Jack Vance
Jack
Vance - ma il suo vero nome è John Holbrook Vance
- nasce nel 1916 a San Francisco. Finito il liceo s'iscrive
alla University of California, dove studia dapprima Geologia,
poi Fisica ed infine Giornalismo. Durante la Seconda Guerra
Mondiale si arruola come marinaio nella Marina Mercantile
Statunitense, il che gli dà l'importante opportunità
di navigare per più anni nel Pacifico. Le esperienze
così acquisite gli serviranno per creare contesti
ed avventure realistiche all'interno dei suoi futuri romanzi.
Finita la guerra intraprende diversi mestieri, tra i quali
anche quello di muratore e musicista in gruppi jazz, finché
- nel 1945 - decide di iniziare la professione di scrittore.
Pubblica così il suo primo racconto, The World
Thinker, sulla rivista Thrilling Wonder Stories. Su quest'ultima
e sulla rivista Startling Stories verrà pubblicata
la maggior parte della sua produzione giovanile, tra la
quale soprattutto degna di nota è la serie di racconti
riguardanti le avventure di Magnus Ridolph (1948-1966),
un detective intergalattico del futuro, che interviene in
qualsiasi parte della galassia e che risolve i vari casi
utilizzando metodi che spesso sorpassano il limite della
legalità. Ma l'opera che maggiormente contribuisce
a farlo conoscere al pubblico è The Dying Earth,
un romanzo - in verità fusione di 6 racconti - di
fantasy pubblicato nel 1950. La poetica descrizione dei
paesaggi, così come lo stile lirico della narrazione
rendono l'opera una vera pietra miliare della letteratura
fantastica che, coi suoi seguiti The Eyes of the Overworld,
Cugel's Saga e Rhialto the Marvellous, costituisce quello
che è stato definito dalla critica come «il
più bel ciclo fantasy scritto negli ultimi cinquant'anni».
Negli anni Sessanta Vance raffina ulteriormente il suo stile
e i mondi fantastici da lui creati divengono ancora più
esotici, complessi e ricchi d'atmosfera. E' in questo periodo
che inizia a scrivere i suoi cicli più lunghi - dei
quali ricordiamo quello di Demon Princes (1964-1981), considerato
il suo capolavoro per quel che riguarda la fantascienza,
di Planet of Adventure (1968-1970), di Alastor Cluster (1973-1978),
e di Durdane (1973-1974) - e i suoi migliori romanzi fantasy
indipendenti: The Dragon Masters (1962) e The Last Castle
(1966) entrambi vincitori di un Hugo Award.
Negli ultimi anni l'autore ha dedicato la maggior parte
delle sue energie alla fantasy. E' nata così la serie
di Lyonesse, riscrittura in chiave romanzesca di alcune
antiche leggende celtiche.
Non scrive tuttavia solo fantasy e fantascienza: sotto
gli pseudonimi di John Holbrook, Alan Wade, Peter Hold ed
Ellery Queen porta avanti infatti anche una fortunata carriera
di giallista, che lo porterà a vincere l'Edgar Wallace
Award (il massimo riconoscimento per tale genere).
Nel 1997 viene insignito del prestigioso premio Gandalf
Grand Master alla carriera.
E' vissuto a Oakland, in California.
Jack Vance appartiene a quel novero abbastanza ristretto
di scrittori americani che potremmo definire "inclassificabili".
Nonostante infatti la sua attività si sia rivolta
tanto verso la fantasy e la fantascienza quanto verso il
giallo, all'interno dei suoi romanzi tende spesso a toccare
una gamma straordinariamente ricca di sfumature. Affascinato
dalle differenze tra civiltà e i relativi codici
d'espressione, spesso costruisce la sua narrativa sui temi
del linguaggio, della comunicazione e dell'esplorazione
culturale.
Normalmente si valuta un autore per l'originalità
delle idee, per la qualità delle trame, per la profondità
psicologica dei personaggi. Con Vance invece tutto questo
sembra passare in secondo piano. E' certamente vero che
molte delle sue opere hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti
ma è anche vero che alcuni suoi lavori potrebbero
facilmente essere inclusi in qualsiasi lista del meno peggio
della fantascienza, e che i giudizi critici su di lui espressi
sono spesso contrastanti: c'è chi lo ama perdutamente
e chi lo disdegna del tutto. La verità è che
chi lo apprezza non lo ama tanto per quello che scrive,
per le sue trame da operetta, ma principalmente per il suo
gusto squisito per la parola, per la sua innata capacità
di evocare e descrivere culture, razze, mondi alieni, bizzarri
e affascinanti con gusto brillante per il dettaglio, ma
al tempo stesso per narrazioni fluide ed avvincenti, per
la sua eccezionale fantasia e bravura di paesaggista. Capacità
queste che lo hanno portato ad essere unanimamente considerato
il successore, a più alto livello, di Edgar Rice
Burroughs. Come osservò il critico inglese Malcom
J. Edwards nella sua The Encyclopedia of Science-Fiction
«man mano che i mondi creati da Vance si fanno più
complessi, il suo stile si adegua. Sempre tendente al barocco
[...] la sua scrittura evolve in una prosa inconfondibile,
molto elaborata, a volte persino pedante, con un uso efficace
ed intelligente di parole insolite e, al tempo stesso, un
tono narrativo che rimane distaccato e ironico. Il suo talento
poi per inventare nomi evocativi di persona e luogo (un
misto di termini esotici arbitrari e di parole comuni dal
"suono" appropriato), contribuisce all'insolita
atmosfera delle sue opere».
Jack Vance è considerato un "mostro sacro"
della narrativa fantastica: idolatrato da milioni di fans
in tutto il mondo, conta al suo attivo oltre 600 tra romanzi
e racconti scritti in più di cinquant'anni di attività
ed ha collezionato tutti i massimi premi di genere: dall'Hugo
al Nebula, dal World Fantasy al Locus, dal Balrog al Pilgrim,
tuttavia resta un autore di secondo piano, poco conosciuto
al di fuori del settore, un autore apprezzato da quel microcosmo
di appassionati di fantascienza che è il fandom.
Contesto
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