Jerome
D. Salinger
Jerome D. Salinger
Jerome David Salinger è nato a New York nel 1919. Dopo
gli studi universitari a New York, prese parte come sergente di
fanteria alla seconda guerra mondiale. Dal 1965 si è chiuso
in un volontario e rigoroso silenzio, che ha fatto aumentare il
carattere mitico della sua figura.
A differenza di altri prosatori della sua
generazione, Salinger non privilegiò l'esperienza bellica,
ma la trasferì su un piano simbolico. Il romanzo che gli
diede la notorietà fu Chi prende nel wiskey (The catcher
in the rye, 1951). L'ambiente del romanzo è quello medio-alto
borghese, con i suoi codici di comportamento, il suo conformismo,
l'assenza di valori. Protagonista è il giovane Holden Caulfield,
figlio di ricchi ebrei newyorkesi, che sta per essere espulso
dalla scuola Pencey. Decide così di fuggire: si presenterà
a casa dopo alcuni giorni, con l'inizio ufficiale delle vacanze
di natale. Giunto a New York finisce in uno squallido albergo
dove Maurice, un cameriere, gli procura una ragazza. Umiliato
per la sua timidezza e derubato dal ruffiano, si sente defraudato
e ingannato. Deluso dal sesso ma anche dagli altri miti: il jazz,
il teatro, e soprattutto il cinema: è tutto un'odiosa e
inutile finzione. Neppure le amiche capiscono l'angoscia di Holden,
affannato osservatore dell'esistenza umana che vanamente aspira
a essere un adulto responsabile, un "salvatore". Nella mente di
Holden le immagini di Allie, il fratello morto di leucemia, continuano
a sovrapporsi alla realtà. Dopo un incontro segreto con
la sorellina Phoebe, Holden va dal suo vecchio professore Antolini,
ma temendo che egli voglia sedurlo, fugge. Alla fine Phoebe convince
il fratello a tornare dai genitori che lo affideranno alle cure
di uno psicoanalista. Se la coppia borghese tende a riprodursi
a propria immagine e somiglianza, sarà l'adolescente a
tentare di distaccarsi per una propria ricerca di identità,
rifiutando, proprio come lo Huck Finn di Mark Twain, di "lasciarsi
educare". Il successo del romanzo si deve alla esemplarità
della figura di Holden, personaggio che costituisce anche il punto
di vista narrativo, oltre che al linguaggio che è una trascrizione
avvertita del cosiddetto college slang, e all'ironia, ricca di
partecipazione, che rientra nel filone del grande umorismo esagerativo
nordamericano.
Anche nei Nove racconti (Nine stories, 1953)
i ragazzi e il loro linguaggio sono l'occhio critico, la struttura
narrativa, il veicolo ideologico in un mondo che ricorda in parte,
per sottigliezza inquietudine tenerezza quello di F.S. Fitzgerald,
uno degli autori prediletti di Salinger. A interessi di tipo metafisico,
in particolare per il buddhismo zen, molti attribuiscono alcuni
squilibri di fondo e il manierismo che caratterizza le opere successive
di Salinger, capitoli ideali di una saga familiare: Franny e Zooney
(Franny and Zooney, 1961), Alzate l'architrave, carpentieri! (Raise
high the roof beam, carpenters!, 1963), e Hapworth 16 (1964) apparso
sul «New Yorker» nel 1965.
© Antenati - 1994-1997
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