
che smitizzano. Reger è un idiota, l'idiozia che vede nei
grandi per sua soddisfazione personale, è un tarlo che
agisce soprattutto e in primo luogo in lui. Dice a un certo punto
parlando della moglie: «ciò che mi affligge di più
è in realtà il fatto che una persona ricettiva come
mia moglie sia morta con tutto l'enorme sapere che io le ho trasmesso
e che perciò si sia portata nella tomba tutto quell'enorme
sapere». Nella terra desolata di B. non è possibile redenzione
(e in fondo è anche giusto che non ci sia: il gioco del
cambio delle statue da venerare non porta a null'altro che a un
cambio di statue). Alla fine Reger confessa il suo grande amore
per la moglie scomparsa, un amore fatto di passione ma anche e
soprattutto di consuetudini e nevrosi. Gli «antichi maestri» amati
e odiati gli si mostrano incapaci di risolvere il problema dell'«abbandono»
della consorte. Niente è assoluto di fronte alla morte:
l'assolutezza degli antichi maestri che Reger si è incaricato
di demolire si rivela miseramente «un'arte di sopravvivere [...]
il tentativo reiterato di commuovere anche l'intelligenza», e
lui stesso ha fatto proprio questo. L'essere umano si dimostra
anche nell'arte, e proprio nell'arte, incapace di «sbrogliarsela
con se stesso e con quanto lo circonda».
Numerosi anche i drammi: L'ignorante e il
folle (Der Ignorant und der Wahnsinnige, 1972), La forza dell'abitudine
(Die Macht der Gewohnheit, 1974), Il riformatore del mondo (Der
Weltverbesserer, 1979) ecc. Essi presentano in sempre nuove variazioni
uno stesso rituale di distruzione e autodistruzione. La struttura
dialogica si spegne, i personaggi tengono monologhi che dovrebbero
esorcizzare il vuoto.
Volumi autobiografici sono La causa (Die
Ursache, 1975), La cantina (Der Keller, 1976), Il respiro (Der
Atem, 1978), Un bambino (Ein Kind, 1982). Essi rivelano gli elementi
traumatici della sua vita, nei quali si rispecchia la deformazione
patologica della società.
Bibliografia: Thomas Bernhard
Frost (1963)
Verstörung (1967)
Das Kalkwerk (1970)
Der Ignorant und der Wahnsinnige (dramma, 1972)
Die Macht der Gewohnheit (dramma, 1974)
Korrektur (1975)
Die Ursache (1975)
Der Keller (1976)
Der Atem (1978)
Der Weltverbesserer (dramma, 1979)
Ein Kind (1982)
Austria (1939-1989)
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