Storia della letteratura europea - Torna in homepageYashar Kemal


Yashar Kemal

Yashar Kemal (Yasar Kemal Gökçeli), è nato nel 1922 a Hemite, un piccolo villaggio di 60 case nella provincia di Adana, nel sud della Turchia. La maggior parte degli abitanti di Hemite sono di origine turkmena, ma la famiglia di Yashar Kemal, madre curda e padre turco, è originaria della provincia più orientale di Van. Successivamente la famiglia è emigrata nella regione della Çukurova, la vasta estensione di piantagioni di cotone di Adana. All'età di cinque anni Yashar Kemal perse il padre, assassinato mentre pregava all'interno della moschea.
Il piccolo Yashar subì un profondo shock, che gli impedì di parlare fino all'età di dodici anni. Sorprendentemente, solo attraverso il canto riusciva a esprimersi correttamente, sottraendosi all'inconveniente della balbuzie. Questo fatto lo portò fin da piccolo a improvvisare canzoni, in sintonia con la tradizione anatolica dei cantori popolari. Fu questo amore per la poesia che lo spinse a studiare, a imparare a leggere e a scrivere al fine di mettere su carta le poesie di cui era autore.
A quel tempo però non c'erano scuole nel piccolo villaggio di Yashar Kemal; nella stessa condizione era il 95% dei villaggi turchi. Così, all'età di nove anni il giovane Yashar si recava a piedi in un villaggio vicino a Hemite, dove poteva frequentare una scuola.
Più tardi la famiglia si trasferì nel borgo di Kadirli e lì Yashar terminò la scuola elementare. Fu ammesso alla scuola superiore di Adana, ma per mantenersi in quella città fu costretto a lavorare in una tessitura e due anni più tardi dovette abbandonare gli studi. Pubblicò un primo libro, una raccolta commentata di elegie popolari che egli aveva raccolto dalla tradizione orale durante la scuola superiore. A quel tempo anche le sue poesie erano comparse su alcune riviste. Abbandonata la scuola si dedicò a una serie di lavori talmente vasta che egli stesso fatica a ricordarli tutti.
Fu impiegato come bracciante nei campi di riso e di cotone, per un po' fu insegnante in una scuola, tornò poi all'agricoltura per lavorare su una trebbiatrice. Visse a Istanbul, dove fu impiegato presso la società del gas e infine fece ritorno al piccolo borgo di Kadirli dove, acquistata una macchina per scrivere, incominciò a guadagnarsi da vivere facendo da scrivano per la comunità. Riuscì perfino a finire in prigione. Nel frattempo aveva letto tutti i libri che gli erano capitati sotto tiro e aveva conosciuto intellettuali che avrebbero contribuito alla sua formazione culturale. Scrisse il suo primo racconto nel 1947. Si intitolava Pis Hikaye.
Nel 1950 fece di nuovo ritorno a Istanbul e, dopo un periodo particolarmente difficile, trovò finalmente lavoro come giornalista per il più importante quotidiano di Istanbul: Cumhuriyet (Repubblica). I suoi articoli, che nel contesto turco si distinguevano per uno stile particolarmente originale e che furono addirittura pubblicati in un volume a parte, furono di forte impatto e gli valsero molto presto il premio annuale dell™Associazione Giornalisti per il miglior lavoro dell'anno. La prima raccolta di racconti fu pubblicata nel 1952 con il titolo Sari sicak (ed. it. Bambini). Scrisse poi Memed il falco (tit. or. Ince Memed), pubblicato nel 1955.
Memed il falco riscosse un enorme successo sia in Turchia che all'estero. In Turchia fu vincitore del "Varlik Prize", per il miglior romanzo dell'anno. Lo stesso libro fu scelto anche in un sondaggio fra i lettori di tutta la Turchia come il romanzo più amato e apprezzato. Il risultato del sondaggio trova conferma nel fatto che tuttora il libro supera il record dei romanzi più venduti in Turchia negli ultimi quarant'anni. All'estero il PEN Club International ha presentato il libro all'UNESCO, che ne ha promosso la diffusione.
E' autore di più di quaranta volumi, tutti in pubblicazione in Italia presso l™editore Giovanni Tranchida, in buona parte editi in una quarantina di Paesi, per una gamma di traduzioni che spazia dall'inglese (The Harvill Press) al cinese, dal francese (Gallimard) al kazakho, dal tedesco (Unionsverlag) allo svedese, è candidato fino dal 1984 al Premio Nobel.

