Philip
K. Dick
Philip K. Dick
Philip
Kindred Dick nasce a Chicago nel 1928, assieme ad una sorella
gemella che sopravviverà solo poche settimane, ma alla quale si
sentirà sempre legato spiritualmente, ed accanto alla quale vorrà
essere sepolto (morì a Los Angeles, per un collasso cardiaco,
nel 1982). Cresciuto da una madre possessiva e nevrotica, che
aveva divorziato dal padre, sviluppa una personalità contraddittoria,
con atteggiamenti molto diffidenti e contrastanti nei confronti
del sesso femminile. I suoi rapporti con le donne saranno sempre
particolarmente difficili e la cosa si rifletterà anche all'interno
della sua produzione narrativa: le donne di Dick sono infatti,
in ultima analisi, «delle arpie incapaci di comprendere o condividere
la dura battaglia esistenziale che vede impegnati gli Uomini,
e non di rado posseggono una durezza, un'insensibilità che di
femminile ha assai poco». Verso la fine degli anni Quaranta si
trasferisce in California, dove, per qualche anno, studia musica
classica, e frequenta la Berkeley University, ma è costretto ad
interrompere gli studi per la sua netta presa di posizione contro
l'intervento americano in Corea - già da giovane l'autore mostra
infatti segni di profonda insofferenza per la politica della Destra
americana, e non pochi saranno i suoi scontri con gli esponenti
del «Maccartismo». Si impegna allora in diverse attività: è disc-jokey
in una radio di San Matteo e lavora in un negozio di dischi, dove
conosce la prima moglie, Janet Marlin. In tutto Dick si sposerà
cinque volte ed avrà almeno tre figli. Negli ultimi anni della
sua vita convivrà con Tessa Busby, una ragazza di 27 anni più
giovane di lui.
Il suo incontro con la fantascienza avviene nel 1949, quando
compra per errore una copia di Stirring Science-Fiction al posto
di Popular Science, rivista di divulgazione scientifica. Ma l'evento
casuale contribuisce ugualmente a far nascere in lui la passione
per la narrativa di genere. Il suo primo racconto pubblicato,
Beyond Lies the Wub, appare sul numero di luglio del 1952 di Planet
Stories. A dire il vero, Dick era riuscito già in precedenza a
vendere un altro racconto a The Magazine of Fantasy and Science-Fiction,
Little Movement, ma questo verrà pubblicato solo nel novembre
del 1952. La sua produzione breve iniziale è indirizzata un po'
a tutti i mercati disponibili per il genere, tanto che Anthony
Boucher, scrittore e critico di quegli anni, lo considera una
specie di abile "trasformista" e gli riconosce «una fertile intelligenza
speculativa». Con i romanzi, invece, Dick emerge subito come uno
degli scrittori più originali della New Wave: nel 1955 pubblica
Solar Lottery, rappresentazione di un mondo futuro in cui i quiz
radiotelevisivi si sono evoluti in un gioco che condiziona l'intera
società, ed il cui premio è il Potere, e nel 1956 The World Jones
Made, descrizione di un Governo totalitario reso possibile dai
poteri precognitivi del protagonista (il Jones del titolo), che
gli permettono di leggere gli avvenimenti futuri quasi nella loro
totalità. L'anno dopo Eye in the Sky introduce un elemento fondamentale
della sua narrativa: la realtà soggettiva e lo scardinamento di
quello che appare il mondo dell'oggettività. Nel 1959 scrive Time
Out of Joint, un altro romanzo sull'inganno del Reale, dove, in
un mondo devastato dalla Seconda Guerra Mondiale, un uomo viene
lasciato vivere in apparente pace e tranquillità solo perché la
sua capacità di risolvere quiz e problemi enigmistici serve ai
militari, che ne sfruttano le facoltà precognitive. Abbandonata,
forse troppo frettolosamente, la prima moglie, Dick si risposa
con Kleo Apistolides, una donna divorziata e con tre figlie. La
sua seconda moglie, pur essendo una donna piuttosto intelligente,
è comunque abituata ad un certo tenore di vita, che Dick non può
garantirle con la sua professione di scrittore - all'epoca la
fantascienza era infatti ben poco pagata. Così per un certo periodo
l'autore abbandona l'attività letteraria nel tentativo di intraprendere
lavori più remunerativi, ma questa decisione gli crea solo scompensi
mentali: il suo umore peggiora e la sua mente scivola pian piano
in uno stato di rancore verso la moglie (in realtà incolpevole)
che lo aveva spinto ad abbandonare la sua passione per la narrativa.
