Storia della letteratura europea - Torna in homepageDerek Walcott


Derek Walcott

Il poeta drammaturgo e pittore Derek Walcott (1930\) nato e vissuto a Trinidad, ha insegnato a Boston. Walcott ha avuto il nobel nel 1992.
Suo il poema Omeros (1992). Omeros è il poeta stesso, e la materia di cui si forma il suo canto. «Un pescatore nero dal mento ispido come un riccio di mare alza la vela dalla grossa trama, ricavata da un sacco di farina, e sorveglia le strofe d'apertura del nostro orizzonte epico»: per lui e di lui canta Walcott. Nel nome si cela una sciarada simbolica, il crittogramma della realtà celata nei suoi versi: «'O' era l'invocazione della conchiglia, 'mer' era la madre e il mare del nostro patois delle Antille, 'os' un grigio osso e il frangente candido, quando crolla e sparge la sua collana sibilante sul filo della spiaggia». Ma "homeros" che in inglese richiama "home" (casa), è Homeros, soprannominato Sette Mari, da una marca di olio di merluzzo: un vecchietto che siede su una cassetta rovesciata fuori dal 'No Pain Café', e che borbotta nel linguaggio oscuro dei ciechi. I pescatori dell'arcipelago, all'occidente estremo dell'Atlantico, e la bellissima donna per cui essi contendono, si fregiano di nomi solenni per la tradizione della poesia: Achille, Ettore, Elena, Filottete. Con «la loro allucinazione storica» questi nomi sono anch'essi simboli: oltre che di ovvie coincidenze nei casi della vita, soprattutto dell'identità metaforica con cui il loro cantore reclama di allacciare sé stesso e la propria poesia all'archetipo greco. Passa Elena indigena, come sulle mura di Troia l'antica Elena apparve a Priamo e ai suoi decrepiti compagni e li folgorò di ammirazione: «io sentii come se rendessi omaggio a una bellezza che lascia, come una nave, occhi sbarrati sulla sua scia». Ma un turista al tavolo vicino chiede alla cameriera «Chi diavolo è quella?» «Quella? troppo altera» è la risposta, e poi, con un sogghigno, «Elena». Il sublime dell'archetipo si mescola al volgare dell'attualità. Quella di Walcott è una imponente rapsodia che ha il sapore del mito perché ogni gesto dei personaggi, le loro passioni, il lavoro e la festa, il piacere e la sofferenza, sono assoluti e istantanei. Il mare che avvolge le loro storie, con il suo ritmo incessante della vita universale, è l'immagine della necessità che il mito racconta tra gli uomini. Walcott non scrive per i potenti, né «per un re che si dibatte sotto una pioggia flagellante» (allusione a Lear), ma per un borbottìo di eroi co muni, uomini feriti, offesi nel fisico e nei sentimenti: così Philottete dalla cicatrice a forma di anemone raggiante, Ma Kil man con tutto il 'No Pain Café', e Major Plunkett sedicente uffi ciale dell'Ottava Armata, e Maud, moglie silenziosa e esemplare, rifugiati in questo angolo del mondo alla periferia dell'Impero. Ma soprattutto Elena che cammina altezzosa sulla riva del mare a piedi scalzi, i sandali di plastica ciondolanti a una mano. La lite tra Achille e Ettore era scoppiata a causa di una gottazza di ferro arrugginito, ma nell'ombra tra i due c'era solo lei. Viene detto di Achille, il cui privilegio è «che non è mai salito in ascensore e che non ha passaporto perché l'orizzonte non ne ha bisogno, che non mendicò né chiese mai prestiti ad alcuno».
Ha scritto Walcott che «l'arte è la nostalgia della storia». In "Omeros", per amore di Elena, per restituirle il senso della sua Storia, l'ingenuo e patetico Plunkett vorrebbe rovesciare la prospettiva eurocentrica (o occidentocentrica), guardando dall'altro lato del telescopio l'isola, per mettere a fuoco quel la cronologia insensata di battaglie e incursioni: con la folle convinzione dello zio Toby di Tristram Shandy. Ma il suo passato è irrecuperabile, tutto ciò che aveva un significato è andato perduto. Nella trapunta favolosa della paziente Maud, una Penelo pe post-coloniale, che con ago e filo ritrae flora e fauna dell'isola, c'è tutto il senso di colpa di un Impero. "Omeros" è un poema in esametri: l'uso del metro rimanda all'antico metro epico greco. L'inglese è arricchito dal melodico patois, dalle crude forme espressive del gergo caraibico.
Nel 1997 ha debuttato con il musical The Capeman, musiche di Paul Simon, ispirato a un fatto di sangue realmente accaduto: storia di omicidio tra ragazzi portoricani (aggregati in una band chiamata "Vampiri") e bianchi, di razzismo anti-bianco.

Le motivazioni del premio nobel: "for a poetic oeuvre of great luminosity, sustained by a historical vision, the outcome of a multicultural commitment".


Caraibi (1939-1989)

© Antenati - 1994-1997

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