Oltre a essere il più importante scrittore turco di oggi, Yashar Kemal, è anche uno dei grandi scrittori del Novecento, finalmente riconosciuto tale con ampi riconoscimenti europei, soprattutto negli ultimi anni.
Nato nell'Anatolia meridionale nel 1922, è autore di un gran numero di opere di narrativa ed è stato più volte candidato al Premio Nobel.
In Italia la sua scoperta si deve alla casa editrice Tranchida che, dall'inizio degli anni Novanta, sta traducendo tutta l'opera dello scrittore, facendo conoscere anche quella straordinaria trilogia degli anni Sessanta che è Trilogia della montagna.

Per Kemal è mitica la pianura della Çukurova, con le grandi piantagioni di cotone. Diventa l'emblema di una natura che governa il destino degli uomini. Anche quando l'autore sceglie di ambientare le sue storie altrove: a Istanbul o sul monte Ararat il lettore lo percepisce in relazione a quel luogo, dove lo scrittore è nato e con il quale sembra aver istituito un patto di fedeltà: "Sono nato in una fertile pianura assai vicina al mare: l'antica Cilicia, oggi chiamata Çukurova. Una pianura che portava sopra di sé, in ogni suo aspetto, natura, svariate culture, la mediterraneità; i profumi inebrianti della terra, dei fiori, gli aromi di erba e foglie: in Çukurova, fin le nuvole - cantava un menestrello - odorano di nuvola".

L'opera più importante di Kemal resta comunque la Trilogia della montagna, scritta tra gli anni Sessanta e Settanta, che Tranchida ha finito di tradurre da poco: la scrittura di Kemal qui presenta personaggi indimenticabili, situazioni che hanno la forza di stare a confronto con certe insuperate immagini pittoriche. Il primo tomo della trilogia Al di là della montagna racconta un epico viaggio dalla pianura alla montagna, tra foreste popolate di tigri, villaggi sperduti, corsi d'acqua senza possibilità di guado. Tutto è raccontato in un'ottica corale, dalla quale si ergono le figure straordinarie di Ali e della vecchia madre. Lo strazio e la paura dei contadini che si vedono minacciati da un ricco mercante che può portarli alla rovina, nel secondo tomo, Terra di ferro, cielo di rame è sottolineata dall'impatto lirico del gelido inverno anatolico. La trilogia si chiude con L'erba che non muore mai, arrivato da poco in libreria: ritroviamo Ali che deve elaborare il suo complesso rapporto con la madre, ma soprattutto la vita e le fatiche degli abitanti del villaggio di Yalak. Questa terza parte riporta là dove era magistralmente partita la trilogia, alla discesa estiva nella piana della Çukurova per la raccolta del cotone. Ritornano a fiammeggiare le immagini liriche. Accompagnano un'esistenza che si trascina, contraddittoria, tra rabbia e rassegnazione.
Nel volume Sogni sono i racconti lunghi o romanzi brevi dello scrittore, via via già pubblicati in singola edizione. Permette al lettore di ritrovare opere significative di Kemal, quelle dalle quali emerge soprattutto l'aspetto magico della pianura turca che è al centro di questa importante opera, la Çukurova, la piana attorno ad Adana, dove Kemal è cresciuto, una terra di violenti contrasti etnici, religiosi e politici che in autunno diventa tutta bianca, a causa della fioritura del cotone. Altri libri sono invece ambientati a Istanbul, la città in cui ora Kemal vive. Ne è esempio Gli uccelli tornano a volare, presente in questa raccolta, che Kemal confessa di amare molto. In un'intervista lo scrittore dice: "Con la stessa profondità di coscienza con cui ho assimilato la natura della Çukurova, ho assimilato anche Istanbul. Con tutti i mezzi. Nella Çukurova ho trascorso ventisei anni... A Istanbul ci vivo da più di quarant'anni". Scrive Claudio Magris: "Kemal è un cantore insieme innamorato e critico della Turchia, dalla cosmopolita seduzione di Istanbul alla dimenticata solitudine dei villaggi sperduti. Sa raccontare l'incanto e lo sgomento dell'infanzia alla scoperta del mondo affascinante e crudele, come in Bambini o ne Gli uccelli tornano a volare, e le contraddizioni tra la vita, la morale e la passione, come nel romanzo Tu schiaccerai il serpente.
In Gli uccelli tornano a volare si racconta della caccia agli uccelli che fanno con ogni mezzo e senza nessuna remora un gruppo di ragazzi. Gli uccelli verranno poi venduti in città, nei pressi della moschea. Questa tradizione diventa il centro del racconto che procede per ricordi, frammenti di esperienza, ricostruzione di drammi e di speranze deluse. La storia diventa però anche una metafora: la necessità di comprare gli uccelli e di lasciarli liberi corrisponde a riappropriarsi di una speranza, quella della libertà perduta dentro una gabbia. Rimangono al lettore certe visioni, magistralmente descritte da Kemal, quelle degli stormi di uccelli bellissimi, nella pianura, intoccati perché sacri, "azzurri, delicati e slanciati come piume, come farfalle che al minimo tocco potrebbero disfarsi". Ci sono anche i racconti in cui sono protagonisti i bambini , che compongono un inconsueto viaggio tra le emozioni e i sentimenti che caratterizzano il mondo dell'infanzia, con i suoi drammi, i suoi desideri, le naturali fantasticherie, ma anche l'idea di una felicità domestica, quotidiana, rappresentata da una casa ordinata, con i gerani alla finestra, che tutti guardano, quella in cui vivono i protagonisti de Le matite. Kemal qui coniuga la sua poesia con la grazia cechoviana. Del resto Kemal ha sottolineato: "Mi considero vicino anche a Cechov e a Faulkner. Sotto ogni profilo, la vita ha avuto nei miei riguardi un contegno molto generoso".