Presto il rapporto si deteriora, i due si lasciano e Dick puntualmente
si risposa. Ma Dick non voleva scrivere soltanto per quella piccola
subcultura che è la fantascienza: una delle sue grandi, mai sopite
ambizioni era infatti il voler essere considerato uno scrittore
completo. Perciò, nel corso degli anni Cinquanta, accosta alla
sua prodigiosa produzione fantascientifica, una altrettanto valida
produzione non di genere: Mary and the Giant (1954), Pilgrim on
the Hill (1956), Puttering About in a Small Land (1957), In Milton
Lumky Territory (1958), Confessions of a Crap Artist (1959), Humpty
Dumpty in Oakland (1960), The Man whose Teeth were All Exactly
Alike (1960). In tutto Dick scrive 11 romanzi mainstream, ma nessuno
di essi viene accettato per la pubblicazione: alcuni saranno pubblicati
solo negli anni Ottanta o postumi, più di uno andrà perduto. Così,
a malincuore, Dick si arrende e diviene consapevole dei suoi limiti:
sarebbe rimasto nel ghetto della fantascienza. Nel 1961 scopre
l'I Ching, il Libro dei Mutamenti cinese, che gli è d'ispirazione
e di aiuto determinante per la scrittura del suo massimo capolavoro,
The Man in the High Castle, vincitore, nel 1963, di un Hugo Award.
Dick descrive in esso una realtà alternativa, in cui le forze
dell'Asse hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, ed in cui Tedeschi
e Giapponesi si sono spartiti l'America. Concordentemente ritenuto
uno degli esempi più classici e significativi di Ucronia, The
Man in the High Castle rappresenta anche un condensato dei vari
temi che l'autore svilupperà ulteriormente nelle sue opere successive:
il problema del caso e della probabilità, la qualità essenzialmente
mentale delle nostre esperienze, l'esistenza di controlli occulti
e malvagi che determinano le vicende e il destino dell'Uomo, l'indistinguibilità
tra sogno e Storia, e tra illusione e Realtà. Il libro fa emergere
Dick anche al di fuori dell'ambiente fantascientifico ed il suo
ego ne esce pertanto notevolmente rafforzato. E di ciò ne trarrà
notevole vantaggio la sua produttività, che negli anni immediatamente
seguenti assume un ritmo impressionante: tra il 1963 e il 1966
Dick scrive infatti ben 10 romanzi, tra i quali alcune delle sue
opere migliori: Martian Time-Slip, The Penultimate Truth, The
Simulacra (1964), The Three Stigmata of Palmer Eldritch (1964),
Dr. Bloodmoney, or How we Got Along After the Bomb (quest'ultimo
nato sull'onda del successo del film di Stanley Kubrick Dr. Strangelove).
Nel 1964 divorzia dalla terza moglie, Anne Rubenstein, nei confronti
della quale aveva iniziato a maturare una fobia paranoica, essendosi
convinto che la donna aveva ucciso il precedente marito ed è
sul punto di fare lo stesso con lui. Si trasferisce così a San
Francisco ed inizia a fare uso di droghe, sviluppando una dipendenza
dalle anfetamine che lo stimolano nella scrittura dei suoi romanzi.
Nel 1968 e nel 1969 produce altri due importanti capolavori: Do
Androids Dream of Electric Sheep?, il cui problema centrale è
l'angosciosa impossibilità di definire cosa sia la vera umanità,
e da cui Ridley Scott trarrà, nel 1982, il film cult Blade Runner,
ed Ubik, in cui l'autore affronta i paradossi dell'esistenza e
della vita dopo la morte, e da cui, nel 1974, ricaverà una sceneggiatura
- commissionatagli dal regista francese Jean-Pierre Gorin - per
un film che non verrà mai girato. Ubik è una delle opere più sconcertanti
e riuscite di Dick: per il suo dirompente surrealismo («io sono
vivo, voi siete morti» scrisse l'autore nel romanzo), e per l'ironia
con cui analizza la società e la natura umana, l'autore verrà
nominato membro onorario del College du Pataphysique. Oggi si
parla spesso di "realtà virtuale", di "fusione poliencefalica",
di "giochi di simulazione": senza usare questi termini Dick ne
trattò i problemi essenziali sin dai suoi primi scritti, ma soprattutto
nel suo discusso e cupo A Maze of Death del 1970, che scrive dopo
aver vissuto personalmente un'esperienza con LSD. Ma un periodo
di riduzione dell'attività letteraria e di profonde inquietudini
segna gli anni successivi: la quarta moglie, Nancy Hackett, lo
abbandona assieme alla figlia, Dick non riesce a scrivere nulla
fino al 1972, e la paranoia diviene un elemento centrale della
sua vita. In quegli anni interrompe anche il rapporto d'amicizia
che aveva instaurato con K.W. Jeter, altro scrittore di fantascienza,
sospettandolo un agente governativo sotto mentite spoglie, inviato
a controllarlo. L'arrivo di un'altra donna, Kathy DeMuelle, arresta
la caduta anche se non fa iniziare la risalita. Nel 1974 scrive
Flow my Tears, the Policeman Said, nel quale un uomo scopre all'improvviso
di non esistere, a cui seguono, nel 1976 Deus Irae, esempio, in
verità non del tutto soddisfacente, di fantateologia, scritto
in collaborazione con Roger Zelazny, e nel 1977 A Scanner Darkly,
importante presa di posizione contro gli allucinogeni. Dick, dopo
il ricovero in una comunità di recupero, era riuscito finalmente
a liberarsi dall'ossessione della droga, ed anzi aveva iniziato
a dedicarsi attivamente a combatterne la diffusione.