Da ultimo sottolineiamo Tu schiaccerai il serpente in cui vibra lo spaccato di una terra che s'impone nel tono forte dei colori e degli odori, tanto che il romanzo si chiude sull'immagine dei fiori d'arancio che, nella Çukurova, in primavera, con il loro profumo così violento sembrano ubriacare il corso delle esistenze. Tutto il racconto, dominato dal dramma di un uomo costretto, a inseguire una continua difesa di sé, seguendo una morale arcaica, riporta la dimensione di una natura selvaggia: le montagne color viola, i cardi di un blu purissimo, le aquile, gruppi di cicogne che tendono i becchi rossi, le rondini quasi impazzite e funeste dopo la distruzione dei loro nidi. Del resto per Kemal la natura è tutto, quasi una forma di luce e insistentemente si impone a rendere unici i suoi racconti, tanto che lo scrittore dice: "Ho sempre voluto essere il cantore della luce e della gioia. Ho sempre voluto che i lettori dei miei romanzi fossero uomini pieni d'amore: per gli altri uomini, per i lupi, gli uccelli e i coleotteri, per tutta la natura. E sono convinto che, su questo pianeta, le magnifiche culture degli uomini che risiedono nella mia terra porteranno il fertile paesaggio culturale a essere di nuovo verde".

Sogni è un libro essenziale per iniziare la conoscenza dello scrittore, anche perché la riproposta dei racconti è preceduta da saggi critici (Grass, Magris, Colombo, Biondi, Novelli) e interventi di Kemal sul suo mestiere di scrittore, attento soprattutto ai diritti umani del popolo dei curdi. Si tratta di un'attenzione che gli è costata carcere e torture e l'essere considerato, in Turchia, scrittore scomodo. Nel discorso che lo scrittore ha tenuto, nel 1997, quando i librai tedeschi gli hanno assegnato l'importante Premio per la Pace, così acutamente Kemal ha sintetizzato i termini della questione curda, che tanto eco hanno avuto, negli scorsi mesi anche in Italia.
E' una sintesi che fa sembrare ancor più ingiusta la condizione dei profughi, in cerca d'identità: "I curdi si ribellano per la loro lingua e letteratura. La risposta del Governo è: "Se diamo libertà alla vostra lingua e cultura, chiederete anche l'indipendenza. E' la cosa che più vi interessa" . E da dodici anni ha luogo una guerra incredibilmente sporca, crudele e insensata, di cui ancora non si vede la fine". E chiede a tutti di aiutare a raggiungere questa democrazia ("La democrazia è un tutto. Deve valere per l'intera umanità"), l'unica che può restituire "la gioia di vivere all'uomo". Questa gioia è la forma più alta della pace, il tratto distintivo di tutta la sua opera, quella che gli deriva da "una fede profondamente radicata", dal credere "incrollabilmente nell'ottimismo umano".

(Scheda a cura di Giovanni Lagonegro)

Contesto: il Kurdistan dopo il 1945

 


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