Ateo convinto, nel 1974 Dick ha però un'esperienza che segnerà
profondamente la sua ultima produzione narrativa: tra il febbraio
ed il marzo di quell'anno Dick si sente infatti invaso da una
serie di sogni, visioni e voci. Questi fenomeni - a cui l'autore
attribuisce valori mistici - ispirano gli ultimi suoi tre romanzi,
VALIS, The Divine Invasion e The Transmigration of Timothy Archer
- collettivamente indicati come la Trilogia di VALIS - profondamente
saturi di una spiritualità di tipo "gnostico", in cui l'autore
intraprende la sua personale ricerca del Divino. Alcuni hanno
detto che le tematiche affrontate nella Trilogia di VALIS indicano
quanto l'autore fosse ormai vicino alla follia. E' più probabile
invece che esse siano il frutto di una mente che si è rimessa
in sesto, dopo essere giunta sull'orlo del baratro. Certo VALIS,
The Divine Invasion e The Transmigration of Timothy Archer sono
pieni zeppi di bizzarre speculazioni circa la vera natura della
Realtà e del Divino, in cui fantascienza e realismo si mescolano
per formare una sola, potente visione. Sua ultima opera è An Exegesis,
colossale diario di autoanalisi, in cui Dick cerca per otto anni,
fino alla morte, di spiegarsi quanto gli è accaduto negli anni
precedenti. Trascorse gli ultimi anni della sua vita come uno
sbandato, girovagando da una città all'altra.
Philip Dick è stato al centro, dopo la morte, di un clamoroso
caso di rivalutazione letteraria. Sottovalutato in vita, è emerso
nella critica e nella considerazione generale come uno dei talenti
più originali e visionari della letteratura americana contemporanea,
tanto da essere paragonato a Franz Kafka, F. M. Dostoevskij e
J.L. Borges. La sua figura è divenuta un simbolo per lettori giovani
e meno giovani, affascinati dalle numerose sfaccettature di un'opera
che si presta sia ad una lettura immediata che a più serie riflessioni,
e parecchie delle sue opere sono ormai considerate degli autentici
classici. Cultura della droga, realtà apparenti e soggettive,
difficoltà di definire il Divino ed il Reale e, all'interno del
Reale, l'Umano (che sfuma continuamente nei suoi simulacri artificiali),
controllo occulto sugli individui: queste le tematiche della sua
sregolata, ma geniale produzione narrativa, permeata di tragico
pessimismo che l'autora si portò appresso per tutta la vita. La
riscoperta di Dick è passata per il giudizio di intellettuali
e scrittori molto diversi: «Dick ha colto ed amplificato la tensione
a fior di pelle del lato peggiore della nostra società e l'ha
messa sulla carta in modo che possiate vederla, sentirla, annusarla»
disse di lui Damon Knight su In Search of Wonder (1967), mentre
Stefano Benni lo considerò «uno scrittore che entrò nel futuro
americano dal buco temporale degli anni Sessanta e ne descrisse
tutta la violenza, dando alcune geniali istruzioni di fuga». Per
lo scrittore Stanislaw Lem, Dick era invece «un visionario tra
i ciarlatani, un profeta tra i farisei, un indagatore di verità
nascoste sotto il manto del Reale» e gli riconobbe l'importante
merito d'aver «saputo piegare i cliché tradizionali della fantascienza
[...] in inconsuete immagini di un'arte personale, [...] in una
sorta di poetica demistificazione». I romanzi di Dick sono stati
messi in scena al Centre Pompidou di Parigi sotto forma di opera
musicale, o adattati per il testro a Boston e a New York. Il cinema
è stato poi fondamentale per consacrarlo definitivamente fra i
più grandi e amati scrittori di fantascienza di sempre: Total
Recall (tratto dal suo racconto We Can Remember it for you Wholesale
del 1966), Screamers (tratto dal suo racconto Second Variety del
1953), il recente Minority Report (tratto dal suo omonimo racconto
del 1956), Confessions d'un Barjo (tratto dal suo romanzo mainstream
Confessions of a Crap Artist), e soprattutto Blade Runner, hanno
segnato l'immaginario visivo di fine Novecento.
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